ANCORA DIECI GIORNI DI PASSIONE… (SI FA PER DIRE) PRIMA DI SCOPRIRE IL DESTINO DELLA SPAL. E’ LOTTA CONTRO IL TEMPO. CE LA FARA’ CESARE BUTELLI A SALVARE IL SALVABILE?

minispot-le ultime dal campoFa un caldo miserabile a Ferrara, di quelli che non si ricordano da tempo, eppure ai tifosi biancazzurri mano a mano che passano le ore stanno venendo i sudori freddi. C’è ansia, timore. Driiiiiin, sveglia, bisogna iscriversi al prossimo campionato. Cerchiamo di capirci qualcosa restando ai fatti e, per una volta, dimentichiamoci delle ore dieci e trenta del prossimo dodici settembre. Solo per una volta, sia chiaro.

(QUALE) FUTURO BIANCAZZURRO – Nonostante il meteo induca alle vacanze, in via Copparo non c’è un attimo di respiro e c’è chi si danna l’anima e lavora alacremente, proprio come se la Spal fosse già pronta per il prossimo torneo professionistico. Si chiedono preventivi, si cercano sistemazioni idonee per il ritiro e si parla timidamente anche di mercato: già, avete capito bene (!). Si parla anche di ritiro, in realtà, tanto che la rosa delle scelte sarebbe già stata ristretta a tre o quattro località in Trentino, pronte ad accogliere i biancazzurri tra meno di un mese. Nel mentre ci sono conti da far tornare, cessioni a cui far fronte e contratti da sgravare il prima possibile dalle casse (magre) biancazzurre. Il motore è acceso, la parola “sparizione” non è contemplata e, bocche cucite a parte, si capisce che c’è una gran voglia di mettersi all’opera. Ma si sa che senza la materia prima… si fa poca strada. Stavolta però sembra proprio che ci siamo. Anzi, o la va o cadiamo in mille pezzi.

DIECI LUGLIO 2012 – Ufficialmente è questa l’ultima data disponibile. Poi sapremo se Cesare Butelli sarà riuscito a ottemperare a tutte le scadenze e coprire il disavanzo. Solo allora la Spal potrà dirsi al riparo (si fa per dire) e avere garantita l’iscrizione al prossimo campionato. Alternative? Nessuna. Non in questo momento almeno. O ce la fa lui, da solo, o si cade nel baratro. Rimandate le ferie, tornate dal mare, dalla montagna o dalla casa in campagna di vostra suocera. Sarà il giorno del giudizio. In tutti i sensi.

AFFONDARE O NAVIGARE A VISTA? – E’ un bel dilemma. Ma cerchiamo di sviscerare la questione. L’addio al calcio professionistico è cosa da cui dover star lontani, se possibile. In termini economici sarebbe una sciagura, si rischia di dover mantenere una squadra in D pagandola quanto una formazione regolarmente iscritta in Prima divisione. E non è una boutade. Andiamo a vedere il perché. Se è vero che i contratti in D non possono superare da regolamento i venticinquemila euro, è insindacabile che una stagione da protagonista potrebbe costare non meno di un milione di euro senza avere, tra le altre cose, garanzia alcuna di promozione. Anzi. Lo dimostrano squadre come Teramo, Forlì e Venezia tanto per citare le ultime promosse, che hanno rispettivamente impiegato quattro, sei e tre anni per ritornare in almeno in Seconda divisione. Chi può faccia due conti e dica la sua. Si tratta di investimenti cospicui di anni e frutto non del caso ma di programmazioni mirate con al timone persone capaci e dirigenti che non sono mai stati lasciati liberi (e soli) al comando di fare il bello e il cattivo tempo. La D è un campionato difficilissimo,  c’è da sudare, da spendere e da soffrire. Bisogna metterlo in conto. Attenzione poi:  la domanda di ammissione alla Serie D non è gratuita ma passa attraverso il pagamento di quello che si chiama “contributo di solidarietà”: trecentomila euro è l’obolo richiesto per andare a cuocere all’Inferno. Non c’è male, è un po’ come una Seconda divisione bis. Senza contare i tempi tecnici strettissimi.
E meglio non andrebbe se addirittura ci fosse l’Eccellenza ad aspettare i biancazzurri dietro l’angolo: benché in mano ai rispettivi Comitati Regionali, il “contributo di solidarietà” in questo caso sarebbe di poco più di centomila euro, a fronte di una categoria il cui tetto salariale è di settemilacinquecento euro e una gestione complessiva che non sarebbe comunque inferiore ai cinquecentomila euro annui. Cifre al netto di una promozione che è tutt´altro che scontata. Ricordiamo, in attesa di capire che riforme (e se) verranno fatte, nel campionato Dilettanti solo la prima classificata viene promossa, mentre in Eccellenza per salire di categoria serve vincere il campionato, la Coppa Italia o i play off nazionali tra le seconde di tutti i gironi. Vuoi mettere che spasso? Certo, qualcuno dirà, e partire per il secondo anno consecutivo con l’onta di una penalizzazione che non è già inferiore ai tre punti rende le cose più semplici? Punti di vista. Abbiamo la fiducia che Cesare Butelli ripiani tutto e si faccia da parte.

