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In vista dell’importantissimo match tra Mantova e S.P.A.L. abbiamo intervistato Samuele Olivi, difensore centrale dei biancorossi e veterano di lungo corso della serie cadetta, uno degli uomini più rappresentativi della formazione virgiliana. Con lui abbiamo affrontato i temi della sfida, ma anche percorso il viale dei ricordi.

Samuele, ci siamo. Domenica si gioca Mantova-SPAL e sarà una partita davvero importante. Come vi state preparando?
“Ci aspettiamo una partita intensa e tutta da giocare. Per noi è una vera finale, sono le ultime occasioni per rimanere tra le prime otto, e dobbiamo approfittarne ad ogni costo, tenendo anche un occhio a cosa farà la Torres dietro di noi. Ci aspettiamo quindi un match difficile, anche alla luce delle qualità della SPAL. Ho visto che Varricchio ha qualche problema e salterà, ma questo non vuol dire che sarà più semplice, Gadda ha tante opzioni e sicuramente la squadra scenderà in campo pronta. E’ una di quelle partite che vengono vinte da chi saprà tenere i nervi più saldi e giocare con più tranquillità, nonostante l’importanza della posta in palio”.

Che opinione di sei fatto della SPAL?
“E’ una buonissima combinazione di giovani e anziani. Poi conosco bene Gadda, ho giocato con lui a Cesena. Come allenatore non l’ho mai visto, ma come giocatore è uno che mi ha fatto crescere molto. E’ sicuramente un uomo di calcio, e come persona è uno che non può sbagliare”.

Anche nel Mantova ci sono due ex spallini, Alessandro Vecchi e Jacopo Fortunato.
“Sono due ragazzi eccezionali. Magari quest’anno hanno giocato un po’ di meno, però ogni volta si sono fatti trovare pronti, e non escludo che nei prossimi anni possano avere possibilità più importanti per le qualità le hanno”.

Che si può dire invece del tuo Mantova? Non si può negare sia stata una stagione complicata.
“Sì, specie nei primi mesi abbiamo perso per strada davvero molti punti. In base alle nostre aspettative avremmo dovuto raggiungere la salvezza già da tempo, però così non è stato. Alla fine ha pagato il mister con il suo esonero, e anche se dopo il cambio è effettivamente iniziata una rincorsa incredibile, io non mi sento di dare tutte le colpe a lui, ma credo ci sia stato un problema di approccio da parte di tutti. Ovviamente è difficile dirsi contenti di questa stagione, è stata una gran battaglia che un po’ ci si siamo cercati con tutti i punti che ci siamo mangiati. Ora la stiamo ancora combattendo e speriamo di riuscire a salvarci”.

Anche i tifosi non sembrano molto contenti della stagione, abbiamo visto un po’ di contestazione a Mantova.
“I tifosi ci hanno sostenuti sempre. Purtroppo qui a Mantova da tanto tempo si aspetta di salire in campionati più importanti e noi avevamo fornito finalmente delle aspettative concrete. Così, quando le cose hanno preso una piega diversa, c’è stato un po’ di malumore. In un certo senso posso capirli, anche io sono un tifoso, e capisco che si possa avere voglia di calcio più importante”.

Di sicuro non è la prima volta che hai a che fare con della pressione. Qual è stata l’esperienza più importante della tua carriera?
“Nonostante abbia giocato in serie B per circa quindici anni, forse l’esperienza più bella è stata col Pescara in C. Ricordo che ero un po’ titubante sull’accettare, però il progetto era molto importante ed evidentemente ambizioso, così decisi di starci, e fui abbondantemente ripagato. Quell’anno abbiamo guadagnato la promozione in B, e poi, sempre nella serie cadetta, abbiamo fatto un ottima stagione, che è stata il preludio all’arrivo di Zeman e alla grande promozione in A, dove io però ero già andato via”.

Hai comunque avuto l’occasione di lavorare con Zeman prima di Pescara.
“Sì, per tre anni alla Salernitana, e penso di averlo conosciuto un po’”.

