LA MISSIONE (POSSIBILE) DEL NOSTRO SITO, LE INDISPENSABILI PICCOLE COSE E UN POST SCRIPTUM

L’éra paleolitica è finita, da un pezzo. C’era una volta la Spal che arrivava quinta in serie A, c’era uno stadio magnifico e stracolmo di facce che a rivederli oggi, quegli scatti, verrebbe davvero voglia di darsi al curling. E poi c’era il bianco e azzurro ovunque, un capitano come Mongardi, giocatori come Pezzato, l’ovetto… fino ad arrivare agli anni di Gibì Fabbri, di Giorgio Zamuner e all’ultima, lontanissima serie B. C’erano tante ma tante altre cose che ora sono ricordi belli, struggenti, indelebili. Ricordi, però.
L’éra già arcaica, invece, è terminata un brutto pomeriggio dell’ultimo mese di maggio quando il campionato dei sogni è diventato quello degli incubi. Punto. Finito. Archiviato. Passato. Le cose in bianco e azzurro belle (poche) e quelle brutte (tante). Si dirà e si dice: ma era bellissimo, era tutta un’altra cosa e un’altra Spal, allora. Sì. E’ vero. Ma “era”, appunto. Ed era anche un altro calcio, un altro mondo, altri sogni, altre speranze. Ma, anche qui, è tutto passato. Per restare al tema giustificato dagli argomenti di questo sito e di questa rubrica, la lunga premessa di cui sopra non è una mera, nostalgica digressione e chiusa lì. No. E’ un annuncio ai naviganti e agli spallini che ci leggono. Con tutto il rispetto, l’onore, il senso di appartenenza, la passione, anche il batticuore che viene a ripensare e riguardare indietro, da oggi più che mai guarderemo avanti. Tutti i giorni. In ogni rubrica. Continueremo a incontrare le persone e a rispolverare gli eventi che hanno fatto sì che la “nostra” parola magica Spal diventasse… la Spal, certo, ma senza farci avvilire e intristire da quello che è stato e non è più. Senza usare sempre e soltanto il passato come metro di paragone. Perché non serve e ha pure poco senso.
Nel punto senz’altro più basso dell’italico pallone, quelli che hanno dentro, ma anche fuori, la Spal hanno anche una certezza non scontata di questi tempi. Esistono. In terza serie ma la categoria, a prescindere da chi va in campo o gestisce la società, è figlia anche delle risorse economiche, della condizione, del tessuto sociale e imprenditoriale, delle potenzialità che Ferrara ha certamente ma, purtroppo, solamente molto dopo una quarantina di città italiane, almeno. Terza serie automatica o quasi, appunto. Va così, oggi, ma dovrà andare diversamente domani. Per riuscirci, oltre ovviamente a una buona squadra che comunque, da sola, non basterebbe, servono tante cose. L’intervista che abbiamo pubblicato in questi giorni al numero uno della Società Polisportiva Ars et Labor, Cesare Butelli, ha toccato alcune di queste cose. Gestioni virtuose, programmazione, risorse economiche prima di tutto. La lezione di questi anni, possono starne certi tutti gli spallini dell’universo, più scettici compresi, è servita. Quello che si sta (ri)mettendo in piedi e che entro la fine dell’anno sarà già a buon punto va in questa direzione. A parte il fotovoltaico (a parte una ceppa, poi, visto che si tratta di una roba spaziale e di livello minimo minimo europeo), la politica dei giovani che fa storcere qualche naso è invece sacrosanta e non è che se la siano inventata Butelli o Pozzi. Un certo Paolo Mazza faceva lo stesso, e molto prima, e di lì, ogni anno, costruiva la Spal più bella di sempre vendendo bene e ricomprando meglio. Il resto sono piccole ma indispensabili cose alle quali la società sta già lavorando. Bisogna riportare la gente allo stadio: cosa detta e ridetta, scritta e riscritta nonostante il calo degli spettatori sia generale e frutto di tremila errori. Esattamente come il resto. Barriere, tessere, televisioni e si potrebbe continuare a lungo. Scriveva bene Paolo Negri, qualche giorno fa nella sua nuova rubrica sul nostro sito: vedere quegli stadi inglesi pieni, con la gente a bordo campo, con squadre di nome imbottite di ragazzini è un colpo al cuore. Che l’Italia, non la Spal, si sogna e sarà così ancora per un pezzo. Ma qualcosa si può e si deve fare, per guardare soltanto in casa “nostra”. Iniziative, idee, progetti per riaccendere la passione biancazzurra, per tifare soltanto Spal se si abita a Ferrara, per abbonarsi sempre e comunque, per trovare nelle cartolerie gli astucci con l’ovetto e non con un diavolo o una zebra, per avere voglia di andare allo stadio rigorosamente vestiti di bianco e di azzurro, per rimettere fuori la bandiera di domenica.