LEGA PRO UNICA! – Ma se questa benedetta riforma andasse in porto? Per la Spal sarebbe paradossalmente una manna dal cielo: un’altra stagione con un bilancio di poco inferiore ai tre milioni di euro sarebbe garantita, dicono gli addetti ai lavori, tra incassi, sponsor, cessioni e contributi dalla Lega per i giovani. Più difficile se invece per la Spal sarà Seconda divisione: in quel caso qualche problema in più ci sarebbe e bisognerebbe far fronte a un disavanzo che a occhio e croce sfiorerebbe i settecentomila euro annui, contando già i contributi sui giovani della Lega. E in questo momento si sa che le tasche piangon miseria. Sensazioni: non si saprà un bel nulla fino a Ferragosto (il cinque inizia la Coppa di categoria, auguri), tutte le squadre partiranno per i rispettivi ritiri senza sapere contro chi e dove giocheranno la prossima stagione, con rose naturalmente in via di definizione e in attesa di conoscere le sentenze sul calcioscommesse. Un misto per dolci che fa una delle prospettive sportive estive più interessanti mai viste da quando esiste il calcio.  

CESARE BUTELLI – C’è un uomo solo (completamente solo) al comando. Lui non è Fausto Coppi, non indossa una maglia biancoceleste ma è a capo di cento e passa anni di storia biancazzurra e nelle cui mani è stata lasciata la non indifferente responsabilità di decidere (sempre da solo) il destino del calcio a Ferrara. I tifosi aspettano, incazzati come iene, di capire cosa succederà. I giornalisti sperano, sempre incazzati come iene, che prima o poi una buona notizia ce la porti. Con l’assoluta certezza tra i tanti punti interrogativi insoluti, che l’attuale patron, una volta espletati gli ultimi convenevoli (voglia Dio, per chi crede, o chi volete voi, che ce la faccia) non rimarrà alla guida dei ferraresi. Una Spal “pulita” fa già più gola della Spal di oggi. Certo, ingolosirebbe di più una Spal “fallita”, come negarlo? Ma vorremmo restar lontani da questa soluzione. 
Senza fare dietrologia spiccia diciamo due cose e sgombriamo il campo da ogni equivoco: la gestione dell’ultimo anno è indifendibile. Adesso sta cercando di fare un miracolo. Diamogliene atto, l’impegno non manca. Poi lo giudicheremo. 

IL NULLA – C’è la sensazione, comunque, o forse qualcosa di più, che attorno a lui ci sia il nulla. Terra bruciata, un po’ per colpe e mancanze (tante) sue, un po’ perché  sono tanti ad averlo additato come un “delinquente, mascalzone e fedifrago” senza muovere un dito ma solo scimmiottando litanìe trite e ritrite che dopo un po’ stancherebbero anche San Patrizio. Sono un po’ troppi a essersi radunati lì, tutti su quel ponte (e non di Bassano) sotto il quale passa quel famoso fiume come dice quell’altrettanto famoso proverbio cinese, in trepida attesa e pronti a vedere se e quando passa il cadavere della Spal 1907. Con in faccia stampato quel ghigno diabolico da “io te l’avevo detto che finiva così”. Butelli ha una percentuale di responsabilità enorme, per certi versi è indifendibile, lo abbiamo detto, ma se c’è qualcuno che in questi quattro anni ha speso e ci ha provato a fare qualcosa di buono (e di “nuovo”) è lui. Gli è andata male. Molto male. Passo nettamente più lungo della gamba e, come diceva pochi mesi fa Nicola Zanardi, un’idea, quella del fotovoltaico straordinariamente bella ma gestita straordinariamente male. E La Spal, intanto, tra udienze, punti di penalizzazione, scioperi e retrocessione beffarda, da nove mesi a questa parte è diventata come la Bella di Torriglia, tutti la vogliono e nessuno se la piglia. Anzi no, qualcuno c’è, forse, ma è meglio aspettare. Ma che abbia appositamente voluto il male di questa squadra Cesare Butelli è una colossale menzogna, esattamente come lo è anche solo pensare che ci abbia guadagnato qualcosa (cosa che sarebbe più che lecita tra le altre cose, nessuno chiede di non guadagnarci a un Presidente ma di non fallire sì!). A noi, per chiudere il discorso, risulta comunque che la sua gestione finirà in profondo rosso.

