LA LETTERA. LA MIA SPAL VISTA DA BOLOGNA…

di Alessandro Evangelisti

Da fuori si dice che le cose si vedano meglio, con più lucidità, si giudica senza condizionamenti, più obiettivamente… Sarà, io da fuori ho amaramente constatato, all’indomani della fine di quest’avventura, che le letterine stampigliate di fianco all’abbonamento (playoff) rimarranno inutilizzate; sia chiaro, io ci ho creduto, sempre e continuerò a farlo…. ma lo spirito è quello che è. Anche quest’anno come da svariati anni a questa parte, da tifoso “in trasferta”, il mio migliaio di chilometri me li sono fatti, il tragitto Arcoveggio Ferrara Sud sull’A13 era (e sarà) rigorosamente un rito a cui la domenica non si può rinunciare. Vivo in una città, Bologna, che in quanto a vicissitudini calcistiche ed extracalcistiche è da un po’ che non se la passa un granchè, ma almeno il profumo di serie A, quando va bene, e B quando va male, si respira… Ma da fuori, appunto, si vive in un altro modo, senza respirare l’aria della città, senza il termometro delle sensazioni che accompagnano le settimane prepartita, senza la stampa che ti racconta ogni giorno che succede, senza nessuno per strada con cui dirsi “ci vediamo domenica alla Spal”. Da fuori ti accontenti, di internet (per fortuna), di Telestense (se la ricevi) e della terzultima pagina di Stadio, se vai bene, sennò nemmeno quello. Io e un manipolo di tifosi in esilio ci sentiamo ancora più lontani e soprattutto ci siamo rotti di sentirci chiedere “dove gioca adesso la Spal?” ma non ci arrendiamo, questo mai, la Spal è la Spal sempre e comunque. Non mi sono mai piaciuti i processi, li lascio a chi sa analizzare (o presume di saperlo) l’imponderabile gioco del football, cosa si possa poi analizzare in qualcosa di cui non c’è la controprova non riuscirò mai a capirlo, finiamo questo ennesimo anno disgraziato e in parte anche autolesionistico e tiriamo avanti, ma un’idea me la sono fatta del perché le cose siano andate così. Se rifletto bene i programmi erano triennali, considerato che il primo anno fai la C1 con una squadra di C2 e passi, il secondo obiettivamente di più non si poteva fare (la squadra aveva evidenti limiti), quest’anno doveva esserci la consacrazione, il salto definitivo nella categoria che ci compete quindi si è deciso di puntare su gente già affermata con qualche vecchio a colmare il gap dell’inesperienza (intanto mi domando se quelli del Gubbio siano così esperti… boh!). Però… c’è un però. Le grandi imprese, anche non sportive, partono sempre da una grande e forte struttura societaria, definizione precisa dei ruoli, competenza, grande lucidità nelle scelte e un pizzico di fortuna, che per inciso, difficile che ti accompagni se non te la cerchi. Mi resta ancora da capire se questo programma triennale sia servito (o dovesse servire) per far crescere una squadra o una società, perché delle due l’una, o non si avevano idee chiare da sempre o, di fatto, non si è raggiunto nessuno dei due obiettivi.
Per quanto riguarda la squadra l’iniziale progetto giovani a conti fatti ha prodotto poco o nulla, ma non per assenza di interpreti ma perché presi dalla foga (e dalla paura dico io) di non centrare l’obiettivo, lo stesso si è interrotto bruscamente, stop ai giovani (Laurenti, Marongiu, Meloni, Fabbro, Pallara con l’aggiunta di Cosner infortunato, Rossi bistrattato e Corsi decisamente mal utilizzato) e cambio di rotta su giocatori di esperienza, di valore aggiunto, di altra categoria che, a conti fatti, hanno portato nulla o poco più: in sintesi in tre anni, un colpo, Arma… Le considerazioni tecniche complessive le hanno già fatte (e le faranno) altri, non mi aggiungo…
