DOPO I GIOCATORI ANCHE LO STAFF SANITARIO SUL PIEDE DI GUERRA: FARE CALCIO COSI’ E’ IMPOSSIBILE

Riccardo Vitali è il responsabile sanitario dei biancazzurri dallo scorso mese di agosto. Poco più che quarantenne, sposato e padre di una bambina ancora in tenera età, è il titolare del centro riabilitativo e traumatologico “Idrokinetik” con due sedi, una a Occhiobello nel rodigino e l’altra, da settembre 2010, a Copparo. Già responsabile di svariati corsi di Primo Soccorso in tutto il Nord Italia, il camice bianco di origine ferrarese ma specializzato in Traumatologia dello Sport all’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, dopo aver mosso i primi passi insieme all’attuale responsabile sanitario del Bologna Gianni Nanni all’Isokinetic, ha conosciuto il mondo del calcio con la Giacomense di Walter Mattioli, dove ha vinto la serie D con mister Benuzzi in panchina. Con un’esperienza ormai decennale nel trattamento di atleti professionisti, il dottor Vitali ha scelto le nostre pagine per sfogare tutta la sua amarezza e frustrazione per il momento societario delicatissimo che sta attraversando la Spal ma che, inevitabilmente, sta avendo pesanti ripercussioni non solo sul suo operato, ma anche su quello di tutto il suo encomiabile staff. “Dall’inizio del campionato lavoriamo in condizioni che definire complicate è un eufemismo. Non parliamo solo di soldi – attacca il medico – qui c’è molto di più in ballo, c’è uno staff intero che ha lavorato fino ad oggi in maniera impeccabile e si è comportato come un gruppo di veri professionisti ma che non può dire altrettanto della società e di chi la gestisce. Evidentemente, arrivati a questo punto, mi viene da pensare che la proprietà sia stata bravissima solo al momento di promettere come ha fatto ai tempi di Valbonella (in ritiro, ndr) ma quando siamo arrivati al dunque tutti gli accordi e i progetti in ballo sono stati puntualmente disattesi. Mi permetto di farmi io, adesso, da portavoce di tutto il disagio che cova il mio gruppo, fare calcio in queste condizioni è impossibile”.

Lo staff sanitario vale sei punti a stagione – “La gente ha bisogno di chiarezza. Io per primo, che oltre a essere medico di professione sono anche un imprenditore perché titolare di due cliniche, chiedo ed esigo trasparenza, altrimenti non mi ci siedo neanche a un tavolo per discutere e programmare un lavoro su base annuale. Quello che mi era stato proposto e pattuito ad agosto dalla Spal non è coinciso con quello che è stato mantenuto. Di arrivare ad accordi su base ‘spannometrica’ o, peggio ancora, di cose fatte a braccio o a sentimento non ci penso neanche. Non esiste, sia per una questione etica e professionale, sia perché, soprattutto, ho rispetto enorme della squadra, dei giocatori e dei miei più stretti collaboratori. Con la salute non si scherza. Io sto facendo e ho fatto il mio con la massima serietà e rigore professionale e so di essere nel giusto al pari di quei ragazzi che vanno in campo ogni domenica. Per questo pretendo che anche dalla controparte sia fatto altrettanto. Cosa mi ha convinto a dire di sì? Il solo e unico uomo vero di calcio di questa società: Roberto Ranzani. Non avevo mai avuto il piacere di parlare con lui di persona. Era agosto, caldo infernale. Ci siamo seduti all’aperto in un bar di Ferrara, in quello che era ed è stato il suo ufficio per molti mesi. Capisco che la cosa possa fare ridere e piangere allo stesso tempo, ma è la pura verità. Quando si lamentava che non aveva neanche una sedia o che faceva mercato dalla sua auto diceva solo come stavano le cose realmente. E l’hanno ascoltato in pochi. Mi disse che, secondo la sua esperienza, uno staff sanitario valido, se messo nelle condizioni migliori di poter lavorare, avrebbe potuto garantire dai cinque ai sei punti a stagione. Condividevo ogni singola parola. Ho subito capito di trovarmi di fronte a una persona che, se ben assistita, avrebbe permesso alla Spal di raggiungere gli obiettivi prefissati. Se ho taciuto e sono rimasto nell’ombra fino a oggi è solo per Roberto Ranzani e per la sua figura”.