CARO AMICO MI ISCRIVO – Parafrasando (e aspettando in tutti i sensi) “l’anno che verrà” del compianto Lucio Dalla, intanto mi iscrivo, così mi rilasso un po’ (sì, magari, qui siamo tutti elettrici come non mai). Questa sera, al più domani mattina, verrà formalizzata l’iscrizione: trentottomila euro di tasse per prolungare i termini e continuare a sperare prima di arrivare allo scoglio più duro, quello previsto per il prossimo dieci luglio come detto sopra: se ci andremo contro con un canotto o un pedalò trascinati dalla corrente o se riusciremo a evitarlo con un ultimo e disperato colpo di remi, lo scopriremo presto. Se entro quella data la Spal non avrà sistemato buona parte delle pendenze (che tradotto in cifre significa portare in dote in Lega qualcosa come un milione e mezzo di euro o poco meno), a cui vanno aggiunti i trecentomila euro di fideiussione, la Co.Vi.Soc sarà implacabile (e l‘anno scorso ne bocciò quindici) e per la Ferrara calcistica si apriranno, per la prima volta nella storia, le porte infernali dei polverosi campi di provincia.
Perdonerete la franchezza ma per buttarla sulla provocazione sarebbe quasi meglio un anno “sabbatico”, una stagione senza calcio. Sarà e speriamo rimanga solo una nostra provocazione ma quello che si è visto negli ultimi mesi lo si può riassumere con questo slogan: “Spal un patrimonio di Ferrara. Basta però che non ci sia da spendere un euro”. Negarselo è ipocrita. Crisi o non crisi, terremoto o non terremoto. La lezione serva per il futuro a chi tenterà da fuori (ma chi poi?) di mirare alla reggenza di via Copparo: è evidente che o arriva qualcuno capace di spendere e spandere a fondo perduto cifre che definire da mecenate o benefattore è un eufemismo, oppure bisogna fare il passo che vuole la gamba senza strafare: se ogni squadra di calcio è per buona parte il termometro e lo specchio della città che rappresenta allora, fotovoltaico o no, idee brillanti o innovative o meno, non ci sono fuochi d’artificio da aspettarsi, vezzi, lazzi, strilli, ricchi premi e cotillon nel breve termine. Capiamoci. La Spal non può essere come il motore di una Ferrari inserito in una Cinquecento vecchia come il Cucco. E viceversa, naturalmente.

RADIOMERCATO – L’ultima notizia è di ieri: Marongiu se ne è andato e non ritorna (calcisticamente) più ma oggi aver lasciato l’ex promessa del vivaio biancazzurro al proprio destino è l’ultimo dei problemi, semmai è il ritorno di Fabbro che meritava di essere salutato con bel altro spirito. Ventuno gol in due stagioni in Seconda a Lecco sono un bigliettino mica da ridere che non rendono comunque giustizia a un calciatore che paga lo scotto di non arrivare da un settore giovanile come si deve. A ventisette anni può fare ancora tanto. Speriamo non solo le sue ma anche le nostre fortune. Dicevamo di radiomercato. Quando si sente il nome Spal c’è chi mette il volume al minimo. Se ne parla sottovoce. Timidamente e di rado. Anche se tutti si muovono e si informano (Giovanni e Paolo Rossi sono praticamente a Santarcangelo, Migliorini, Marconi, Canzian sono sul piede di partenza così come Bedin che non dovrebbe essere riconfermato). Aspettano tutti (procuratori compresi) là fuori. Osservano. Il mondo del calcio è forse l’unico posto in Italia in cui è contemplata la “dolce morte”: se ti stai sbracciando perché stai per affogare in mezzo al mare son pronti sì tutti quanti a darti una mano, nel senso che son pronti a prenderti a colpi di bastone in testa per porre fine alla sofferenza il prima possibile. E prendersi quel che rimane di tuo a zero. E’ la legge del mercato. Perfetta. Mors tua vita mea: lamentarsene non si può. Così fan tutti.

