PAOLO PULICI, UN CAMPIONE MAI DIMENTICATO DIETRO LE QUINTE DI UN MIRACOLO CHIAMATO TRITIUM

“Quando parte Pulici è un falco che si avventa sul pallone e fa tremare gli argini, è un treno che travolge la stazione. E’ un ciclone Pulici, è un tir di generosità. Non lo puoi rallentare, gli puoi solo sparare ma neanche il piombo lo fermerà(Ciclone – Flavio Oreglio).
Capocannoniere assoluto della storia del Torino con centosettantadue reti, una Coppa Italia vinta nel 1971, uno Scudetto nel 1976, soprannominato “Puliciclone” dal grande Gianni Brera o più semplicemente “Pupi” per la Curva Maratona, Paolo Pulici con il suo numero undici attaccato alla schiena ha regalato emozioni e, ancora oggi, sessantadue anni da compiere ad aprile, nutre i ricordi dei tifosi granata e di tutti quegli appassionati di calcio che non hanno masticato accenti stranieri per osannare l’ala più veloce e devastante degli ultimi venticinque anni. Pulici e Ciccio Graziani, i “gemelli del gol”, un sodalizio sportivo che non ha avuto precedenti nella storia del calcio e che ha segnato il corso degli eventi del club della Mole, del Torino all’olandese, portando alla conquista dell’ultimo Scudetto in ordine di tempo, un trofeo dal sapore ancora più dolce per la gioia di aver battuto la Juve di due lunghezze. Una carriera, quella di “Pupi”, che si è chiusa gloriosamente alla Fiorentina nel 1985 per dare il via ad un nuovo percorso, al Pulici direttore e responsabile della scuola calcio della Tritium, club di Trezzo d’Adda, non lontano da dove oggi risiede. La sua seconda vita da allenatore l’ha visto indirettamente “sfiorare” anche la Spal: per due anni, fino al 1989, è stato a Piacenza il secondo di Battista “Titta” Rota che a Ferrara sudò e non senza faticare una salvezza in B quattro stagioni prima. Nell’intervista che segue uno spaccato di vita, di racconti, aneddoti e curiosità di una carriera che arriva all’apice il giorno del suo gol più bello, siglato quando ha sconfitto, per sempre, una malattia terribile. Paolo Pulici, uno dei campioni italiani più amati di sempre ma, come spesso accade a chi decide di allontanarsi per scelta dai riflettori dei media, anche un po’ trascurati. Al vivere di ricordi gloriosi dei tempi che furono, ha preferito ricominciare tutto daccapo e mettersi concretamente a disposizione di questi piccolissimi calciatori del domani, regalando loro tutto quel bagaglio di esperienza, amore e passione che lo hanno visto protagonista di quel calcio povero ma bello che oggi, purtroppo, non c’è più. C’è chi di lui ne ha fatto un simbolo, un emblema, un idolo, lui, invece, preferisce considerarsi solo un uomo come tanti, magari più fortunato ma semplice proprio come allòra, quando gli riuscivano con estrema naturalezza anche i gol più impossibili e, soprattutto, straordinariamente umile e umano. Come solo i veri campioni sanno essere.

La sua carriera da allenatore è iniziata con l’ex giocatore e allenatore spallino “Titta” Rota. Ci dica, che tipo era?

“Con Titta era facile lavorare perché aveva le idee molto chiare sul calcio, la sua filosofia di gioco era davvero semplice, basata su pochi tatticismi e su una grande fisicità e fame agonistica. Quando smisi di giocare, Titta mi convinse ad andare con lui a Piacenza e fummo subito promossi, c’era anche Beppe Signori in quella squadra. Per me Titta era un punto di riferimento e so che anche gli altri la pensavano come me, lo consideravo un fratello maggiore anche se pretendeva sempre troppo in campo, ma nei momenti di svago si lasciava andare a battute, era un uomo di spirito, molto gioviale e, secondo quanto mi dicono, lo è tuttora. Non lo vedo da un po’, so che abita a Bergamo alta, però le ultime notizie me lo danno burbero come al solito (ride)”.

Torniamo al Pulici calciatore. La sua carriera è legata a doppio filo a quella del suo “gemello” Ciccio Graziani: mentre però uno non lesina comparsate televisive un po’ dappertutto, l’altro ha conservato gelosamente il diritto alla propria privacy. Lei ha scelto quest’ultima strada. Non ha paura che la gente si dimentichi di Paolo Pulici?
“Ho ricevuto tante proposte di andare come commentatore nei salotti tv, addirittura di ricomporre la mitica “coppia del gol”, ma ho puntualmente rifiutato: in primis perché, nonostante la grande intesa e stima reciproca, ho un carattere molto diverso da quello di Francesco, inoltre perché ho intrapreso una strada diversa, mi sono fatto carico di un impegno con la Tritium e con i ragazzi e sono intenzionato ad onorarlo finché il fisico mi permette”.

