NICOLA FINESSI, DA OSCAR MASSEI A GIGI PASETTI: LA VITA IN BIANCO E AZZURRO DELL’ALLENATORE DEGLI ESORDIENTI

Qual è il suo compito alla Spal?
“Io sono l’allenatore degli Esordienti, ragazzini classe 2000”.

Quando è arrivato nella società biancazzurra?
“Il primo periodo alla Spal è stato dal ’90 al ’95. Ho lavorato con Esordienti e Giovanissimi. Non sono stato qui continuativamente da allora, sono andato e venuto, allenando anche in altri settori giovanili, tra cui la Giacomense. Poi sono tornato, e questo è il secondo anno che sono di nuovo qui”.

Com’è stato il suo arrivo alla Spal?
“Mi ha chiamato Pasetti. Poi è arrivato Oscar Massei nel 91 per fare con me la categoria. I bambini erano tanti e così facemmo due squadre, lui seguiva Esordienti A e io Esordienti B. Poi Oscar è passato ad allenare la Primavera, perché all’epoca la Spal era serie B…”.

Cosa può dirci di Oscar Massei?
“Oscar Massei mi ha impressionato per la sua umanità nei rapporti con gli altri. Era straordinario con tutti. Dalla dirigenza ai magazzinieri, è stato sempre una persona splendida ed educata”.

Ci può raccontare un aneddoto su di lui?
“Mi ricordo che mentre lavoravamo insieme qualche volta lo invitai a pranzo da me. Lui non si smentiva mai nemmeno lì, e si presentava vestito elegante, con un mazzo di fiori per la signora di casa, educatissimo. Perfetto. Gli chiedevo, qualche giorno prima, cosa preferisse mangiare, proponendogli un po’ le nostre specialità; cappellacci, cappelletti. Ma lui mi rispondeva sempre che avrebbe gradito del minestrone di verdura. Sempre. E così mia madre ogni volta cucinava il minestrone per Oscar Massei”.

E Luigi Pasetti?
“Beh, Gigi è un personaggio di grande spessore, sia tecnico sia umano. E’ una bella persona. Molto più disponibile e buono di quello che sembra. Lui cerca di fare sempre un po’ il burbero, di essere un po’ orso. Ma è una persona che sa ascoltare e discutere. Pasetti è importante per il settore giovanile. Soprattutto i giovani che vogliono fare gli allenatori possono trovare in lui un buon maestro. Ha la grande capacità di essere sempre presente; viene alle partite, è sempre qui al Centro. Ma senza mai fare pressioni di nessun genere sul tuo operato. Non ti dice mai come si fa o come dovresti fare. Se ti ha chiamato è perché vuole che lo fai alla tua maniera. Però c’è sempre, e per qualunque cosa puoi chiamarlo. Direi che la parola giusta è proprio “maestro”.

C’è un episodio con Pasetti che ricorda con particolare simpatia?
“Mi ricordo quando mi ha chiesto di venire qui alla Spal. Lo avevo conosciuto allenando il Frutteti. Giocavamo contro di loro, e ogni volta ne prendevamo sei o sette. Erano squadre di livello troppo diverso. Venne da me in negozio e mi disse che gli serviva un allenatore che gli desse una mano con gli Esordienti. Io gli risposi che dovevo pensarci. Lui mi disse: “Pensaci, ripasso io”, e ci salutammo. Pensavo che la cosa finisse lì. Dopo qualche giorno si è ripresentato: “Allora, vieni o no?”. Io ero un po’ perplesso. “Alla Spal!”, mi incalzò lui. Io gli risposi che non sapevo, anche perché all’epoca giocavo ancora, e lui insistette: “Mo lascia li di giocare dai… ti diamo anche noi il rimorso spese, sai?”. Insomma, dopo un po’ mi ha convinto. Questo è stato il suo modo di ingaggiarmi. E’ venuto lì e mi ha invitato, informalmente e senza troppi fronzoli. Alla sua maniera. Senza fare troppi complimenti, ma facendomi capire che voleva che ci fossi io a fare quel lavoro”.

Cosa serve per lavorare in un settore giovanile?
“Secondo me serve un po’ di pazienza in più. Ci vuole la voglia di stare con i bambini sapendo che sono dei bambini, e non dei piccoli adulti. Bisogna adeguarsi al loro modo di comunicare e di pensare, che ovviamente è diverso da quello dei grandi. Anche alle loro sciocchezze, a volte”.

Cosa cerca di insegnare ai bambini?
“Che il calcio è prima di tutto un gioco. Io cerco di farli giocare il più possibile senza fargli pressioni, permettendogli di esprimersi al massimo. Lasciarli anche sbagliare, perché no. C’è modo poi di correggersi e lavorare in allenamento. Ma sul campo sono liberi. Credo sia importante non inibirli a questa età. Non contenerli troppo, perché possano esprimere il loro potenziale. In allenamento poi, ovviamente, chiedo attenzione e serietà, perché comunque sono qui per imparare, e perché anche l’atteggiamento è importante”.

E’ difficile coniugare questa libertà nel gioco con il fatto che comunque si è alla Spal, e che per venire e rimanere qui bisogna comunque corrispondere a certi standard di qualità tecnica?
“Beh, quelli che vengono qui sono già stati visti e selezionati. Per loro essere a un livello alto è quasi normale. Comunque noi lavoriamo molto, quindi anche chi è un po’ meno dotato ha la possibilità di crescere ed essere all’altezza. Sia fisicamente sia tecnicamente”.

La sua soddisfazione più grande?
“La soddisfazione più grande è vedere i bambini venire al campo con entusiasmo, e vedere che ti seguono e ti rispettano. E dopo qualche anno quando ti rivedono ti salutano con affetto”.

 

 

 

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