Che personaggio è il boemo?
“E’ un bel personaggio, e non credo abbia bisogno di molte presentazioni. E’ un bravissimo allenatore, e da  quando l’ho conosciuto è cambiato praticamente niente. Ha sempre le sue idee, che porta avanti nonostante tutto, e continua a voler fare tutto lui, curando personalmente ogni aspetto, dalla tattica alla preparazione atletica. Lo stimo molto, anche se forse a giocare con lui si divertono più gli attaccanti che i difensori”.

C’è un aneddoto in particolare che ti piace ricordare?
“Beh, è un personaggio strano. Ricordo che arrivava sempre dopo, ad allenamento iniziato, e tante volte quando vedeva delle erbacce in campo si perdeva per delle mezz’ore a toglierle. Poi arrivava, e diventava subito un grande rompiscatole: che sia un perfezionista è risaputo e così si stava tranquillamente delle ore intere a fare e rifare tutto finché  non era contento. Ma anche questa cura dei dettagli è una delle sue caratteristiche più belle. Forse tra di noi non c’è stato un grande feeling, ma ripeto, ho una grande stima di di lui”.

Hai avuto anche una lunga esperienza in Nazionale, per tutte le giovanili fino all’Under 21.
“Sì, e sono state esperienze indescrivibili. Ho cominciato dall’under 15 fino all’under 21. E’ un passaggio che auguro a tutti giovani che iniziano a giocare a calcio. E’ un continuo di gioie e soddisfazioni veramente importanti e che sanno dare grande motivazione per migliorarsi continuamente in questo sport”.

Poi appunto tanti anni in serie B e anche lì parecchie soddisfazioni.
“Assolutamente, soprattutto quell’anno a Piacenza in cui incontrammo la Juventus. Una squadra in B che però conservò tutti i suoi elementi da serie A: campioni con Del Piero, Trezeguet, Buffon, Nedved. Erano davvero tanti, forse anche troppi, perché le partite contro di loro erano delle belle strapazzate. In casa a Piacenza ricordo ancora la doppietta di Trezeguet. Incontrarli è stato un grande onore e una bella occasione. Quell’anno poi anche la nostra era una formazione di grandissimo spessore: avevamo Cacia, Campagnaro, Sardo, Nocerino, tanti giocatori davvero importanti, fu una bella stagione, e chiudemmo con un buonissimo quarto posto, dietro a Juve, Genoa e Napoli”.

Alla luce di questa tua grande esperienza tra i professionisti, come giudichi questo campionato di Lega Pro così particolare che sta per finire?
“Direi che è stato un campionato veramente difficile, anche oltre alle aspettative. Livello molto alto, ottimi giocatori e tanti ottimi giovani. Io seguivo già la lega Pro, perché ci giocano tanti amici, però non pensavo fosse così impegnativa. Quest’anno poi complice è stata sicuramente la riforma e la voglia di agguantare i primi otto posti. Questo ha portato un innalzamento del livello generale, anche se non senza sorprese. Tante squadre partite da sfavorite poi hanno fatto veri miracoli in campo, mentre altre, tra cui anche noi, sono partite come favorite, salvo poi avere risultati diversi da quelli sperati. E’ stata una stagione davvero complessa, a tutti i livelli, anche per i singoli giocatori. Prendiamo ad esempio qui a Mantova Luciano, un grandissimo professionista con tanta serie A alle spalle, che sembrava poter fare il disastro in Lega Pro. Si è invece trovato in un calcio diverso, più pesante, e molto impegnativo, e quindi non è riuscito a brillare come si pensava”.

Un’altra particolarità che ha segnato questa stagione è stata la regola dell’età media, e tu sei stato tra i critici di questo regolamento.
“Sì, credo siano regole un po’ da rivedere. Ne abbiamo parlato anche con l’AIC, e spesso è difficile capire il vero  perché di queste norme. Secondo me non sono il modo migliore per valorizzare i giovani. Molto, troppo spesso, l’esclusione dal campo per un ragazzo è questione di un anno, e le scelte si riducono ad un mero calcolo che spesso ha poco a che fare con le logiche del calcio. Non sono convinto che sia la strada migliore”.



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