LA SQUADRA CHE PIACE SEMPRE, I PROBLEMI CHE NON SI RISOLVONO MAI E IL SENSO UNICO E OBBLIGATORIO COSTI QUEL CHE COSTI

Dura anche soltanto stabilire le gerarchie, di questi tempi. Le questioni societarie, infatti, tengono sempre banco, purtroppo, e ovviamente preoccupano il popolo spallino più della classifica e delle prestazioni della squadra. Comunque sia la convinzione è che sia assolutamente giusto partire dalla Spal intesa come giocatori vista l’ultima domenica e non solo. Perché si parla, e scrive, dei soldi e dei debiti e delle varie mancanze e diventa quasi normale sottovalutare quello che succede in campo. Ed è un peccato visto che Vecchi e i suoi ragazzi stanno facendo non bene ma benissimo e non soltanto perché anche loro non ricevono lo stipendio da mesi. Lasciando da parte la questione spinosa, ma solamente perché ne scriveremo dopo, anche domenica il pubblico di fede biancazzurra ha avuto motivi validi per applaudire i propri giocatori. Uno vede che in archivio finisce uno zero a zero in un casa e potrebbe pure storrcere il naso ma è consigliabile valutare tutto. E in questo tutto c’è, parere personale, il miglior avversario visto sin qui. Persino più forte della Ternana capolista e del Benevento che rincorre. Una squadra tosta, compatta, piena di classe e solidità, una formazione che per farle gol devi abbattere tre difensori (forse) al livello di Zamboni e per non subire reti devi rimanere lì con la testa per novanta e passa minuti. La Spal ce l’ha fatta. Con una partita di sostanza, certo, ma anche di qualità. Una partita bella, aperta, divertente, che poteva finire in tutti i modi viste le occasioni sbagliate, meglio: parate, da una parte e dall’altra. Il pareggio, alla fine, è senza dubbio il risultato più giusto anche se a Taranto reclamano un rigore (il fallo c’era ma l’attaccante pugliese il pallone l’aveva già perso) e a Ferrara contestano la mancata espulsione di Antonazzo. Dettagli. Perché a contare le occasioni il primo tempo dice Spal, il secondo Taranto e a interventi miracolosi dei portieri anche qui siamo pari. Uno a uno.
Aldilà dell’ultimo pareggio che non sistema la classifica perché la strada è lunga e la Reggiana ha vinto, resta l’ennesima dimostrazione di un gruppo con i “contro coglioni”, capace di reagire alle questioni economiche ma anche alle varie emergenze, vedi squalifiche e infortuni. Un gruppo che mai, anche nelle giornate più negative, ha rinunciato a giocare e a provarci buttando sempre il cuore oltre gli ostacoli (plurale voluto). Un gruppo con elementi di assoluta qualità – da un Capecchi a livelli incredibili al solito Zamboni passando per Agnelli, Melara, Arma e non solo – che se tutto andasse a posto ora-subito-adesso, per la prossima stagione con poche modifiche potrebbe lottare per ben  altri obiettivi. Un gruppo che, proprio come il pubblico, merita e spera che tutto si risolva in fretta e non solamente perché serve quel minimo di mercato indispensabile (e obbligatorio se Mendy starà fuori parecchio) ma soprattutto perché lavorare, o anche soltanto tifare, in questo contesto fatto di quotidianità complicata e spesso imbarazzante è impossibile. Questa, dicono i protagonisti dentro e fuori dal campo, dovrebbe (e sarebbe meglio utilizzare la parola “deve”) essere la settimana decisiva per l’arrivo dei primi soldi che prescindono dal cambio di proprietà del quale abbiamo scritto e del quale confermiamo tutte, ma proprio tutte, le nostre anticipazioni mentre la prossima ancora dovrebbe (condizionale ancora obbligatorio) essere la settimana della sistemazione, in un modo o nell’altro.    
Restando in tema e continuando a scrivere di un argomento da tanto (troppo) tempo attuale, è persino inutile (ri)fare la lista di quelle che abbiamo già definito magagne, dalla mancanza degli stipendi alle bollette non pagate. Per riassumere basta (ri)scrivere che oggi nelle casse della Spal non c’è un euro. Non è una notizia, è vero, lo sanno tutti, è altrettanto vero, ma più passa il tempo e più la situazione diventa ingestibile e aldilà delle singole posizioni o delle possibili giustificazioni resta il fatto che si sia spesso costretti a parlare e a scrivere di questo più che di calcio. E allora che fare? Quello che c’è da fare non serve consigliarlo. E’ evidente. Che poi ci voglia una settimana o un mese purtroppo non dipende da noi, è ovvio, ma forse nemmeno dalla dirigenza spallina. Di sicuro l’emergenza, già nel termine, comprende un periodo limitato di difficoltà. E il periodo della Spal non è più limitato. Molti non sanno, ma adesso lo sapranno, che quelle che vengono definite cordate, quindi un gruppo di imprenditori che si mettono insieme, che finora hanno provato a sondare il terreno per capire se conviene o meno acquistare la società senza passare per l’attuale proprietà fanno venire i brividi. Non facciamo i nomi e i cognomi soltanto per evitare querele che sarebbero persino sacrosante. Ma si tratta di gente che è già stata nel mondo del calcio e vanta curriculum pieni di fallimenti e retrocessioni e pagine di giornali zeppe di titoli imbarazzanti. E’ triste ma è così. Gli unici interessati alla Spal che, invece, hanno carriere limpide, almeno fin qui, sono proprio quelli che hanno contattato il Direttore Generale Pozzi già all’inizio di dicembre e che continuano a trattare con il Diggì anche in queste ore.