Riavvolgiamo il nastro – “Ad agosto 2012 mi chiama Roberto Benasciutti e mi chiede la disponibilità per il ruolo di responsabile sanitario della società biancazzurra. Io sono ferrarese e non ho mai lavorato nella mia città, sono stato quattro anni alla Giacomense ma, come la gente potrà ben capire, con tutto il rispetto, la Spal è sempre la Spal. Era un’occasione da prendere al volo pur con tutti i rischi del caso, perché, anche se era estate piena, già si percepiva quell’aria frizzantina che sa tanto di impresa, sia calcistica ma, soprattutto, societaria. Presi appuntamento, come detto, con Roberto Ranzani. Non he ho fatto assolutamente un discorso economico. Non deve passare che qui il problema sia quello che non ho guadagnato, semmai quello che ho perso, perché arrivo alla fine della stagione in palese difetto. E’ una questione di principio. Io sapevo da agosto che non avrei potuto pagare il mutuo che ho stipulato per la mia famiglia e il futuro di mia figlia con i soldi che mi aveva promesso la Spal. Per fortuna ho un’altra attività, oltre la Spal, che per me è stata soprattutto scelta di vanto personale e prestigio: ho le mie cliniche e i miei pazienti che mi tengono impegnato durante il giorno. Ma, insieme a me, lavorano persone che della Spal ne fanno un lavoro a tempo pieno e hanno rinunciato ad altri incarichi pur di rimanere fino alla fine al fianco di questi giocatori, uno su tutti il fisioterapista Davide Marzi. Dire che Davide è bravo è un eufemismo. Te lo potrà confermare, io lo chiamo “Lo sciamano” perché è un eccellente professionista, uno dei vanti di questa società e passato clamorosamente nell’ombra e trattato come l’ultima ruota del carro. Non posso tollerare che un ragazzo poco più che trentenne, fidanzato, arrivi a non avere più un euro per mangiare. Che venga da me e mi dica che ha dovuto rinunciare a due giorni di vacanza prenotati cinque mesi prima con la sua fidanzata perché qui, in cambio del tuo lavoro, ti fanno delle promesse e non ti danno un centesimo, mentre tu avevi investito cuore, anima e passione in questa avventura. Stiamo giocando sulla pelle della gente. Stiamo scherzando secondo me. Non ci rendiamo conto che certe situazioni devono finire, anzi, dovrebbe esserci qualcuno che vigila e non dovrebbe neanche farle cominciare. Ho il voltastomaco”.

Ciò che doveva essere ma non è stato – “Voglio rendere pubblica la mia situazione contrattuale perché, molto probabilmente, qualcuno pensa che fare il medico della Spal sia un po’ come essere una gallina dalle uova d’oro. Mi sono accordato con la società per la mia presenza al campo due volte a settimana, prevalentemente il martedì e il giovedì. In aggiunta a questo ho garantito senza problema alcuno le mie prestazioni nelle partite domenicali in casa (come richiesto da regolamento, pena la sconfitta a tavolino 0 a 3, ndr). In trasferta non sono mai andato perché non c’è obbligo del medico sociale. I giocatori sono stati assicurati attraverso la compagnia del sottoscritto a cifre irrisorie (si parla di meno di cento euro a testa, ndr). Ho garantito la costante e pressoché quotidiana presenza al campo del servizio ecografico, ho stabilito che gli infortuni più importanti potessi gestirli io e quelli di media gravità, invece, la società iniziasse a farsene carico dall’undicesimo calciatore infortunato in poi. Attualmente ho un elenco di quindici giocatori dall’inizio della stagione in corso, questo vuol dire che aspetto la retribuzione per cinque calciatori. Non solo. Ho chiesto un compenso di trecento euro al mese mettendo, altresì, a disposizione piena e completa della Spal le mie due cliniche a Copparo e Occhiobello. Fino a oggi (10 aprile, ndr), ho visto una mensilità su otto. Naturalmente non lavoro da solo. Con me c’è Fabrizio Aggio, che è uno medico specializzando, c’è, come ho detto prima, ‘Lo sciamano’ Davide Marzi e, fino alla gara prima di quella disputata a Bagnolo in Piano, c’era anche ‘Bubu’ Mantovani, l’altro mio terapista e massaggiatore. In seguito si è aggiunto Ermanno Turolla. L’addio di Mantovani? Pur rispettando la sua scelta a me è sempre piaciuto pensarla così: se decidiamo di ballare lo dobbiamo fare tutti e fino alla fine. Lo staff sanitario è un monolite e tale deve, o meglio dovrebbe, essere. Di ‘Bubu’ ho la massima stima, continuiamo a lavorare regolarmente insieme al di là dell’azienda Spal, è un professionista serio, competente e preparato e tra di noi non esistono problemi. Ma mi sarebbe piaciuto averlo al mio fianco fino alla fine”.

Se manca la comunicazione è finita in partenza – “Ho sempre pensato che alla base di una solida azienda ci dovesse essere oltre alla chiarezza e alla trasparenza, anche un dialogo pulito e sincero. Non hai un soldo? Perfetto, me lo dici e a quel punto avrò anche il diritto di incazzarmi come un leone e di dirtene di tutti i colori, ma almeno ti do atto di essere stato uomo fino in fondo e di avermi detto la verità. Sembrerà poco, ma a volte è sufficiente per tenere le porte tutte chiuse e doppia mandata. E’ mancata la comunicazione fin dal primo giorno. Mi ha accolto Livio (Zecchi, ndr) a Valbonella. Ci hanno raccontato, Benasciutti prima e Mazzoni poi, a me, che vivo quotidianamente lo spogliatoio con tutti i giocatori, e al mio staff che se avessimo fatto qualche sacrificio avremmo fatto il bene della società, garantendone una cessione pressoché certa e in mani economicamente più stabili. Quando, dopo otto mesi, siamo ancora lì a ripetere la stessa storia, forse inizi a pensare che il pesce puzza dalla testa e non c’è santo che tenga, la fiducia va a farsi benedire. E’ chiaro il concetto no?”.

