SASSARINI ARCHIVIA GLI ULTIMI DODICI MESI E SOGNA IL CAPOLAVORO PER IL 2013: RIPORTARE LA SPAL TRA I PRO

“Mi raccomando, facciamo una bella intervista”. Tra il serio e il faceto, David Sassarini si dimostra meticolosamente attento anche per quanto concerne le pubbliche relazioni. Non che ci fossero dubbi sull’allenatore nato a La Spezia, intento a mettere insieme quel che lui definisce un “potenziale capolavoro”: il ritorno della Spal tra i professionisti. Ok, ma quello è un obiettivo per il 2013 di cui abbiamo appena salutato l’arrivo. E del 2012 che si può dire? Ecco allora il frutto di una lunga chiacchierata sui dodici mesi andati in archivio da pochissimo.

Il tuo 2012 per la verità non poteva iniziare peggio: il 16 gennaio il direttore sportivo Cinquini annunciava il tuo esonero dalla posizione di allenatore del Venezia, spiegando che “Qualcosa si è rotto”. Questo nonostante 44 punti in 19 partite. Cosa accadde?
“Semplicemente si era rotto il rapporto tra me e lo staff, non c’erano più le condizioni per proseguire. Lì ho capito l’importanza di lavorare con collaboratori scelti in maniera condivisa”.

È stata questa crisi interna a determinare la leggera flessione di risultati che ha poi giustificato l’esonero?
“No, a determinarla in parte è stata la cessione di giocatori che io ritenevo fondamentali per il mio progetto. D’altra parte i risultati successivi hanno dimostrato che il problema non era l’allenatore, la crisi è continuata. E non a caso durante l’anno sono stato richiamato tre volte”.

E perché non hai accettato di tornare in laguna?
“Perché per farlo misi dei paletti precisi che non vennero accettati”.

Conoscendoti quel tanto che basta viene da credere che debba averti scocciato un bel po’ non avere una panchina su cui sedere la domenica.
“Parecchio! Anche perché non mi era mai successo in diciotto anni, a maggior ragione dopo aver stabilito dei record sia con la Pianese, sia con il Venezia nel girone d’andata facendo 44 punti”.

E come hai impiegato il tempo in quei sei mesi?
“Andando a vedere tantissime partite, per scoprire giocatori utili in chiave futura. Una scelta che ha pagato nel momento di costruire la Spal di quest’anno con i vari Gallo, Cintoi, Calistri, Marcolini. Ma anche Piras, che mi ha impressionato durante una partita di Coppa Italia a La Spezia”.

Prima della chiamata della Spal avevi un piano B? Hai ricevuto altre offerte?
“Inizialmente volevo iscrivermi al corso tecnico di Coverciano, ma sul tavolo c’erano quattro offerte: tre in Seconda Divisione e una in Prima, ma non mi convincevano pienamente, nonostante quella di Prima Divisione fosse intrigante, per quanto in una piccola città. Ma la Spal è oggettivamente un’altra cosa e per fortuna sono arrivato a Ferrara”.

Nomi non se ne possono fare, vero?
“No dai, non sarebbe corretto”.

Poi è arrivata la telefonata da Ferrara. Anzi, da San Marino, dall’altra parte c’era Oreste Pelliccioni. La versione ufficiale dice che sei stato scelto per suo esplicito volere.
“È andata effettivamente così, devo a lui la mia scelta”.

E come hai vissuto il suo addio già ad agosto?
“Onestamente male, sarebbe stato bello continuare tutti insieme”.

Lo hai più risentito?
“No, a parte una telefonata per gli auguri di Natale non ci sono stati contatti, non sarebbe affatto professionale. E per me essere professionale è la prima cosa”.

I tuoi primi giorni sono stati abbastanza turbolenti: la presentazione sull’erba bruciata del Mazza in disuso, l’addio di Pelliccioni, il ritiro a porte girevoli con tanti giocatori in prova. Che hai pensato in quei momenti?
“Che con quei presupposti evitare i play-out sarebbe stata tanta roba! (Ride). Poi con il passare dei giorni ci siamo sistemati, costruendo la squadra e guadagnando condizione”.

In quale momento hai realizzato che c’erano effettivamente i margini per un campionato di vertice e non da play-out?
“Quando i giocatori hanno firmato i contratti alla vigilia della partita di Coppa Italia, in agosto, contro il Castenaso. Lì credo abbiano realizzato che stavamo mettendo assieme un progetto importante, nonostante le tante mancanze del momento. Dissi a loro di non darvi peso e concentrarsi sul campo, perché il gruppo assemblato è effettivamente di grandi giocatori”.

In sintesi, il migliore e il peggiore momento del 2012 del Sassarini allenatore.
“Il migliore direi che è rappresentato dalla vittoria a Castenaso, perché lì abbiamo iniziato davvero espresso un ottimo calcio, realizzando di poter dire la nostra per i piani alti della classifica. Il peggiore quando si faticava a segnare per via dell’assenza degli attaccanti: faticavamo ad avere un gioco e questo mi preoccupava”.