Guardiamo solo avanti, scrivevamo, ma lo facciamo e lo faremo pungolando, spingendo, anche consigliando. La presentazione delle maglie nuove indossate dal pubblico – questione che abbiamo sollevato qualche tempo fa – non è morta, non è una rivoluzione clamorosa e non è determinante ma è una cosa. Una piccola cosa che sommata ad altre cento diventerà sì un’importante, gigantesca inversione di tendenza. Su questo non cambieremo mai idea. E quando arriveranno le nuove maglie ci aspettiamo una presentazione modello Genoa, per intenderci. Così come ci aspettiamo il ritorno a casa dell’ovetto (che Butelli non si è perso per strada, sia ben chiaro, ma è invece stato scippato alla Spal e diversi anni fa), del materiale spallino vero da reperire in città, il proseguimento della politica adottata quest’anno sugli abbonamenti e molto altro. Il futuro passa esclusivamente da qui. Dalle piccole cose indispensabili per una grande passione. Il resto, sembrerà un paradosso, è fuffa. Soprattutto per questo, la stagione appena cominciata si caratterizzerà, almeno su “Lo Spallino.com”, per la nascita di nuove rubriche utili a questo scopo. Pareri, consigli, anche “campagne” se ce ne sarà bisogno. Tutto rivolto al futuro, però. La nostalgia è canaglia e, l’abbiamo visto, fa un male terribile. Vivere e cullarsi sugli allori del tempo che fu è nefasto, triste e anche un po’ da sfigati. Davanti deve per forza esserci, prima o poi, una nuova alba (bianca)azzurra. Vorremmo che fosse più prima che poi. Ed esistiamo e lavoriamo e scriviamo per questo. Per provare a limare il tempo che ci separa dal Grande Giorno. Un giorno che è davanti, non certo indietro. Faremo sempre quel che possiamo per la nostra Spal sperando che siano i tanti a imitarci in questo senso. Ognuno per quello che può, anche vigilando, persino consigliando, addirittura criticando. Ma con i piedi per terra. Ferrara nel pallone non deve stare in serie A (non è un refuso la lettera della categoria!) perché Spal è un nome bellissimo o Paolo Mazza era un fenomeno e Gibì Fabbri ce l’avevamo solo noi. Dovrà arrivarci se la società sarà capace di fare un certo lavoro e se la città parteciperà di più e meglio. Anche con le solite piccole cose già elencate che non dipendono solo ed esclusivamente dai soldi. Andiamo in questa direzione, ostinata e contraria (almeno adesso, perché tra un po’ sul carro saliranno in tanti, vedrete…).
Poi c’è la squadra. Nuova, giovanissima, meno ambiziosa, da scoprire, da valutare. Ma simpatica. Già adesso. Non è possibile che una truppa di ragazzi così sbarbati guidati da un allenatore debuttante, ma già vincente, non ispiri questo sentimento. Che andrà alimentato da impegno e dedizione, certo, e magari anche da un torneo non sul baratro della classifica ma deve avere questa popolare, anche affettuosa e fiduciosa base di (ri)partenza come è avvenuto domenica, nel primo giorno di vita.
A proposito: il debutto. La Giovine Spal ha corso, sudato, giocato, divertito e anche meritato. Un colpo di mano e qualche errore di troppo davanti hanno impedito di festeggiare come si doveva. Ma i ragazzi di Vecchi hanno, in un colpo solo, cancellato i più recenti, sofferti e alla fine fallimentari ricordi. Mica cazzi. Forza Spal!

Ps.: Ho letto con meraviglia assoluta e disgusto massimo anche sulla stampa nazionale definizioni a mio avviso scandalose circa l’episodio che domenica ha penalizzato la Spal, e cioè il fallo di mano netto del signor (?) Perna. Definizioni come “furbata” sono francamente intollerabili. E’ questo modo di scrivere e, prima ancora di pensare, che dà una bella mano all’azzeramento della morale non soltanto nel calcio. Così facendo e scrivendo anche chi non paga le tasse è un furbo, chi non viene arrestato per omicidio perché non ha lasciato tracce è un paraculo e via di questo misero passo. Il bello, si fa per dire, è che secondo gli stessi “giustificatori” chi si comporta bene e paga pure le tasse di conseguenza deve essere un povero pirla. Sbagliato. Il Perna si è comportato male ed è stato anti sportivo nel non ammettere il “reato”. E se non fossimo in Lega Pro, con la prova tivù si sarebbe preso anche, e giustamente, un bel po’ di giornate di squalifica. Il termine “furbata” è semplicemente volgare. Furbata… sto par de cojoni.

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