Pubblicità – “Da imprenditore e titolare delle due cliniche, ma da camice bianco quale sono più che da colletto bianco nel quale non mi identifico, insieme alla società avevamo stabilito che la mia azienda sarebbe dovuta comparire nella cartellonistica allo stadio e sul sito ufficiale della società. A oggi io non sono a conoscenza né se esiste un sito ufficiale della società – perché a parte l’avermi chiesto il logo della mia azienda nessuno mi ha mai più comunicato nulla in merito – né se quando parlavano di cartellonistica si riferivano a quei due rettangoli di dimensioni ridicole posti dietro le panchine che vedi solo se ti sporgi dalla tribuna rischiando anche di cadere giù. A posteriori cosa devo dire? Magari è una di quelle sponsorizzazioni, chiamale così, che non rimpiango neanche un po’. La Spal è altro”.

Settore giovanile – “All’inizio della stagione, insieme a Giacomo Laurino responsabile del settore giovanile della Spal fino all’altro ieri, previ accordi presi sempre con la società, avevamo pensato che il sottoscritto potesse occuparsi anche dei ragazzi delle squadre giovanili. Analisi posturali per prevenire eventuali infortuni e problemi in fase di crescita, approfonditi esami strumentali e il tutto in collaborazione con Luca Franzon, osteopata di indubbie qualità che già negli anni passati ha prestato i suoi servizi alla società biancazzurra. Risultato: abbiamo rimandato di mese in mese fino ad arrivare a gennaio quando, arrivati a quel punto ho tranquillamente detto alla società che un’analisi posturale a metà di una stagione agonistica era una cosa folle e totalmente priva di senso”.

Solo con i giocatori e fino alla fine –
 “Nel comunicato letto dai giocatori dopo la partita giocata contro l’Atletico Castenaso Van Goof lo scorso ventotto marzo c’è anche la mia firma. Questo perché io, il mio staff e la squadra siamo una cosa sola. L’allenatore? Con Sassarini non ho mai avuto un dialogo né, credo, l’avrò mai. Parlavamo attraverso terzi. Ho sempre pensato che tutti devono solo pensare a fare bene il proprio mestiere e non mettere naso in quello degli altri. La chiamo presunzione e arroganza. Chiunque si permetta di giudicare o non prendere per buono il mio lavoro con me ha chiuso e la società questo lo sapeva fin dal primo giorno. Io per primo mi metto in discussione quotidianamente e i giocatori ne sono buoni testimoni: regolarmente vanno, quando è nelle possibilità, a un secondo consulto. Questo non perché sono un medico imbecille ma perché ritengo che un giocatore, come tutti i pazienti di questo mondo, abbiano il sacrosanto diritto di avere un altro parere. Nella vita si sbaglia, ammetterlo e chiedere eventualmente scusa, fa parte delle normali relazioni. Avevo messo in chiaro che avrei preso ordini solo da una persona: Roberto Ranzani. Non sono uno che fa quello che dice un allenatore, figuriamoci se poi lo fa un preparatore. I giocatori sono da me quotidianamente. Terapie e massaggi sono garantiti a tutti dal sottoscritto e dal mio staff senza che loro spendano un euro. Capisco perfettamente che qualcuno là fuori penserà che sono a metà strada tra un coglione e una onlus, a me però piace pensare di aver fatto bene il mio lavoro e di aver trattato questi ragazzi fino alla fine non come se fossero delle macchine da guerra da mandare il campo il prima possibile e magari rovinare ma, prima di tutto, come uomini e ragazzi qualsiasi. Una parentesi sul materiale medico e fisioterapico: io e ‘Bubu’ avevamo stilato una lista di quattromila euro di materiale ad agosto. Arrivò uno scatolone grande come un computer portatile del valore di mille euro. Finita la scorta, dopo due mesi, a turno Vitali, Marzi e Mantovani hanno iniziato ad andare nelle loro tasche per garantire adeguata copertura medica ai giocatori. Un’altra parte di materiale è arrivata a marzo, decisamente fuori tempo massimo”.

Dignità, rispetto, sincerità, professionalità e onestà – “Cosa è mancato? Dignità, rispetto, sincerità, professionalità e onestà. Per tutti. E’ mancato un progetto. Siamo stati alla finestra fino a ieri ad aspettare i miracoli, poi, quando hanno capito che non c’era più nulla da fare, hanno tentato proprio di defenestrarci facendo passare addirittura i ragazzi per dei mercenari. Fare calcio in queste condizioni è impossibile”.

L’intervista è stata realizzata mercoledì 10 aprile quando ancora non era entrato in vigore il silenzio stampa imposto dalla società, preventivamente avvisata della realizzazione e conseguente pubblicazione.

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