La società con tutto il suo impegno e tutta la sua dedizione va elogiata e ringraziata per ciò che ha fatto e farà ma, ahimè, è ancora lontana dall’essere una società forte che sta alla base di ogni successo. Poca lungimiranza nella scelta di alcuni giocatori (demotivati, infortunati, logori), insufficiente gestione di alcune fasi del campionato (vedi soste), fino al collasso nel dopo Monza (dopo gli scricchiolii di Ravenna) dove si è fatto tutto ciò che non si dovrebbe fare quando le cose diventano inevitabilmente difficili. Allenatori in cui si credeva fermamente ma rapidamente cambiati in corso d’opera ma non mi pare che uno abbia fatto vedere cose strabilianti a dispetto dell’altro, quindi viene da domandarsi quale continuità e impostazione può dare in così poco tempo un allenatore che deve plasmare una squadra.
Oggi tutti a maledire gli infortuni a catena, sacrosanta verità, ma se la società avesse operato con lungimiranza, ovvero tenuto in rosa i giovani su cui ha puntato come ricambio, forse ci risparmiavamo qualche pena; si dirà (parola della società) che sono stati mandati a fare esperienza altrove. Altrove? Ma se non fai esperienza in C1 o Prima Divisione da noi e vai in categoria inferiore in squadre di seconda scelta, ma quando si capiranno mai le loro reali potenzialità?
E’ encomiabile l’investimento nelle giovanili spalline, credo sia l’unica via per salvarsi, ma poi li vorrei veder giocare questi ragazzi nella mia Spal, non solo scorrere le foto sui siti specializzati. Noi siamo dei tifosi strani, per certi versi unici, la gente non si arrabbia perché ha perso una partita o un campionato, ma perché non si vede più giocare a calcio da una vita! Ecco, è questo che tiene lontano la gente dallo stadio, altro che crisi, tessera del tifoso, televisioni che pure hanno fatto la loro consistente parte.
Spero che a mente fredda si resetti tutto e si riparta da capo facendo tesoro degli errori (e di alcuni orrori) che hanno accompagnato questo e parte di altri campionati. Non servono valanghe di soldi per costruire qualcosa di importante, ma serve saperli spendere bene, quei pochi che, grazie a dio, il Presidente mette di tasca sua; non importa il tempo, vogliamo tornare nel posto che ci compete e anche da fuori mostrare quell’orgoglio biancazzurro che nessuna distanza attenua, dove da questa città dove vivo maledettamente ostile (in senso calcistico s’intende) sia ancora un vanto “andare alla Spal”. Ah, dimenticavo, piccola riflessione: si sono susseguite voci sulla presunta “vita mondana” dei calciatori, uno dei mali che non ha permesso il grande salto, ma mi pare di ricordare che gli undici di Galeone fossero in discoteca almeno quattro giorni su sei (e alcune volte pure accompagnati dal mister) e quelli di Gibì Fabbri hanno finito l’altro giorno di digerire le cene a cui il buon vecchio li sottoponeva a casa sua (si dice servissero per cementare il gruppo). A memoria due periodi di pregevole calcio che stiamo ancora aspettando… A questo punto mi viene il dubbio che i giocatori del Gubbio (complimenti!) siano stati ospiti per tutto il campionato di uno dei conventi nelle vicinanze di Assisi…

Attualmente LoSpallino.com raggiunge un pubblico che non è mai stato così vasto e di questo andiamo orgogliosi. Ma sfortunatamente la crescita del pubblico non va di pari passo con la raccolta pubblicitaria online. Questo ha inevitabilmente ripercussioni sulle piccole testate indipendenti come la nostra e non passa giorno senza la notizia della chiusura di realtà che operano nello stesso settore. Noi però siamo determinati a rimanere online e continuare a fornire un servizio apprezzato da tifosi e addetti ai lavori.

Convinti di potercela fare sempre e comunque con le nostre forze, non abbiamo mai chiesto un supporto alla nostra comunità di lettori, nè preso in considerazione di affidarci al modello delle sottoscrizioni o del paywall. Se per te l'informazione de LoSpallino.com ha un valore, ti chiediamo di prendere in considerazione un contributo (totalmente libero) per mantenere vitale la nostra testata e permetterle di crescere ulteriormente in termini di quantità e qualità della sua offerta editoriale.

0