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Dopo la grande vittoria sul campo di Reggio Calabria di domenica scorsa, ci è sembrato il caso di fare quattro chiacchiere con uno dei veri protagonisti del roster biancazzurro. Daniele Casadei a Ferrara si è ritagliato il ruolo di vero uomo spogliatoio della squadra, del trascinatore dentro e fuori dal campo che con la sua carica agonistica e le sue triple può sempre portare il gruppo alla vittoria. Un romagnolo che domenica spera di dare un dispiacere a Ravenna nel sempre sentito derby tra giallorossi e biancazzurri.

Daniele, iniziamo guardando indietro: domenica avete finalmente rotto il digiuno di vittorie in trasferta. Cosa vi è scattato dentro per riuscire a tenere il campo in quel modo e strappare la vittoria a Reggio Calabria?
“Ci si prova tutte le volte, ma non sempre ci si riesce. Sicuramente la voglia di rivalsa dopo la sconfitta interna contro Matera e la voglia di dimostrare il nostro valore hanno giocato un ruolo decisivo nella partita. Questo, abbinato a un ritrovato Huff, a un Hasbrouck che ha giocato una partita eccezionale, Michele Ferri molto preciso al tiro e Benfatto che è stato decisivo anche nelle ultime situazioni della gara ha contribuito al risultato positivo”.

Parlando di queste prime sette partite, cosa secondo te è andato e che cosa invece, è ancora da migliorare?
“Sicuramente vanno e vanno molto bene, i momenti in cui riusciamo davvero ad esprimere il nostro basket, quello che ci proponiamo giornalmente in palestra, ovvero fare girare la palla, coinvolgere tutti nell’azione e trovare un uomo libero per un tiro comodo. Rispettando questi principi le nostre percentuali aumentano sensibilmente e possiamo tenere testa a tutte le squadre. Non va bene invece, quando abbiamo quei blackout di cui molti ne sono già stati testimoni. Non riusciamo ne ad uccidere la partita quando siamo in vantaggio di una decina di punti, né a recuperarli quando siamo in svantaggio. A Reggio Calabria, fortunatamente, i blackout sono stati corti e quando ci sono stati siamo stati bravi a rimanere uniti e non crollare”.

Rispetto alla stagione precedente la squadra è molto cambiata sul piano tattico. Come è stato l’adattamento a questi nuovi principi per voi che c’eravate anche l’anno scorso?
“È un processo lungo, purtroppo. Nonostante ci siano state molte conferme dall’anno scorso, e questo chiaramente ci facilita, il sistema di gioco è effettivamente molto diverso. Paradossalmente ci troviamo più in difficoltà perché siamo in sei dall’anno scorso abituati a giocare in un’altra maniera. Però i primi risultati si stanno vedendo, la strada è già tracciata e sappiamo che ci potrà portare davvero lontano. Certo non è mai facile mantenere quaranta minuti di continuità su questa traccia, ma bisogna provarci sempre”.

Nei giorni successivi alle due sconfitte consecutive (Omegna e Matera) si è parlato molto del fatto che alla base di questi risultati ci fossero problemi in spogliatoio. Cosa puoi dirci al riguardo?
“Secondo me sono state fraintese le parole dette da Furlani in conferenza stampa. Quello che il coach voleva dire con ‘problemi in spogliatoio’ non è riferito a malumori, litigi o incomprensioni personali, ma solamente a un’unità di intenti che non si riusciva a trovare. Il mio punto di vista dall’interno è che non si riusciva a trovare un equilibrio in campo, più che in spogliatoio. La gente non capiva come fare per poter essere davvero utile e funzionale al nostro sistema di gioco. A Reggio Calabria abbiamo visto un primo accenno di questo sistema e di quello che ognuno con le sue capacità deve dare e i risultati sono arrivati”.

A proposito dello spogliatoio, i nuovi acquisti di quest’anno come si sono integrati?
“Benissimo. Hasbrouck mi sorprende ogni giorno, nel senso che è un giocatore con il suo pedigree, ha fatto NBA, Serie A e campionati di primo livello in altri paesi europei, ma in questa situazione si è calato perfettamente nella parte. È allo stesso tempo leader e guascone, ride e scherza con noi e in campo è un gran lavoratore. Castelli è un giocatore che sembra fosse con noi dall’anno scorso per quanto bene si è integrato. Huff è quello che come carattere si integra un pochino di meno, è molto timido, alla prima esperienza fuori da casa, ma è comunque un giocatore che non crea assolutamente nessun problema, anzi, è un ragazzo d’oro. È chiaro che in un gruppo non si possono avere dieci leader o dieci simpaticoni, perché ognuno ha il suo carattere, è un mix di personalità messe in uno spogliatoio. Però mi sento di dire che siamo un bel gruppo, compatto e affiatato; gli unici problemi che abbiamo incontrato fin ora sono puramente di natura tattica”.

Hai citato Troy Huff:  a cosa è dovuto il suo inizio problematico?
“Il suo più grande ostacolo è capire appieno la pallacanestro europea. Lui è sempre stato abituato a giocare in una certa maniera ed è difficile adattarsi. Ti faccio un esempio: la virata. È un movimento che negli USA non viene sanzionato con l’infrazione di passi come da noi ed è un movimento che lui usava spessissimo. Gli è capitato più volte di partire lanciato, iniziare il movimento e perdere un pallone perché non si ricordava che qui da noi fischiamo l’infrazione. Sono cose che con il tempo passano, ti abitui a giocare in una maniera diversa, ma che all’inizio pesano tantissimo sul singolo. Solitamente si prende fiducia giocando su quei tre o quattro movimenti che sai di saper fare bene, improvvisamente te ne vengono tolti uno o due per regole oppure per il diverso modo di intendere il gioco ed ecco che anche la fiducia vacilla”.

L’ottima prestazione di domenica può avergli dato una decisiva iniezione di fiducia?
“Assolutamente sì, l’ottima prestazione lo ha sicuramente galvanizzato. Lui ha comunque sempre lavorato bene in palestra in questi mesi e ha fatto un ottimo precampionato. Però, come tutti sappiamo, la pre-season non è nella maniera più assoluta comparabile al campionato: non ci sono le difese tattiche, non c’è lo stesso mordente che si ha nelle partite ufficiali e forse lui pensava di poter giocare tutta la stagione come nelle amichevoli. Invece è tutto un altro paio di maniche e l’ha scoperto nella maniera più dura. La partita di domenica scorsa probabilmente gli ha restituito la consapevolezza di saper giocare, di saper fare canestro e di essere utile alla squadra. Ora non ci resta che vedere domenica, in cui saremo tutti attesi per una controprova importante, contro una squadra tosta come Ravenna”.

Ecco, Ravenna: cosa ti aspetti da questo match?
“Anche loro sono una squadra che ha cambiato qualcosa, ma che ha mantenuto come noi un’ossatura importante dall’anno scorso. Contro Ravenna ci abbiamo già giocato sette volte l’anno scorso, senza contare le amichevoli, con un bilancio di cinque vittorie e due sconfitte. Quest’anno dobbiamo proseguire su questa china. È chiaro che non sarà facile, perché è comunque un campo ostico, non come quelli del sud tipo Scafati o Matera, ma comunque un campo ‘caldo’ con molti tifosi al seguito. Loro sono reduci da una sconfitta e scenderanno in campo con il coltello tra i denti intenzionati a recuperare davanti al loro pubblico. È pur sempre un derby, nel bene e nel male, Quest’anno in precampionato l’abbiamo già incontrata due volte giocando delle partire dure, senza sconti… mi sento di dire che domenica non sarà troppo diverso, anzi”.



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