PAOLO CHEZZI, TRA IL SUO CASTELFRANCO AI PLAYOFF E IL FUTURO DELLA SPAL: I COLOMBARINI SAREBBERO UNA DIRIGENZA ALL’ALTEZZA

Si scrive Virtus Castelfranco, si legge Famiglia Chezzi. Paolo, un passato da calciatore fino alla C col Carpi prima di essere fermato da una pleurite, è il massimo dirigente dei biancogialli. Il figlio Marcello è l’allenatore della prima squadra. La figlia Greta ricopre i ruoli di contabile, segretaria e addetto stampa della società modenese. Con buona pace della signora Deanna, l’unica in famiglia a non essere coinvolta direttamente nelle vicende calcistiche virtussine.

Sig. Chezzi, la vostra stagione può ritenersi ampiamente positiva, visto il piazzamento in campionato e la qualificazione ai playoff attraverso la Coppa Italia dilettanti.
“Sì, decisamente. La qualificazione ai playoff è una grande conquista. Giocheremo i quarti di finale il 26 maggio, ma non sappiamo ancora dove e con chi. Se vinceremo, andremo in semifinale; sarà ancora una partita secca, ma stavolta in campo neutro”.

Quante probabilità ritiene ci siano di essere promossi tramite i playoff?
“Mah, è una domanda cui non so rispondere. Credo possano avere delle chances le prime due classificate, forse le prime quattro, non di più. Comunque c’è un premio di 25.000 Euro per la prima, e 15.000 per la seconda, che non viene però erogato se la squadra è promossa”.

Preferirebbe il ripescaggio o il premio in denaro?
“Non so se faremmo la C2. Senz’altro ci sarebbe bisogno di ritoccare lo stadio, ma non credo che l’amministrazione comunale si accollerebbe la spesa. Comunque non mi sono posto il problema, perché prima bisogna acquisire il diritto di salire di categoria. Faccio calcio da tanti anni, pago gli stipendi regolarmente, e fare il passo più lungo della gamba significherebbe fallire”.

Da quanto tempo ricopre la carica di presidente?
“Dal 2010, ma sono nella società da trentadue anni, col ruolo di direttore sportivo. Sono entrato con la squadra in Terza Categoria, e poi piano piano abbiamo scalato tutte le categorie fino alla serie D. La soddisfazione più grande me l’hanno data i tanti giocatori cresciuti o passati da qui, per poi finire tra i professionisti. Mi vengono in mente Varricchio (ora alla Giacomense), Di Gaudio (Carpi), Di Maio (Lecce), Lepore (già Lecce e Varese), Koffi (già Modena), ma ce ne sono tanti altri”.

Com’è il vostro settore giovanile?
“Importante: abbiamo venti squadre. La nostra Juniores era nel girone della Spal, e devo dire che avete una gran bella squadra; Albiero è un ottimo allenatore, che sa esprimere un gioco molto bello, nonostante la squadra sia più giovane delle altre concorrenti”.

Della prima squadra spallina cosa pensa invece?
“Ha almeno cinque o sei giocatori di un’altra categoria. Penso ad esempio a Calistri e Laurenti. Forse le è mancato un bomber, magari un portiere giovane di livello superiore, e poteva vincere il campionato”.

Domenica sarà la classica partita di fine stagione, giocata in ciabatte?
“Credo che le squadre onoreranno lo spettacolo, anche se, indubbiamente, nessuna delle due squadre avrà stimoli, perché la Spal è fuori dai playoff e anche per noi il risultato conta nulla”. 

Giocherete coi giovani e le seconde linee?
“Abbiamo giocato le ultime due partite coi ragazzini, mentre domenica credo rientrerà qualcuno dei titolari, perché dobbiamo provare la squadra per i playoff che si stanno avvicinando. Scarpa e De Vecchis non ci saranno perché squalificati”.

Ha vinto il campionato la squadra migliore?
“Direi di sì, almeno quella con più carattere e determinazione. Con pochi ritocchi i dirigenti del Tuttocuoio hanno trasformato la squadra che l’anno scorso aveva sfiorato i playout, e che quest’anno ha impressionato per agonismo e cattiveria sportiva. La Massese era forse tecnicamente superiore, ma è partita male, mentre il Tuttocuoio ha sbagliato pochissimo, e ha meritato”.