MA QUANTA BELLA GENTE SU QUEL PONTE – Come detto poco fa, su quel ponte del vecchio proverbio cinese, in attesa di vedere che sotto passi il cadavere a tinte biancazzurre, ci deve essere una confusione senza eguali e senza precedenti. Tutti lì, si sgomita per avere un posto in prima fila per assistere al più orribile degli sfaceli. Trovi di tutto. Tranne i creditori che immaginiamo in pellegrinaggio da qualche parte a chieder grazia di poter vedere i loro sacrosanti soldi. Prima o poi. La catastrofe sportiva è un qualcosa per cui tifano in parecchi, anche nemici notoriamente di vecchia data, si alleano in queste ore e si danno forza l’un l’altro: quel “dai che la Spal va a casa” unito al “dai che i giocatori adesso saranno finalmente liberi di accasarsi a costo zero dove vogliono” son frasi di un canto di morte che ci ronza nelle orecchie in maniere decisamente fastidiosa. Strano amore quello che si ha per la Spal. Ci vien voglia di dire DAI CAZZO, CESARE (MA ANCHE GIOVANNI, ALDO, MARIO, ANTONIO, MARCO, FILIPPO), DAI! solo per vedere la faccia di tutta questa gente come rimarrebbe di… sale, se la Spal dovesse riuscire (come speriamo) a salvarsi ancora. Prima di una inversione di rotta comunque inevitabile e sostanziale. Non è ripresentabile in Lega una Spal con questa (non) credibilità. Butelli lo sa. Eccome. Ma non è questo il momento di mollare. Uscirne sì. Ma con la schiena più dritta di adesso. Tifiamo dunque per il salvataggio in extremis in maniera spudorata, per il pareggio dei conti e per l’entrata in campo di un nuovo Presidente: lo diciamo senza remora alcuna. Il tempo di Butelli è finito e lo sa anche lui. Ma non è finito quello della Spal.

I SOLDI CHE SERVONO E SUBITO – Sono soldi di cui la Spal ha bisogno per andare avanti, vitali. Già, ma chi te li dà? Si torna al fotovoltaico, a “Il Gioiello” o a chi per lui, ad ArsLab e ad altri di cui vi risparmiamo volentieri la tiritera. Sono nove mesi che ne parliamo. Di sicuro, però, sappiamo da dove non arriveranno. Dalle cessioni dei giocatori attualmente in rosa. Perché nessuno, adesso, è disposto a darti un euro visto che nell’ambiente c’è una certa convinzione che non ce la faremo. Non fai compassione a nessuno in queste condizioni (ci mancherebbe), semmai fai incazzare, perché blocchi sul nascere operazioni di mercato vantaggiose che tra venti giorni rischiano di diventare i “malaffari” dell’estate. Quindi, quale insano pensiero ti farebbe spendere un euro per un calciatore se domani puoi avere lo stesso a costo zero? Ecco. Ci siamo capiti. Cesare Butelli ha dieci giorni per trovare quei soldi che servono. Quanto (e se) si incasserà dalle cessioni future lo si potrà mettere a bilancio solo dopo. A giochi chiusi. E non prima. I soldi che mancano dovranno necessariamente essere racimolati in altra maniera e in via Copparo lo hanno capito. E’ partita l’ultima corsa contro il tempo. Voglia il cielo che almeno questa scadenza venga pienamente rispettata in tutti i suoi punti. Perché il tempo di raccontarcela è decisamente finito.

Attualmente LoSpallino.com raggiunge un pubblico che non è mai stato così vasto e di questo andiamo orgogliosi. Ma sfortunatamente la crescita del pubblico non va di pari passo con la raccolta pubblicitaria online. Questo ha inevitabilmente ripercussioni sulle piccole testate indipendenti come la nostra e non passa giorno senza la notizia della chiusura di realtà che operano nello stesso settore. Noi però siamo determinati a rimanere online e continuare a fornire un servizio apprezzato da tifosi e addetti ai lavori.

Convinti di potercela fare sempre e comunque con le nostre forze, non abbiamo mai chiesto un supporto alla nostra comunità di lettori, nè preso in considerazione di affidarci al modello delle sottoscrizioni o del paywall. Se per te l'informazione de LoSpallino.com ha un valore, ti chiediamo di prendere in considerazione un contributo (totalmente libero) per mantenere vitale la nostra testata e permetterle di crescere ulteriormente in termini di quantità e qualità della sua offerta editoriale.

0