La coppia dei “gemelli del gol” Pulici-Graziani: qualcuno vi ha dipinto come eroi di un fumetto che nessuno ha mai scritto, ma che ogni tifoso granata può immaginare e far suo. Come è nata questa intesa praticamente perfetta tra di voi?
“Si sono spese tante storie per noi, invece posso dire che la nostra intesa è nata nella maniera più normale possibile, allenamento dopo allenamento abbiamo raggiunto un affiatamento che la domenica aveva il suo exploit in campo. All’inizio la stampa attribuiva le nostre vittorie ad episodi contingenti, ma poi quando iniziammo a macinare vittorie e a “dare fastidio” anche lassù, nei primi posti in classifica, l’attenzione mediatica su di noi aumentò esponenzialmente e fummo osannati da tutti. Questo clima giovò a tutta la squadra, rappresentò un’iniezione di fiducia per tutti, ricordo che la temperatura in città era altissima. Con i tifosi del Toro ho sempre avuto un rapporto splendido, mi reclamano tuttora perché vedono in me il Pulici di quegli anni gloriosi: a loro giudizio sono rimasto lo stesso di sempre”.

Come mai la scelta di allenare i “Pulcini”?
“Quando sono stato a Piacenza con Titta ho realizzato che il calcio che hanno insegnato a me stava scomparendo e forse, a malincuore, è scomparso del tutto. Per i giocatori di oggi l’unica cosa che conta è l’ingaggio, per me invece, come per i miei compagni, la gioia vera era giocare un derby e scambiarci le magliette a fine gara: ora si discute prima del premio partita. Dal mio punto di vista è la mentalità che deve cambiare, sia quella del giocatore “mercenario” che cambia quattro squadre in un anno, sia delle società che dovrebbero ridurre i budget. Bisogna recuperare il senso della misura, allora ne guadagneremo tutti, lo spettacolo prima di tutto, altrimenti continuerò ad evitarlo il calcio di alta categoria per non rischiare di annoiarmi”.

Dunque la sua formula sta nel forgiare i campioncini del domani perché non assumano le sembianze di quelli di oggi.
“Più o meno, diciamo così. Non so se qualche ragazzo dei miei diventerà il fenomeno del calcio italiano, nemmeno ci penso, so però che mi diverto con loro perché i ragazzini dell’età che alleno sono ancora nella dimensione del calcio concepito come gioco. In loro rivedo me stesso e penso che con i bambini il discorso calcistico è sempre uguale, non è affatto cambiato, hanno un approccio molto positivo al gruppo, tanta voglia di fare ma soprattutto di divertirsi. Certo, spesso vogliono che gli mostri come muoversi in campo, ma me la cavo ancora, mi manca po’ di fiato, ma il resto c’è (ride). Forse, sono i genitori a non essere più quelli di una volta: ai miei tempi non avevano né tempo né la voglia di seguire i propri figli sui campi di gioco, mentre adesso basta vedere il proprio ragazzo con la casacca per farne già un campione. Ammetto che mi fanno sorridere”.

In sedici anni di Tritium ha visto all’opera anche Stefano Vecchi, l’attuale allenatore della Spal.

“Stefano è stato a Trezzo per due anni, ma lo ricordiamo tutti con grande affetto e riconoscenza per averci regalato l’ebbrezza di due promozioni consecutive ed aver portato una realtà così piccola come la Tritium per la prima volta nel calcio professionistico. La dote di Stefano, almeno per quel che riguarda la sua esperienza qui a Trezzo, è stata quella di far funzionare il gruppo, di creare una formazione solida da giocatori abbastanza eterogenei ma che in campo riuscivano a trovare l’assetto giusto. Tra noi c’è sempre stato un atteggiamento di curiosità reciproca, di scambio proficuo. I miei ragazzi si allenavano nel campetto attiguo a quello della prima squadra e capitava spesso che Stefano venisse ad osservarci e a scambiare opinioni con me o i ragazzi. Lo stimo molto, è una brava persona, ha tutto per fare bene”.