Nei giorni scorsi, su questo stesso sito, ho personalmente scritto e in un certo senso annunciato, che l’idea dell’attuale dirigenza fosse quella di tamponare l’emergenza economica per poi passare la mano con modalità e cifre da definire magari a cominciare dalla prossima stagione sportiva, cosa che sembrava, e sembra ancora, più sana per non disperdere quanto di buono sta facendo la squadra. Il problema è che nel frattempo l’emergenza peggiora di giorno in giorno. Ecco perché, per quello che può servire e senza dimenticare che non tutto, anzi forse molto poco in questa singola circostanza, dipende dalla volontà di Butelli & C., è normale sperare che questo passaggio di consegne avvenga invece in corso e presto. Nessuno più di chi scrive – è cosa fin troppo nota e pure (giustamente) criticata – ha concesso e concede alla proprietà biancazzurra tutte le giustificazioni del caso (quelle vere, s’intende: crisi economica, crisi delle banche eccetera e quindi mancanza di liquidi, non certo le bucce di banana tipo le varie bollette pagate con ritardi ingiustificabili o la comunicazione mai tempestiva) ma adesso la situazione è diventata davvero ingestibile e lo si legge e vede nelle dichiarazioni e nelle facce di chi, tutti i giorni, dai dirigenti stessi fino ai segretari, ai tecnici e così via, continua a crederci e a stare lì a lavorare per salvare la Spal.
Il passaggio di consegne con l’unico gruppo di imprenditori seriamente interessati oggi esistente – e se ne verranno altri tanto meglio – è ora una priorità. Perché ormai qualsiasi notizia, anche se vera, non è più considerata credibile e le fazioni, antiche e nuove, fanno a gara per affossare la baracca oppure per salvarla. E così, questo chiacchiericcio o queste stesse notizie, fanno solo confusione e di sicuro non servono alla Spal intesa come Società Polisportiva Ars et Labor. Poi sarà la storia, come sempre succede, a decidere chi si è comportato correttamente oppure no, chi aveva interessi e chi, invece, pensava soltanto alla sua storica squadra di calcio. Ma anche questi discorsi, oggi, sono superati dall’attualità. Un’attualità più che convincente se riferita al terreno di gioco, un’attualità invece preoccupante se rapportata alle scrivanie e ai portafogli. All’inizio di questi prossimi dieci giorni decisivi nel bene (speriamo) o nel male – qualunque tifoso biancazzurro deve per forza sperare che sti benedetti soldi arrivino e che servano, tra le altre cose, dopo aver pagato tutti i lavoratori, non solo i giocatori, a impedire una fuga generale entro la chiusura del calciomercato. Perché se è vero, come è vero, che la salvezza del club, è più importante di quella della categoria, senza entrata di liquidi e senza possibilità (almeno) di mantenere l’organico attuale il baratro sarà inevitabile. E se non ci saranno altre soluzione si dovrà andare dal Sindaco e, di fatto, regalargli la società con la garanzia fotovoltaico attaccata. Sarebbe la rovina per Butelli, certo, ma sarebbe anche l’unica salvezza possibile per questa società da sempre sfigata. Personalmente, in quanto antico e convinto ed esposto e (ari giustamente) criticato “filo societario” continuo a credere nella possibilità, tuttora concreta, di questo qui già annunciato passaggio di consegne. Ma siccome la coerenza e la malattia spallina non vengono dopo niente e nessuno è altrettanto giusto pensare alla Spal e soltanto alla Spal a prescindere da qualunque altro discorso o giustificazione. Ecco perché, almeno questo dovrebbe essere un pensiero comune, totale, indiscutibile, immaginare o peggio sperare in una ripartenza dalla terza o seconda o prima categoria è folle e vergognoso. Chi ama la Spal non può nemmeno pensarlo. Perché si tratta di un’ipotesi fallimentare, nel vero senso della parola, che va evitata a qualsiasi costo. Perché evitarla si può, sia ben chiaro. Ma bisogna fare in fretta.      

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