L’ANNO ZERO DI ALESSANDRO MARONGIU: HO CAPITO GLI ERRORI DEL PASSATO, ORA SONO CRESCIUTO

Tra il primo e l’ultimo (in ordine di tempo, ovviamente) gol in biancazzurro di Alessandro Marongiu sono passati ben tre anni: era infatti l’8 novembre del 2009 quando il ragazzo cresciuto nelle giovanili spalline metteva la firma sul momentaneo pareggio contro il Portogruaro, in una partita poi vinta per 2-1 grazie al gol di Fabio Bazzani. Tre anni in cui il ragazzo ha avuto modo di fare parecchie esperienze: l’ascesa nelle gerarchie dell’allora tecnico Aldo Dolcetti, il buio con il subentro di Notaristefano, l’inizio di una peregrinazione infelice (Casale, Prato, Andria) in cui mette insieme la miseria di tredici apparizioni e un gol, le accuse di essere bravo ma ingestibile. Fino a quest’estate, quando ancora esisteva la vecchia società e si dovevano decidere le sorti delle comproprietà: la busta con l’offerta per Marongiu non viene nemmeno presentata dal vecchio dg Pozzi, lasciando così il giocatore al proprio destino. La sparizione della Spal1907 e l’insediamento di Roberto Ranzani però cambiano il corso delle cose per il ventunenne ferrarese, a cui viene offerta un’altra chance. L’ennesima di una pur breve carriera: dopo un periodo di appannamento e panchina Marongiu è tornato a segnare e a convincere contro il Forcoli. Che sia finalmente il sintomo di una definitiva consacrazione?

Partiamo dalla strettissima attualità: il ritorno alla vittoria di domenica, con un risultato bello rotondo.

“È andata molto bene. Oltre al risultato abbiamo avuto un ottimo impatto con la partita. La concentrazione e la determinazione erano quelle giuste e siamo riusciti a fare bene tutto quello che il mister ci ha chiesto in settimana. Dopo le ultime due partite finite male una prova del genere era quello che serviva. Ora dobbiamo continuare così. Questa che possiamo imboccare ora è davvero una bella strada, che può portare a risultati importanti. Poi è stata una partita vinta dal gruppo. Non ci sono stati individualismi, l’abbiamo giocata in undici. Anzi, in ventidue. Tutti quelli che hanno lavorato in settimana e sono rimasti a disposizione hanno avuto il loro ruolo. E anche questo è stato molto bello. Una testimonianza di un bel gruppo che sa lottare, basta guardare i gol. Cercati e non facili. Alcuni sono stati abbastanza rocamboleschi, ma va bene anche questo. Dobbiamo anche saper essere cattivi, e cercare il gol con tutti i mezzi”.

Il merito del tuo gol lo devi un po’ dividere con Massaccesi. Quel lancio è stata una vera prodezza.
“Federico è bravissimo. Non si può dire altro e io l’ho detto fin dal ritiro estivo. L’assist di domenica è un esempio. Lui è bravo a tutto tondo e gioca con una tranquillità e una sicurezza da veterano: a vederlo in campo non diresti mai che è così giovane. E nonostante tutto ha sempre un atteggiamento di grande umiltà”.

Domenica è stata anche la prima partita quasi completa del tuo compagno di reparto Rocchi.
“Robi ha fatto una bellissima partita e io ne sono felice. Mi dispiace solo che non abbia trovato il gol perché davvero se lo meritava”.

Sembra che l’intesa con l’attaccante ternano sia particolarmente buona.
“Roberto è un ragazzo d’oro, in campo e fuori. Con lui mi trovo benissimo: in campo lotta davvero come un matto fino alla fine e gioca sempre per la squadra. Due doti che io apprezzo molto. E anche fuori dal campo è una persona splendida. Penso che siamo due giocatori abbastanza complementari. Lui ha delle qualità che a me mancano e viceversa. Ci intendiamo e abbiamo buoni movimenti insieme. Credo che abbiamo fatto una buona partita e spero che il mister ci riconfermi”.

