LA SECONDA GIOVINEZZA DI CHRISTIAN SCALZO CHE AMMETTE: SAREI STATO FELICE DI VESTIRE LA MAGLIA DELLA SPAL

Christian Scalzo nasce l’otto maggio di quarant’anni fa a Milano. A una manciata dalle cinquecento presenze tra i professionisti, una gavetta iniziata a sedici anni ancora da compiere tra le file del Seregno, in D, l’eclettico esterno offensivo lombardo ha poi collezionato ben diciannove stagioni consecutive, dal 1988 al 2007, tra i campi di serie B, serie C1 e serie C2. Comincia nel Pavia di Allegri e Massara dove, con la promozione in C1, raccoglie la sua prima vera soddisfazione sul campo, Intanto il Toro lo corteggia ma lui, come vent’anni dopo si definisce, “anarchico” e affatto rispettoso delle regole, non riesce a sopportare la vita in convitto insieme a tutti i suoi compagni e tutte le sere, finiti gli allenamenti, prende il primo treno che dal capoluogo piemontese lo porta a casa. A diciassette anni è in quella Primavera granata che sfornerà i vari Benito Carbone, Sandro Cois e Dino Baggio, tanto per citarne alcuni. Ma è ancora troppo presto e lui troppo giovane per realizzare la fortuna che gli stava scivolando proprio dalle mani. La società granata non digerisce il comportamento ribelle del giovane Scalzo e, ben presto, i rapporti diventano freddi fino a chiudersi, così come, con tutta probabilità, la speranza definitiva di vederlo calcare palcoscenici ben più consoni alle sue capacità. Ma il ragazzo ha classe, tecnica ed è veramente bravo. Torna a Pavia, dove, tra gli altri, conosce un certo Stefan Schwoch e, dopo una stagione di “punizione” nella Berretti, eccolo ancora protagonista con la maglia dell’Alzaia. Sboccia il giocatore e in giro il suo nome lo si inizia a fare con sempre maggiore insistenza. Claudio Achilli, dirigente sportivo, intanto acquista il Livorno e porta in maglia labronica il ragazzo che, dal 1993 al 1996, gioca novanta partite e segna venti gol in amaranto. Sfiora per la prima volta Ferrara alla fine di quell’anno: la città labronica è in festa e in subbuglio, in ballo c’è la promozione in C1 nello spareggio contro la Fermana al “Mazza”. Papadopulo è in panchina e la squadra, in attacco, ha tra le sue fila un certo Enio Bonaldi. Sono diecimila i livornesi in trepida attesa, meno di duemila i marchigiani sistemati nella “Campione”: finirà 4 a 1 dopo i rigori per i gialloblù grazie alla prestazione superlativa di Sasà Soviero, tra l’incredulità dei favoritissimi toscani. E Scalzo? Verrà espulso a dieci minuti dalla fine dei supplementari, un fatto che gli sarà “perdonato”, solo, si fa per dire, tredici anni più tardi. L’anno dopo (mentre il Livorno vincerà i playoff per la C1) viene mandato (in esilio?) a Lucca dove trova un certo Bruno Russo come compagno, oggi dirigente della stessa Lucchese; ritorna ancora a Livorno, ci resta altri due anni e arriva a superare le centocinquanta partite tra coppa e campionato. Intanto, proprio durante la sua permanenza a in terra toscana, il giocatore ribelle e parecchio vivace conosce la donna che diventerà anche sua moglie e, come dice lui, che è riuscita a cambiare completamente la sua vita. In meglio. Finita la prima parentesi in Toscana eccolo in B con la maglia dell’Alzano con Armando Madonna, poi va al Genoa di Bolchi con Breda e Zanoncelli, prima di andare a Siena con Antonio Sala dove conquista, il secondo anno, la promozione in serie A. Ma deve essere scritto nel destino, perché Scalzo, nonostante sia protagonista in bianconero, la serie A non la vedrà mai. Va allo Spezia in C1, poi dopo aver ottenuto il patentino da allenatore e conosciuto l’attuale mister della Spal Sassarini, dal 2005 gioca le sue ultime due stagioni da “prof” tra Casale e Vercelli. La discesa nei dilettanti è felice: porta l’Albignasego in D insieme a Nicola Zanini (ex trequartista, tra gli altri, del Vicenza), poi, dopo l’esperienza a Pisa in Eccellenza, ritorna in D gioca nel Ponsacco che, grazie ai suoi gol si salva; dopo l’iniziale esperienza al Pelli Santa Croce (nato dalle ceneri del Ponsacco), a gennaio 2011 eccolo al Tuttocuoio dove segna due giorni dopo la firma sul contratto il gol vittoria a Pistoia. Ad agosto di quest’anno, quando tutto lasciava pensare a una sua riconferma in maglia verdeblù, inizia la sua avventura a Rosignano: subito un gol all’esordio contro la Fortis, in un pomeriggio particolare quello vissuto in Mugello dall’esterno lombardo che ha coinciso con la centesima marcatura in carriera, senza dimenticare, poi, i tre assist, sin qui, decisivi e il gol a Massa, dell’iniziale vantaggio, domenica scorsa. Prima ancora, per la seconda volta, quattordici anni dopo, sfiora Ferrara e la Spal: un contatto, fugace e indiretto, con la società di via Copparo, una pazza idea che non ha trovato il terreno e il momento giusto per vedere la luce. Perché, come dice lui, “Ferrara dal giorno dello spareggio non l’ho mai dimenticata e avrei voluto misurarmi con una realtà importante come la vostra”. Padre di una bambina di otto anni, oggi, Scalzo ha ancora la stessa voglia di giocare di sempre, di stupire. E di stupirsi correndo dietro a un pallone.

