UNA DOMENICA DAVVERO BESTIALE CIAO BEATRICE, IL REGGAE SIA CON TE

Una domenica bestiale. Purtroppo mi tocca cominciare dal dolore. Il dolore per la fine improvvisa di una ragazza di venti anni. Con Beatrice Manes non ci siamo mai presentati, stretti la mano, guardati negli occhi. Ma eravamo diventati amici su facebook per via di tanti interessi comuni. La musica reggae prima di tutto. Proprio una settimana fa mi avveva augurato la buonanotte con un pezzo di Buju Bantom. Giocava a rugby, Beatrice, e aveva un sacco di foto in compagnia del suo gruppo di amiche, ascoltava la musica, aveva idee chiare su questo mondo e su quello che non le piaceva. Spesso aprivo la sua pagina perché regalava allegria e mi faceva piacere ssoprire che anche a venti anni si possono avere le idee chiare. C’era sempre quella sua faccia bella allegra, un sorriso dopo l’altro, lì nel suo profilo di face. Ho letto lunedì mattina che Beatrice se n’era andata per colpa di un incidente. Magari sembra strano piangere, anche fisicamente in mezzo a un treno che ti guarda stupito e rammaricato per il dolore così vistoso anche se di uno sconosciuto, sembra strano dicevo piangere una persona che non hai mai conosciuto davvero. Penso invece che Beatrice mi mancherà e mancherà soprattutto a tutti quelli che hanno avuto la fortuna di poter restare a guardare tutta la sua giovane felicità. Ciao Bea. Un bacione e che suoni per te la nostra musica reggae. Vorrei mandarti il mio i pod e farti ascoltare Alborosie. Non compreò quelle canzoni che mi avevi promesso perché mi prende male. Le ascolterò, però, e ti penserò ogni volta. Immaginando quel tuo sorriso così contagioso.  
In questo stato d’animo orrendo c’è da affrontare l’argomento tradizionale di questa rubrica. La Spal. Lo faccio con pochissima voglia e non solo per la tragedia di cui sopra. Colpa di una partita orrenda contro un avversario triste come la puzza. Confusione, presunzione, formazione sbagliata, errori… c’è stato di tutto nel pareggio casalingo con il Potenza. E c’è la cosa che mi preoccupa di più specialmente perché resto convinto che la Spal, questa Spal, abbia gli uomini giusti per far bene in un campionato talmente livellato che la classifica di oggi, nonostante i biancazzurri fin qui abbiano fatto pochissimo, nemmeno è allarmante. Mi preoccupa proprio la confusione e le idee poco chiare dopo tre mesi di lavoro. Credo di essere tra i leader, almeno per insistenza, del partito pro Dolcetti. Nonostante questo ho detto all’allenatore le mie paure, l’ho incoraggiato e lo rifaccio qui, volentieri, e credo ora spetti proprio a lui sistemare i rebus che ci sono. Ne avrà la forza, il tempo, l’impegno, l’umiltà per farlo. Dipende solo da lui in questo momento, forse il più difficile da quando è a Ferrara. In bocca al lupo di cuore.
Il resto è il solito. Non è la prima volta e, purtroppo, non sarà neanche l’ultima. Meglio parlarne un giorno sì e l’altro pure e scriverne un martedì dopo l’altro. La tessera del tifoso fa danni ancora prima di essere ufficializzata perché non esiste un gruppo di supporter che abbia digerito quella che ha tutta l’aria di essere una schedatura di massa peraltro inutile a evitare disordini. Il nostro giornale e, in particolare questa rubrica, hanno già detto che cosa pensano della trovata del ministro Maroni. Possiamo dunque evitare la tiritera sacrosanta anti tessera anche perché questa settimana, almeno personalmente, credo che le domande siano altre. Che cosa fare è la prima. La maggior parte dei tifosi spallini e non solo ha risposto decidendo di entrare allo stadio nel secondo tempo per manifestare, in corteo, contro l’ormai famigerata tessera. Premesso che rispetto qualsiasi civile protesta quindi anche questa che condivido, vorrei scrivere forte e chiaro che invece non condivido la risposta del popolo biancazzurro. Per un motivo banale banale. Questo. A chi vuole imporre la tessera del tifoso frega zero meno meno se gli ultrà della Spal o della Roma o dell’Abbiategrasso non entrano allo stadio, o entrano solo dopo un tempo, o entrano, escono e poi non cantano. Interessa nulla, a lor signori, che hanno rovinato il calcio ma scemi non sono e non fanno le cose per caso. C’è un disegno preciso dietro. Che parte in buonafede dall’idea giusta di togliere dagli stadi migliaia di agenti e finisce, in malafede, dalla volontà di svuotare gli stadi e incrementare gli abbonamenti televisivi.
Se la protesta di domenica scorsa dei tifosi di tutta Italia non sfocia in un altro e diverso modo di contrapporsi alla decisione di Maroni ci sarà un’unica vittima. Il calcio, in generale, e poi la propria squadra del cuore. Restare a non guardare rischia di essere una decisione masochista che penalizza unicamente la propria passione. Diverso sarebbe se una domenica, mentre si giocano tutti i campionati, gli ultrà di tutta Italia si trovassero davanti all’ufficio di Maroni a cantare con tutta la voce che hanno, contro una tessera che, soltanto per dirne una, consentirebbe l’accesso agli stessi definiti pericolosi anche se non nel settore ospiti. Allucinante. Diverso sarebbe anche – e scrivo le prime due cose a casaccio che mi vengono – se tutti gli ultrà italiani raccogliessero le firme assicurando che mai più andranno a votare in caso di ufficializzazione della tessera. Diverso, insomma, sarebbe pensare a una protesta reale che colpisca, civilmente s’intende, quelli che considerano la schedatura di massa una necessità improrogabile. Voglio dire che anche domenica, senza tifo per metà partita, lo stadio è diventato più brutto di quello che è ormai da anni. Ma più brutto per chi allo stadio ci va, non per chi cerca di scoraggiare chiunque ad andarci. Per quest’ultima categoria è cambiato nulla da domenica a oggi. Ecco perché insistevo, insisto e insisterò ancora, nel mio piccolo, per combatterla in tutt’altro modo una battaglia importante e condivisibile. Per chi fa del tifo una propria ragione di vita o anche soltanto uno svago fondamentale penalizzare soltanto la propria passione e i propri beniamini è un controsenso. Un po’ come quello che si tagliava i marroni per fare un dispetto alla moglie.

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