Dopo due sconfitte questa vittoria così netta ha rialzato gli animi nello spogliatoio?
“Ovviamente. Ma dobbiamo comunque cercare di rimanere coi piedi per terra. Il nostro obbiettivo lo conosciamo tutti. E non è semplice. L’unico modo per arrivarci è cercare di rimanere umili e continuare a dare molto in settimana e a giocare ogni partita con la massima attenzione. Non è facile tenere la testa bassa, specialmente quando si vince. Ma noi dobbiamo sforzarci di farlo, e preparare così ogni partita. Iniziando già dalla prossima”.

Una curiosità: dopo il gol hai fatto un’esultanza strana. Mani giunte e un piccolo inchino verso la tribuna. Una cosa visibilmente preparata. Cosa significava? Qualcuno sostiene che stavi chiedendo scusa per qualcosa…
“Sì, ammetto che era preparata. Ma no, non erano scuse”.

Cosa significava?
“Beh (ride). Guarda, è una cosa davvero stupida, non te la racconto neanche. Ero d’accordo con la mia ragazza che era in tribuna. Una cosa che sappiamo noi. Una specie di scommessa, diciamo così. Una stupidaggine, davvero (ride di nuovo)”.

Parliamo di te. L’ultimo periodo non è stato facilissimo.
“Beh, ero ancora fuori condizione. Era praticamente un anno che non giocavo e tornare non è semplice. Entrare in condizione è più complicato dopo una lunga inattività. Ora mi sento al settanta o ottanta per cento. Cioè sto molto bene. Ma sento che posso fare anche di più. Spero di arrivare presto al massimo”.

Più di una volta non sei rientrato nei progetti di Sassarini e sei rimasto in panchina. Come l’hai vissuta?
“Sono state decisioni del mister e su quelle non si può discutere. Ma ammetto che non è stato semplice. Sono stato zitto e ho lavorato molto, era l’unica cosa che potevo fare. Dovevo entrare in condizione il prima possibile. È ovvio che stare in panchina non piace a nessuno. E meno che mai a me, che non ho un caratterino semplice. Ma l’unico modo era farmi trovare pronto alla prossima opportunità che mi sarebbe stata offerta. Sono riuscito a farlo. E già domenica questa scelta ha pagato”. 

Anche nelle ultime stagioni hai avuto qualche problema del genere, tra Casale, Prato e Andria. Ma purtroppo nelle società in cui eri le cose non si sono risolte così bene.
“Considero quest’anno il primo in cui gioco seriamente. Gli anni scorsi voglio davvero dimenticarli. Sono successe varie cose che immagino la gente ormai sappia, anche solo a grandi linee. Non so cosa dire. Forse ripensandoci mi viene da ammettere che molta della colpa di quelle esclusioni sia mia. Un buon settanta per cento è farina del mio sacco. E solo la parte restante è colpa di altri. A volta non ti trovi col mister, a volte forse non leghi bene col resto del gruppo, non lo so. Su queste cose non ho un carattere facile come ho detto: mi sono trovato male dovunque sono andato. Ho bisogno forse più degli altri di essere seguito. Non dico di essere aiutato, ma sostenuto, capito. A volte anche sopportato. Che mi si faccia sentire importante”.

E quest’anno?
“Quest’anno è tutto fin troppo bello. Non c’è niente fuori posto. In squadra e nella vita. E di questo devo ringraziare diverse persone che mi stanno attorno. Per quanto riguarda la squadra spero di ricambiare la fiducia che mi è stata data sul campo”.

Queste esperienze negative ti hanno comunque lasciato qualcosa?
“Sono servite a farmi capire che le cose non sono facili. Bisogna saper tener duro. Io ammetto di non esserci riuscito sempre. Ora ho la fortuna di poter ricominciare in una situazione ideale: questa stagione è davvero una grande opportunità per rimettermi in gioco, per giunta nella mia città. Forse adesso ho un po’ di coscienza in più grazie a queste esperienze. Spero di metterla a frutto”.

Un’ultima domanda: com’è il rapporto della squadra con la tifoseria?
“Siamo più che contenti, contentissimi. Loro sono il nostro uomo in più. Può sembrare una frase scontata, ma è così davvero. La spinta che ci danno è fortissima e in più gran parte delle squadre di questa categoria sono abituate giocare davanti ad un pubblico di poche persone. Per cui trovarsi in uno stadio imponente con davanti più di un migliaio di persone ogni volta, con gli ultras che cantano e fanno rumore, spesso li intimidisce e questo ci da una mano”.

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