E’ la tua ventiquattresima stagione consecutiva che trascorri sui campi di calcio. Partiamo proprio da qui. Hai un segreto per questa tua eterna, è il caso di dire, giovinezza?
“Ho cominciato presto, non avevo ancora compiuto sedici anni quando ho esordito in D con la maglia del Seregno: per quel fatto la società venne addirittura multata di cinque milioni di lire, una cifra ragguardevole per quei tempi, anche se sono certo che siano rientrati quando mi hanno ceduto. Segreti particolari non ce ne sono, penso di aver fatto una carriera normale, da professionista in tutti i sensi, anche se non ho mai avuto un carattere molto facile, almeno all’inizio, perché ero piuttosto ribelle e mi piaceva poco stare alle regole che gli altri mi imponevano. L’unica vera fortuna è che non ho mai patito infortuni seri nella mia carriera e questo mi ha permesso di avere una certa continuità nelle prestazioni”.

Quanto manca nel tuo bagaglio il non aver avuto la possibilità di misurarti con la serie A.
“La serie A mi manca tanto, eccome. Ci sono arrivato vicino, l’ho vista a un passo con la promozione del Siena dalla B, ma poi è svanita. Mia moglie dice che mi toccherà farla da allenatore (ride). Vedremo. Lei ha cambiato la mia vita, sembra una favola ma è così. Lei era ed è tutto quello che io non ero e non sarò mai. Da cinque anni è avvocato, è una livornese doc. Ho placato il mio animo ribelle da quando l’ho conosciuta. Ho trovato la mia dimensione.  A proposito di Livorno, una piazza dove sono stato per cinque campionati, pensa che mi hanno perdonato solo tre anni fa l’espulsione nello spareggio di Ferrara perso contro la Fermana nel 1996. Ancora oggi, però, penso che quella decisione arbitrale non influì per nulla sul risultato della sfida. Ai rigori furono più bravi gli altri”.