Lei ha vinto una malattia importante, ha conosciuto da vicino la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), un male che a tenaglia sembra mordere più di ogni altro i calciatori della sua epoca. Che idea si è fatto sulle tante supposizioni che gravitano intorno a questa fetta di calcio, dai più descritto come “avvelenato”?
“Posso affermare con molta serenità la mia idea, avvalorata anche dallo scambio che ho avuto con molti esperti, e cioè che non vi è alcuna connessione diretta di questa malattia col mondo del calcio. I dati recenti stimano in Italia circa tremilacinquecento i casi di persone affette da SLA e solo una minima percentuale di queste ha una carriera calcistica alle spalle. Nei centri specializzati per la cura di questa malattia ho condiviso il mio percorso con persone che erano operai o anche menager che non hanno mai calcato un rettangolo di gioco in vita loro. Ovviamente se un metalmeccanico si ammala o muore di SLA non fa notizia, un calciatore invece può fare cassa di risonanza. La stampa strumentalizza tutto, i tuoi momenti di gloria ma soprattutto quelli di declino. Fa notizia, fa scoop. Personalmente ho sempre cercato di mostrarmi come persona, con i miei lati forti e quelli meno forti, ho sempre sperato, voluto e desiderato che prima di un calciatore, chi mi avesse incontrato si potesse fare l’idea di chi è Pulici nel quotidiano, di come la pensa e perché. Devo dire che non l’ho ancora perso questo vizio, perché è quello che faccio tutti i giorni e non ne faccio mistero dell’importanza che riveste per me insegnare oggi ai miei giovanissimi uomini e, spero per loro, anche calciatori del domani, quanto è importante che la gente, fuori dal rettangolo verde, li stimi e li apprezzi non solo per un trofeo conquistato, ma anche per tutte quelle qualità umane che nessuno potrà mai togliere loro, che nel mondo li distinguerà e li farà eccellere sugli altri. Di un gol, di una coppetta, beh dopo cinquant’anni ti puoi anche dimenticare, ma di una persona per bene credo ti rimarrà cucito addosso per sempre quel qualcosa in più che a distanza di tempo continuerai ancora a ricordare e questo a prescindere dall’essere calciatore o dal diventare un campione. Perché prima di tutto è importante che si ricordino di te come un uomo, per quello che sei riuscito a dare e trasmettere e non solo per quello che hai o non hai vinto nella tua vita”.

LA PROBABILE FORMAZIONE

TRITIUM (442)
Nodari; Fondrini, Dionisi, Teso, Possenti; E. Bortolotto, Malgrati, Daldosso, Chimenti; Spampatti, R. Bortolotto.
All.: Boldini.

BALLOTTAGGI
Chimenti-Casiraghi 51%-49%
Malgrati-Di Ceglie 60%-40%
Spampatti-Sinato 55%-45%

INFORTUNATI
Martinelli

SQUALIFICATI
nessuno

LA ROSA

Portieri
Nodari, Pansera e Sacchetto

Difensori
Bertoli, Dionisi, Fondrini, Malgrati, Martinelli, Possenti, Riva, Suagher, Teso e Valtulini

Centrocampisti
E. Bortolotto, Chimenti, Corti, Dal Dosso, Di Celli, Mapelli, Monacizzo e Vecchio

Attaccanti
Bertocchi, R. Bortolotto, Sinato e Spampatti

IL CAMMINO

1a giornata 04/09/2011 Carpi-Tritium 4-0
2a giornata 11/09/2011 Tritium-Ternana 2-0
3a giornata 18/09/2011 Avellino-Tritium 1-2
4a giornata 25/09/2011 Tritium-Spal 1-1
5a giornata 02/10/2011 Pisa-Tritium 0-2
6a giornata 09/10/2011 Monza-Tritium 1-1
7a giornata 12/10/2011 Tritium-Foggia 1-1
8a giornata 16/10/2011 Lumezzane-Tritium 1-0
9a giornata 23/10/2011 Tritium-Pro Vercelli 1-2
10a giornata 30/10/2011 Como-Tritium 1-2
11a giornata 06/11/2011 Tritium-Benevento 2-1
12a giornata 13/11/2011 Foligno-Tritium 0-1
13a giornata 20/11/2011 Tritium-Reggiana 0-1
14a giornata 27/11/2011 Tritium-Taranto 1-1
15a giornata 04/12/2011 Sorrento-Tritium 2-0
16a giornata 11/12/2011 Tritium-Pavia 1-1
17a giornata 18/12/2011 Viareggio-Tritium 0-1
18a giornata 08/01/2012 Tritium-Carpi 0-1
19a giornata 15/01/2012 Ternana-Tritium 2-0
20a giornata 22/01/2012 Tritium-Avellino 1-0

I MARCATORI

6 reti: E. Bortolotto
3 reti: R. Bortolotto
2 reti: Dionisi (2 su rig.) e Sinato
1 rete: Chimenti, Dal Dosso, Floriano, Malgrati, Spampatti e Teso

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