Un altro momento importante di questa prima parte di stagione è stato l’addio di Dragutin Ristic e Francesco Modesto alla vigilia della partita col Fidenza: è stato difficile da gestire?
“Certo, ci sono rimasto male perché sono due persone straordinarie. Non li conoscevo prima di questa esperienza ed è stato un piacere lavorare con loro, ho trovato due professionisti estremamente preparati. Non è un caso se ci sentiamo ancora oggi di settimana in settimana, si è creato un bel rapporto”.

A proposito di bei rapporti: il tuo legame col presidente Ranzani sembra di grande sintonia.
“Sono in sintonia con tutti, ma è indiscutibile che Ranzani rappresenti un valore aggiunto per noi. Ha modi e tempi da grandissimo professionista, per noi è una miniera di informazioni ed esperienze dal valore inestimabile”.

Hai completato un girone d’andata a Venezia e uno a Ferrara: c’è qualcosa che accomuna queste due esperienze?
“No, proprio nulla, per il semplice fatto che sono partite da presupposti diversi: a Venezia siamo partiti con tempi più lunghi, prendendo i giocatori migliori. Quando sono arrivato a Ferrara almeno il novanta percento dei giocatori era già accasato e c’era la necessità di fare tutto alla svelta. Fortunatamente mi è tornato utile quel lavoro di cui parlavamo prima, durante i mesi di inattività dopo Venezia”.

Quali sono le critiche più frequenti che ti sei sentito fare in questi primi mesi?
(Esita a rispondere)

Mister, non vorrai dirmi che nessuno ti ha fatto delle critiche da quando sei a Ferrara?
“No, no… (ride) diciamo che io ascolto ogni punto di vista e poi di conseguenza valuto. Ma finora ci sono stati confronti molto sereni”.

L’etichetta di presuntuoso che ogni tanto ricorre tra alcuni tifosi ti dà fastidio?
“Sai, c’è sempre una linea molto sottile tra la convinzione dei propri mezzi e la presunzione. Quando vinci e tutto va bene ti viene riconosciuta la prima, mentre passi per presuntuoso quando inizia a esserci qualche problemino. Però fa tutto parte di questo mestiere, perciò non mi preoccupo”.

Considerata la tua ambizione, mancare la promozione in questa annata potrebbe costituire un freno decisivo per la tua carriera?
“Sicuramente, il calcio d’altronde è fatto principalmente di risultati. Però conosco il mio mestiere, serve una combinazione piuttosto complessa per centrare questo risultato: il gruppo, la società, l’allenatore, gli episodi, la fortuna e via dicendo. Deve incastrarsi tutto alla perfezione. Quando siamo partiti la società non ha imposto nulla, semplicemente ci siamo dati insieme un obiettivo: portare la Spal in una categoria più consona alla sua storia. Per adesso siamo in corsa per quell’obiettivo: non è così scontato avendo cominciato il tre di agosto. Per fare un confronto si provi a vedere club altrettanto blasonati come Arezzo, Foggia e Taranto per fare tre nomi. Sono in difficoltà, pur avendo iniziato prima di noi”.

Dopo il girone d’andata qual è la squadra avversaria che più ti ha impressionato?
“Sono sincero, nessuna in particolare […]”.

Addirittura.
“Sì, perché ho constatato che le squadre di vertice sono tutte più o meno al nostro livello. Ce la possiamo giocare con tutti. Però se devo dirne una cito la Pavullese per il gioco che pratica, mi ha sorpreso”.

Al netto dei tuoi fedelissimi c’è un giocatore di questa Spal che in questi mesi ti ha colpito di più?
“Non mi piace parlare dei singoli, dico solo di essere molto fortunato, perché ho a disposizione un gruppo di uomini veri. Persone estremamente disponibili che hanno chiaro il nostro progetto”.

Non posso fare a meno di chiederti i tuoi personali propositi per il 2013.
“Ah, si fa presto: l’obiettivo principale è riportare la Spal tra i professionisti. È un grande sogno e farcela vorrebbe dire fare un autentico capolavoro. E spero che i tifosi ci credano. Mi sono reso conto di come a Ferrara ci sia un pubblico con aspettative molto alte, che ha visto la serie C, la B e qualcuno addirittura la serie A: noi stiamo mettendo e metteremo il massimo impegno per riportare la squadra dove le compete. La strada è stretta e impervia, ma questo non può che stimolarci. Se per qualche ragione non ci riusciremo posso garantire che tutti avremo la coscienza a posto”.

Dopo un ragionamento del genere viene spontaneo chiederti se tu non stia già meditando alla possibilità di un secondo mandato in biancazzurro, a maggior ragione se il salto al piano superiore non dovesse riuscire.
“Beh, è presto per discuterne, ne riparleremo a maggio. Di sicuro c’è che nelle mie seconde stagioni ho sempre fatto grandi cose, portando le mie squadre alla vittoria. E certamente la possibilità di vivere un’estate tranquilla, con la possibilità di pianificare tutto con calma potrebbe costituire un presupposto estremamente importante”.

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