L’INIZIO DELLA SALITA, LA RINNOVATA FIDUCIA A MARCHINI, IL LAVORO OSCURO DI SASSARINI E UNA SOLA RICETTA: LA VITTORIA

Il momento più delicato della stagione è arrivato. Fiato alle trombe, dunque, il giorno del tanto atteso inizio del girone di ritorno è qui, dietro l’angolo. E saranno mesi intensi e di duro lavoro, con sette punti da recuperare e sei squadre da schiaffare, a maggio, nell’angolino delle deluse. A Ferrara, da adesso in avanti, per puntare all’unico e sicuro trampolino di lancio disponibile, bisogna rigare dritti come un fuscello e per farlo occorre vincere praticamente sempre al Mazza, perdere due volte in tutto se proprio ti gira male e non passare più di quattro domeniche con un misero punticino in saccoccia. I larghi giri di mercato degli ultimi giorni hanno chiarito che la forbice tra le diciotto contendenti si è assottigliata ancora, ma questo, alla Spal, oggi, poco può e deve importare: poiché squadra di rincorsa, per i biancazzurri resta pressoché immutata la soglia dei sessantasette (punto più, punto meno) per uscire da questo infernale girone dantesco e riveder, finalmente, le stelle. 

A Sassarini e al suo entourage il compito, tutt’altro che agevole, di evitare che il carrozzone si trasformi in una commedia all’italiana e, sempre all’allenatore spezzino, ecco aggiungersi anche l’ingrata responsabilità di dover gestire, un po’ troppo pubblicamente a dire il vero, uno spogliatoio che ha vissuto momenti di malumore, spesso arginati dagli interventi di Roberto Ranzani. L’ultima grana in ordine di tempo è quella riguardante Davide Marchini. Senatore d’eccellenza di un progetto ambizioso, voluto fortemente dallo stesso Ranzani e in estate per responsabilizzarlo, insignito, forse un po’ troppo frettolosamente dei gradi di capitano della squadra. I riflettori di casa nostra non si sono di certo accesi su un giocatore qualunque, ma sulla pietra miliare da cui questa Spal avrebbe dovuto ripartire, come più volte sottolineato anche dal presidente del sodalizio estense. Di buono e di improcrastinabile a questo punto, il confronto tra le parti, avvenuto proprio nella serata di ieri: la società, l’allenatore e il giocatore si sono messi intorno a un tavolo e hanno, finalmente, chiarito, o per meglio dire definito, la situazione. Innegabile che è dalla partita interna contro il Forcoli, coincisa con la prima panchina stagionale del capitano, che qualcosina ha iniziato a scricchiolare e da qui in poi, di pari passo con le sue condizioni fisiche tutt’altro che brillanti che non gli hanno più consentito di allenarsi con regolarità, è stato un susseguirsi di sfoghi più o meno malcelati e di mezze verità che si sono rincorse lungo le quattro mura piene di spifferi della nostra chiacchierona città. Ingredienti che, messi insieme, non hanno fatto altro che alimentare un nervosismo latente e, suo malgrado, lo hanno reso protagonista già contro Pistoiese e Tuttocuoio, a Castenaso e culminato addirittura con un rosso domenica scorsa, in una sgambata praticamente in famiglia e organizzata soprattutto per non perdere il ritmo e buttar giù qualche etto dopo i bagordi natalizi. Al giocatore, in odore di taglio fino all’altro ieri, è stata rinnovata la fiducia, con piena soddisfazione, si dice, tra le parti in questione. Anche se non è un mistero per nessuno che Benasciutti consideri il capitano un salasso che questa società non può permettersi di veder ammuffire tra tribuna e panchina. Capitolo chiuso quindi, almeno fino alla prossima puntata. Nel frattempo prendiamo atto che il patto tre le parti è stato rinnovato sulla base di una tranquillità doverosa che il ragazzo va cercando e di quell’obiettivo comune che, faticosamente, Sassarini, persegue da quando è arrivato al Centro di via Copparo. 

Ma non tutto il fardello può pesare sull’allenatore che, benché si senta legittimato nelle sue scelte da una fiducia immutata (ma non illimitata), non può ergersi a unico risolutore di questioni interne che vanno oltre l’aspetto puramente tecnico. Sassarini ha dalla sua quella competenza e quelle conoscenze in categoria che hanno portato, oltre all’ossatura portante della squadra in estate, la stessa, oggi, a giocarsi un posto a ridosso dei playoff. Senza, probabilmente, la Spal, che deve ancora mostrare al suo pubblico il miglior Cubillos (un altro che ha impresso il marchio di fabbrica dell’allenatore) avrebbe già abbandonato qualsiasi sogno e speranza in un campionato a cui nessuno di noi vuole e riesce più di tanto ad abituarsi. Una ricetta, una via di fuga a tutto questo, a dire il vero, esiste. Vale sempre, qui e adesso, forse, ancora di più: bisogna vincere, perché la polvere finisca sotto al tappeto. Perdere una partita e pareggiare quella dopo significa portare a soglia poco tollerabile di ebollizione il già precario equilibrio interno di una società in palese difficoltà alla voce gestione, che resta in piedi con quel sorriso forzato di ostentata sicurezza in una sorta di universo parallelo.

Verità inconfutabile è che la Spal, oggi, è settima e fuori da tutto (compresi gli inutili playoff che, comunque, bisognerà, su scala nazionale, nel caso, solo vincere, pensa un po’) ed è l’unica del lotto di testa a non avere, tra le altre cose, né un calciatore titolare che segni con regolarità la domenica e, molto probabilmente, neppure un bomber da quindici gol a stagione in rosa. Per ovviare servirà una prova di gruppo praticamente perfetta: il miglior Rocchi, il miglior Laurenti, il miglior Marchini, il miglior Marongiu, servirà il centro per cento dai vari Gallo, Cintoi, Nodari e Calistri. Serviranno lo sprint di Shqypi, la grinta di Braiati, le geometrie di Marcolini accompagnate da una costante crescita dei vari Rosati e Massaccesi oltre al già citato Cubillos. Li aspettiamo tutti, vincenti di ritorno da una crociata che ha il sapore delle sfide antiche. E, servirà, questo sì, un vero e proprio colpo da maestro, come uno di quelli che a Sassarini tanto bene è riuscito in tempi non troppo lontani a Piancastagnaio. Anche se si sa che a Ferrara, con tutto il rispetto, un po’ come a Venezia, si suona tutta un’altra musica e dove le pressioni e le aspettative sono, giustamente, dieci, cento, mille volte maggiori. 

Che l’Epifania con il Mezzolara torni a manifestare, nel senso più alto del termine che porta, il vero valore dei biancazzurri, solo a tratti ammirato a dire il vero, nella prima parte di questo torneo. Vincere o niente, quando ancora, a Ferrara, del doman non v’è certezza, non è differenza di poco conto a queste latitudini. Lo sanno bene i giocatori, lo sa ancora meglio la dirigenza, lo sa ancor di più il sempre encomiabile pubblico rimasto. E lo sappiamo bene anche noi. Forza Spal!

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