LA LEZIONE DI TARANTO, I MARGINI DI CRESCITA E LA PAROLA MAGICA: PRESTAZIONE

La canzone è orrenda. E pure poco attuale. Ma ci sta tutta. La cantava un certo Luca Dirisio, tre estati fa o forse più. Era un tormentone che ripeteva soltanto che “ci vuole calma e sangue freddo” per i canonici tre minuti o giù di lì. Il motivetto si adatta bene come colonna sonora dell’ultima domenica spallina e coinvolge altrettanto bene tutte le parti in causa. Da una parte la squadra che a Taranto ha fatto un signor primo tempo ma che è mancata in incisività davanti e in ingenuità in occasione del gol preso, ma il tema è associabile anche a una piccola parte, per fortuna, dei nostri lettori che già al novantesimo della seconda partita (!) di campionato mettevano in campo l’atavica depressione che in questo caso li ha portati a chiedere se non è il caso di tornare sul mercato, se ricomincia la solita sofferenza e via così alla voce “stiamo allegri”.
Colpa nostra, evidentemente. E anche del Presidente Butelli e dei suoi collaboratori. Pensavamo di essere stati chiari fin dal 1 luglio e pensavamo lo fossero stati anche i dirigenti nell’annunciare la nuova stagione. Sbagliato. Listen and repeat. Riassunto (breve) delle puntate precedenti. Uno: l’obiettivo è la salvezza, quest’anno. Punto. Non sarà bello per i chi, anche giustamente, vuole sempre sognare ma così è. Meglio saperlo e considerarlo ogni sacrosanta domenica che la Spal scenderà in terra da qui alla fine del torneo. Due: nonostante Zamboni, Bedin, Melara e anche Arma è una squadra molto giovane, tra le più basse, in quanto a media età, dell’intera categoria. Quindi le ingenuità e le disattenzioni saranno uno scotto da pagare ancora. Poi, però, c’è tutto il resto. Che per quanto mi riguarda, e qui non si tratta di essere inguaribili ottimisti, è quello che dovrebbe interessare di più. Cioè il fatto di avere una squadra da sostenere proprio perché giovane. Una squadra che ha grandissimi margini di miglioramento. Una squadra che prova sempre a giocare a calcio e l’ha fatto pure a casa del Taranto, una delle favorite del girone seppur in formazione non al completo.
Insomma, perdere piace a nessuno e forse è persino peggio tornare a casa a bocca asciutta quando ci hai provato e meritavi qualcosa di più. Ma siamo all’inizio. I biancazzurri in appena due giornate hanno dimostrato di esserci e di poter far divertire il proprio pubblico. Persino a Taranto. Un grande primo tempo, occasioni più degli avversari e un errore che ti sega le gambe e che sarà, conoscendolo, l’argomento della settimana di mister Vecchi. A proposito del tecnico. Con la Spal in dieci per un’espulsione talmente ingiusta da far chiedere scusa all’arbitro a Bedin (primo rosso in carriera!), Vecchi le ha provate tutte. Un attacco a tre, una difesa a tre… questa, signori, si chiama garanzia. La garanzia di un tecnico che vorrebbe vincere sempre e con questa idea entra in campo anche a Taranto dove in tanti gli consigliavano di giocare chiuso, di rinunciare a un attaccante. Minchiate. Che deve aver considerato tali anche il mister visto che a casa di una delle squadre da battere ci è andato bello garibaldino come sempre e rischiando quasi mai.
Ecco perché c’è da stare allegri nonostante la sconfitta. Ci vuole calma, appunto. Calma nel giudicare, calma nel bocciare, calma nel tirare somme assurde dopo appena due domeniche che, peraltro, disegnano una classifica sorprendente con parecchie formazioni date per sicure protagoniste invece in ritardo.
A voler essere inguaribili ottimisti, stavolta sì, penso che questa sconfitta possa invece diventare decisamente salutare per Zamboni e compagni. Questo è un torneo che se fai una cazzata, anche una sola, ti punisce subito. Una categoria dove bisogna buttarla dentro quando se ne ha la possibilità. Tocca sbagliare meno, insomma, stare sempre lì con la testa, non mollare mai. E questa giovane Spal, sul tema, può e deve crescere ancora molto. Ma è una Spal, insisto, che deve, e sottolineo deve, raccogliere consensi, simpatia, fiducia, sostegno come è successo domenica contro il Pisa. Mi sbilancio. Vedrete che quest’anno gli applausi – aldilà dei risultati che non saranno di certo sempre positivi – arriveranno spesso e volentieri pure dai più scettici, persino dai più esigenti, addirittura dai più incontentabili.
Basta avere pazienza, calma e sangue freddo. Ovviamente anche in campo. La lezione di Taranto, in questo senso, vale tantissimo. Questa è la partita perfetta. Perfetta, s’intende, per comprendere l’antifona. Per crescere più velocemente, per imparare la lezione, per capire. Che sarà un campionato sempre, o quasi, così. Poche palle gol e se le toppi arrivederci e grazie. Ma se Ghiringhelli e tutti gli altri, almeno oggi, non peccassero in ingenuità e fossero smaliziati non starebbero qui in terza serie. Morale (comunque buono): nessun dorma ma anche nessun dramma. Lo scrive uno che, nonostante le scaramanzie del caso, era convinto di portarlo a casa il risultato, in quel di Taranto, alla faccia degli sfavori del pronostico e della differenza, evidente, negli organici. Nessun dramma proprio per i motivi di cui sopra. Perché la Spal è una squadra magari acerba e sicuramente non al top ma una squadra. Sembrerà banale ma non lo è. Il rischio è uno solo. Quello di demoralizzarsi per il poco bottino conquistato fin qui. Quattro punti meritati, uno raccolto. Non va bene. Ma non per la classifica quanto per la crescita, per le convinzioni, per la fiducia. Aspetto non irrilevante sul quale metterà sicuramente il mirino Stefano Vecchi. Ecco, è importante che il “contorno” sia adeguato. Che i processi non comincino alla prima partita persa e nemmeno alla seconda quando, e se, la prestazione sarà adeguata. Eccola, la parola magica. Prestazione. Si dice spesso, e talvolta forse senza troppa convinzione, che quello che conta sempre e comunque è l’impegno, la voglia, la lotta, il rispetto della maglia. Mi (ri)sbilancio. Questa giovine Spal onorerà sempre la maglia. Abbiate pazienza. E fiducia. Ci vuole calma e sangue freddo.

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