IL SEGUITO DEL CALCIO A FERRARA E NON SOLO. UN PROBLEMA CULTURALE TRA TELEVISIONI E GENERAZIONI. IL MIRACOLO SANTA CRUZ

Domenica scorsa “alla Spal” c’erano 932 paganti, poco più di 2.100 gli spettatori totali. A Reggio Emilia i paganti erano addirittura meno di 500. Ferrara e Reggio, città di provincia, con il calcio storicamente radicato. Spal club di tradizione, Reggiana con un non lontano passato in serie A. Eppure, ecco il flop. Dei guai altrui poco ci interessa, è pur vero che anche in B certe piazze faticano a raggiungere le (esigue) cifre di pubblico che tocca la Spal in Prima Divisione, ma il parallelo Spal-Reggiana ci sta per evidenziare che il disamore, o il distacco, non è questione solo estense. Perché la gente non va più al “Mazza”? Perché certe platee mancano da tanto tempo (la serie A dal 1968, la serie B dal 1993)? Perché le delusioni si sono susseguite? Perché la squadra gioca male? Perché la società non gode o non gode più della simpatia di Ferrara?
Forse di tutto un po’. Ma, in fondo, credo che siano falsi problemi, basti pensare ad un fatto: non è questione di Butelli o Tomasi, se anche Butelli passasse la mano (sto estremizzando, è un esempio) a Tomasi, come credete che verrebbe riaccolto l’ex-nuovo presidente? Si pensa forse che allo stadio si alzerebbero cori in suo favore? La società quest’anno non ha detto “partiamo per vincere, la squadra è forte”, con conseguente e comprensibile disappunto del pubblico nel constatare che gli obiettivi non possono essere quelli. No, la dirigenza ha sempre affermato che costruiva un gruppo ringiovanito, rinnovato, con obiettivo la salvezza e la valorizzazione di qualche ragazzo. Quindi, non può essere il ko interno con il Lumezzane (tra l’altro prima partita giocata sottotono) la causa del malumore popolare.
Io credo che il distacco nei confronti della Spal sia soprattutto la conseguenza di un fattore culturale. Questo è un mondo (anche nella vita di tutti i giorni, intendo) in cui viene accettato e seguito solo chi vince, al di là dello spessore, dei contenuti, dei valori. Inoltre il calcio è sempre più fagocitato dalle televisioni, che hanno progressivamente ridotto, annullato, cancellato lo spazio e l’interesse per le realtà “minori”. E’ così a Ferrara e altrove, tranne qualche piazza del Sud. La tv divora tutto, nel segno di un progetto che mira ad arrivare al calcio unicamente visto davanti allo schermo ed alla Superlega Europea, con cancellazione dei campionati nazionali, al limite ristretti alle “squadrette” non degne di misurarsi con la sempre più arrogante elite. Il bar sotto casa mia si chiama Biancazzurra e nell’insegna ricorda lo stemma spallino. L’avventore più giovane è sui 65 anni e quindi ha vissuto i fasti della Spal. Eppure, quando li sento parlare, discutono solo di Juve, Milan ed Inter: quelle che vedono in tv. Il sistema televisivo è preponderante anche in Inghilterra e Germania, eppure là gli stadi sono pieni, seguite anche le squadre delle divisioni inferiori, cui i propri tifosi restano fedeli al di là delle vicende sportive. La differenza, tra loro e noi, è appunto culturale: là, un club si ama, lo si ha dentro, si va a vedere il Leeds in terza serie anche se in tv c’è Manchester-Liverpool.
Un altro esempio, relativo ad una squadra che mi è molto cara, il Santa Cruz di Recife, Brasile. Tre retrocessioni consecutive, dalla A alla B, dalla B, alla C, dalla C alla D. Peggio della Spal che nel 68 cadde in B e nel 69 finì in C. Adesso il Santa Cruz sta giocando il suo terzo e consecutivo campionato di serie D. Sapete quanti spettatori ha avuto nell’ultimo turno interno di campionato? Poco meno di 45.000. Un caso? No, passione: è la squadra brasiliana (dalla A alla D) con la maggior media di pubblico: sui 33.000 spettatori a gara. A livello nazionale non vince nulla da una vita, è tutto da dimostrare che quest’anno riesca a risalire in C, ma la gente lo ama. E lo segue, a prescindere da dirigenze, giocatori, allenatori e risultati.
Qui cosa deve succedere perché la Spal torni in auge? Forse servirebbero 20 vittorie di fila. Forse. Inizio ad essere molto scettico. E’ la cultura sportiva che si è persa. E’ l’approccio che è sbagliato. E’ la città che esprime e dà poco e si nutre di invidiucole di basso livello. Io, a parte la Spal (che amo e che amerò sempre, anche se fosse ultima nel campionato Amatori e sconfitta dal Country Club), tifo perché vadano bene tutti, dalla Giacomense alla Copparese, dalla Bondenese all’Argentana, dalla Mobyt alla Vassalli, alla Bonfiglioli, alla Carife Volley ed a chi sto dimenticando. Perché più si crea una spirale positiva che tira verso l’alto tutte le realtà sportive ferraresi, più ne beneficia la città. Ma temo che siano tutte battaglie perse. Fino a prova contraria.

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