Perché la scelta di firmare per il Rosignano Sei Rose?
“In realtà sembrava tutto fatto per la mia conferma con la maglia del Tuttocuoio con cui ho giocato tutta la seconda parte del torneo passato. Mi sono ritrovato a spasso quando le squadre erano già fatte, un comportamento che mi ha amareggiato molto. A quel punto ho avuto la fortuna di trovare questa società che mi ha permesso di allenarmi e, alla fine, anche se il Tuttocuoio ci aveva ripensato, mi sono accordato con la società del presidente Sardi. Avevo dato la mia parola. La voglia di giocare è ancora parecchia, ogni anno potrebbe essere l’ultimo ma poi la voce del campo, quando i campionati stanno per iniziare, si fa via via sempre più forte e mi rimetto gli scarpini ai piedi e torno a correre dietro a un pallone. Qui, a Rosignano, si sta bene, c’è una società che ha ben presente che dimensione occupa, sanno fin dove possono arrivare e cosa possono fare e questo è basilare”.

Sin qui il tuo apporto alla causa solvayna è stato senza dubbio determinante: due gol e tre assist si commentano praticamente da soli. Senza dimenticare che hai raggiunto il traguardo delle cento reti in carriera contro la Fortis Juventus proprio il giorno dell’esordio in biancoblù.
“Sicuramente, quello delle cento reti era un traguardo a cui tenevo, lo ammetto. Ma adesso mi interessa contribuire a raggiungere il prima possibile la salvezza. Sappiamo benissimo che noi non lotteremo per risultati prestigiosi, conosciamo i nostri mezzi, anche se devo dire che ci sono alcuni elementi veramente interessanti. Ma non dobbiamo spostare l’obiettivo dei quarantadue, quarantatré punti e farne il più possibile adesso. Affrontare oggi la Spal, che non è ancora del tutto assestata e magari non al meglio della condizione fisica, può essere un vantaggio per noi. Anche se, sono sicuro, così come il vostro mister, che conosco dai tempi di La Spezia, in D ci siete capitat per caso e per sbaglio e siete solo di passaggio”.

Raccontaci che Rosignano troverà la Spal.
“Una squadra giovane, per forza di cose, ma che può contare anche sull’apporto di qualche giocatore esperto e altri, in prospettiva, davvero interessanti. Macelloni in difesa ha giocato per diverse stagioni in C, Giglioli in mezzo al campo è l’uomo ideale per far crescere Brondi, un ragazzo davvero bravo. Davanti abbiamo Mordagà che, appena sarà in forma farà la differenza, lui la porta la vede eccome, senza dimenticare Carnevale che, se rimane con i piedi per terra e gioca con serenità, potrà fare il salto di categoria, anche perché ha appena ventidue anni”.

Parliamo della Spal. Sarà un inedito big-match quello di domenica, con il Rosignano, tra l’altro, che festeggia i novant’anni di storia proprio sabato. Sarete senz’altro ancora più motivati.
“La Spal, come ti ho detto, è solo di passaggio in questa categoria. Non la conosco, ho letto i nomi però, quelli di Marchini e Braiati su tutti e devo dire che il potenziale è indubbiamente quello di una formazione destinata a lottare per i primi posti fino alla fine, anche se non si può mai dire. Io dico che alla fine la spunterà la Pistoiese, hanno già fallito l’anno scorso, non penso che per due anni di fila possano permettersi di non centrare la promozione gli arancioni. Sabato festeggeremo i novant’anni, è sicuramente un bel traguardo, la partita di domenica può diventare un’occasione, la ciliegina per ricordare degnamente questo avvenimento. Ma servirà un super Rosignano per venirne a capo”.

Ferrara, una città solo sfiorata nel corso della tua carriera.
“Sono venuto con il Pavia da avversario, poi con il Livorno nello spareggio che ti dicevo. Confido che, proprio quest’anno, avrei voluto provare a mettermi ancora in discussione in una piazza come la vostra, quando ero stato scaricato dal Tuttocuoio. Conosco Sassarini dai tempi di La Spezia, abbiamo fatto insieme un corso di perfezionamento per il patentino di allenatore, ma non ho avuto il coraggio di chiamarlo direttamente: non mi sembra una cosa bella da fare, in realtà, sponsorizzarsi in maniera così spudorata, anche se io non ho più il procuratore da molti anni. Indirettamente, però, qualche voce c’è stata, ma il mister ha deciso diversamente e va benissimo così. Ferrara è una bellissima piazza, affascinante, che tornerà presto dove merita”.

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