La vostra società può ritenersi a gestione familiare, vista la presenza nell’organigramma dei suoi figli.
“Da qualche anno è così, ma c’è anche un consiglio d’amministrazione. Mia figlia si occupa della contabilità, della segreteria ed è il nostro addetto stampa, perché noi siamo poveri, e dobbiamo fare un po’ di tutto. Mio figlio, pur avendo solo trentasei anni, vanta già l’esperienza di otto campionati di serie D, con la qualificazione ai play off negli ultimi tre. L’anno scorso sembrava dovesse finire alla Giacomense, ma poi non se ne fece nulla. Menegatti, l’ex direttore sportivo della Giacomense, mi ha detto che ci avevano pensato, poi è subentrato Vagnati che ha preso Gallo”.

Sono più i pro o i contro a lavorare in famiglia?
“Sicuramente c’è un rapporto di fiducia che è importante, ad esempio per mia figlia, che ha un ruolo amministrativo. Nel discorso tecnico, poi, non m’intrometto. Nella costruzione della squadra sì, perché oltre al presidente faccio il mercato, insieme con l’allenatore. Abbiamo uno staff tecnico molto unito, di cui fanno parte anche gli ottimi preparatori”.

Sua moglie come vive questa situazione in casa?
“E’ un po’ una vittima. E’ appassionata, questo sì, viene a vedere le partite, ma non è competente e non s’interessa più di tanto. In casa, comunque, ci siamo solo noi due e mio figlio, perché mia figlia è già sposata”.

C’è mai stato un momento in cui è stato vicino a esonerare suo figlio?
“No, perché con lui abbiamo sempre ottenuto ottimi risultati, giocando campionati quasi di vertice, nonostante un budget che non supera i duecentomila euro, allenatori compresi. Se ci fosse una situazione compromessa, la società (perché non decido solo io) lo farebbe, ma finora non abbiamo mai avuto momenti di grande difficoltà. Oltretutto, il nostro obiettivo all’inizio di ogni campionato è sempre la salvezza. Tutti gli anni partiamo piano, e poi integro la rosa in corsa, andando a prendere qualche giocatore che prima non ci potevamo permettere. Anche quest’anno è successo con Cortese, che ha dato una svolta al nostro campionato. L’abbiamo preso a dicembre, quando la Pistoiese l’ha lasciato andare e costava la metà di quanto chiedeva pochi mesi prima. Per contro, abbiamo liberato De March e Scaioli, che avevano fatto bene con la Giacomense, mentre qui da noi non si sono ripetuti”.

Gli incroci con la Giacomense sono frequenti. Avrà senz’altro sentito parlare della possibilità che la Spal riparta dalla Lega Pro col titolo sportivo dei grigiorossi, anche se negli ultimi giorni sembra sia sfumata. Cosa pensa della loro dirigenza?
“Abbiamo buoni rapporti da diversi anni, è un gruppo serio e collaudato, che non fa figure barbine. Sicuramente per la Spal sarebbe la soluzione migliore se andasse in mano a gente locale, e quella della Giacomense è una dirigenza all’altezza, mentre con gente da fuori non si sa mai chi viene. Non mi addentro nelle vostre questioni societarie, anche se ho letto tutto. Dico solo che il vostro presidente, se sapeva che avrebbe avuto dei problemi durante la stagione, doveva fare una squadra per salvarsi, e la piazza doveva capire, a meno che qualcuno abbia mancato la parola data. Voglio chiudere quest’intervista dicendo una cosa. La Spal merita una dirigenza forte e solvibile; giocare contro la Spal mi sembra un sogno, ma mi auguro che torni ai fasti che le competono, anche perché quando siamo venuti a giocare a Ferrara ho trovato un pubblico corretto e appassionato. Le sofferenze finiscono nel momento in cui c’è un progetto serio: a quel punto ci vuole poco a tornare su”.

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