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Se c’è una cosa che Eros Schiavon deve per forza aver imparato negli ultimi anni è aspettare. Il proprio turno, il momento giusto, che il destino restituisca il tempo che gli è stato sottratto. Ci vogliono testardaggine e forza di volontà per sopportare l’attesa, soprattutto se giochi a pallone. Al mediano di Piove di Sacco di sicuro non mancano. Per tornare a segnare in serie B ha aspettato più di mille giorni: l’ultimo precedente prima di SPAL-Novara 2-0 risaliva ad Avellino-Spezia 2-0 del maggio 2014. Per festeggiare di nuovo un gol con i tifosi della SPAL ha dovuto far passare 352 giorni: l’ultima volta successe ad Ancona, 1-2 il finale, quando si capì che il ritorno in serie B era lontano solo altri novanta minuti.

L’attesa è diventata il minimo comune denominatore della vita di Eros negli ultimi due anni: prima di firmare di nuovo per la SPAL ha dovuto aspettare cento giorni. Tanto è passato dalla rescissione con l’Avellino all’ingaggio ufficiale in biancazzurro, nel gennaio 2016. Come se non bastasse, ha dovuto contare altri 232 giorni tra l’apparizione agostana in Coppa Italia di Cagliari e il debutto ufficiale in serie B con la maglia biancazzurra che per lui è una seconda pelle. Colpa di un balordo infortunio alla caviglia e relative complicanze. Una serie di sfighe che per quanto fastidiose non hanno fatto perdere a Schiavon le sue consuete doti di tranquillità e senso dell’umorismo da ragazzo della profonda provincia veneta. A novembre gli chiedemmo quanto fosse dura stare fuori: ammise che sì, era difficile, ma che se il finale fosse stato lo stesso dell’aprile 2016 sarebbe potuto andare benone.

Di sicuro non frullavano tutti questi numeri e ricordi nella testa di Schiavon mentre si avventava su quel pallone messo in mezzo da Costa alla fine di SPAL-Novara. Ma non vuol dire che non avesse le idee chiare. Il pallone stava ancora rotolando dentro che Eros aveva già preso la strada che porta sotto i striscioni della Ovest. Braccia all’aria e poi un segno con le dita: Uno e Due, a comporre il numero 12. Dodici come il dodicesimo uomo in campo, quello rappresentato nella bandiera sventolata per anni da Pietro Verri, che ancora oggi è su un letto di ospedale dopo quella terrificante notte di Verona. Il pensiero è andato lì e non poteva essere altrimenti per un ragazzo che in curva è sempre stato a casa sua. E’ stato al tempo stesso un momento di liberazione e solidarietà umana di un’intensità unica.

Quello contro il Novara stato un gol voluto e che al di là del peso specifico sul risultato, può avere un significato non dissimile da quello di Ancona. Fatto da un giocatore che è l’ultimo rappresentante di due SPAL del passato recente (quelle di Tomasi e Butelli) che ai loro albori avevano fatto sperare bene per poi finire a catafascio. Stavolta protagonisti e trama sono diversi, il corso della storia sembra davvero essere cambiato e quei giorni possono sembrare finalmente lontani e trascurabili. Eros Schiavon ha aspettato come hanno fatto tanti tifosi della SPAL ed è stato premiato. Sempre per quella storia dei numeri: non segnava un gol sotto la Ovest da più di dieci anni. SPAL-Castelnuovo Garfagnana 2-2, dicembre 2006, serie C2 girone B. Da giovane giocatore semisconosciuto a uomo maturo e padre di famiglia, ne ha macinati di chilometri Eros Schiavon. Più di tremila giorni tra un gol e l’altro e dieci secondi di esultanza per rivedere chissà quante facce note appesantite da anni di magoni. Ne mancava una, lui ha pensato anche a quella. Se non è capacità di aspettare questa…



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