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Anche per le squadre giovanili l’estate si è finalmente conclusa e si può tornare a fare sul serio. Dopo tre mesi di calciomercato, acquisti, cessioni e costruzione dei nuovi organici è tempo di confrontarsi di nuovo con gli avversari per conquistare i tre punti. A tal proposito abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Marcello Cottafava, nuovo allenatore della SPAL Primavera e uomo che di calcio giocato se ne intende, grazie ad una carriera ventennale che si è conclusa due anni fa proprio a Ferrara. L’ex difensore, alla sua seconda esperienza in panchina dopo l’annata in chiaroscuro nell’Under 17, non vede l’ora di cominciare una stagione ricca di appuntamenti. Terminate le amichevoli e la preparazione estiva, svoltasi tra Sestola e Ferrara, il 9 settembre alle ore 15 la Primavera farà l’esordio stagionale nel campionato “Primavera 2” contro la Pro Vercelli

Mister, partiamo subito con due parole sul nuovo gruppo che ha preso in carico dal 22 luglio, quali sono le sensazioni dopo un mese e mezzo di lavoro con i ragazzi?
“Le sensazioni sono senza dubbio ottime. Ho trovato un gruppo che ha subito espresso una grande voglia di imparare e di crescere, gettando fin dal primo giorno le basi per la nuova stagione. Conoscevo già qualcuno dall’anno scorso, qualcuno l’avevo allenato nel finale dello scorso campionato, mentre altri sono arrivati quest’estate con il mercato. Ora l’obiettivo, che è poi il primo compito che un allenatore deve svolgere nelle fasi iniziali di una stagione, è amalgamare tutto il materiale che la società ha messo a disposizione. Finalmente anche il nostro calciomercato movimentato è finito e siamo pronti a partire con un organico definito”.

Un calciomercato “ movimentato” che ha portato in rosa nuovi giocatori e soprattutto nuovi stranieri come i croati Ljubic e Petrovic e i brasiliani Barbosa Vischi e Barbosa Avelino. Pensa che potranno dare un contributo sostanziale nel corso del campionato?
“Sicuramente. Tutti i nuovi arrivati possono dare un valore aggiunto e non sono stati presi per caso. Sono stati visionati con cura fin dall’anno passato. Alcuni dal vivo con gli occhi del nostro esperto direttore ( Vagnati ndr) mentre altri, quando le distanze non lo permettevano, osservati  attraverso video. Acquisti validi che necessiteranno comunque di un periodo di adattamento e apprendimento della lingua. Ricordiamoci che parliamo sempre di ragazzi di 17-18 anni che vengono catapultati in una realtà diversa da quella in cui sono cresciuti. Sono convinto che tutti riusciranno a rendersi utili”.

Oltre ai nuovi, gli altri ragazzi provenienti dalla Under 17 come stanno vivendo questo passaggio da una categoria all’altra?
“Mi sono accorto che un anno di differenza, nel nostro caso tra i 2000 che allenavo già ed i ragazzi nati del 1999, è veramente importante. Soprattutto all’inizio ho notato che i carichi di lavoro si sono sentiti tantissimo. Ci aspettiamo oggettivamente che nella prima parte del girone i 2000 facciano un po’ più fatica, poi è vero che un anno anagrafico non corrisponde per forza ad un anno biologico e la crescita è soggettiva. In generale ce la stanno mettendo tutta e sono soddisfatto di come stanno lavorando. Grande merito va dato al mio staff, composto da vecchi (Carlo Oliani, preparatore atletico) e nuovi elementi ( Michele Coppola, vice allenatore e Silvio Guariso, preparatore dei portieri), i quali hanno riservato fin da inizio ritiro un sostegno ed una collaborazione fondamentale sia verso di me che verso i ragazzi. La voglia di iniziare è tanta, ci siamo confrontati nel precampionato contro squadre di primissimo livello (Fiorentina, Sassuolo, Hellas e Chievo) e questo ci ha senza dubbio aiutato a mettere nelle gambe un buon ritmo. Sono curioso di vedere il livello del nostro girone ed aspettiamo la Pro Vercelli sabato con una grande carica ed un grande entusiasmo”.

Dall’organico passiamo ad alcune considerazioni sul campionato che presenta da quest’anno una nuova formula a gironi. Analizzando sulla carta il vostro ci sono buone probabilità di giocarsi un’annata da protagonisti.
“Prima di tutto condivido questa divisione del campionato perché rende più equilibrati i valori. A livello giovanile, come ho vissuto sulla mia pelle l’anno scorso con l’under 17, è difficile lavorare quando il gap con le altre squadre è enorme. Può essere sia un motivo per migliorare, ma allo stesso tempo anche causa di demoralizzazione per i ragazzi. Sul fatto che sia più facile o più difficile questo lo dirà il campo, normale che la qualità media sia più bassa, ma ritengo che alcune squadre inserite nel nostro girone, tipo Empoli ed Entella, si possano definire da girone 1 e quindi siano molto difficili da affrontare. Se da un lato appoggio la divisione dei gironi, dall’altro mi trovo però in disaccordo con la divisione territoriale (in contrapposizione a quella di ranking ndr): se paragoniamo il girone del sud vediamo un netto divario tra 2/3 squadre, Palermo e Cagliari su tutte, e le altre componenti. Il nostro girone invece mi sembra più equilibrato e tosto di quanto appaia sulla carta. Non dico questo per mettere le mani avanti, anche perché l’obiettivo primario è sempre la crescita dei giovani, non raggiungere le prime posizioni”.

Si dice sempre che a livello di giovanili la maturazione calcistica sia la cosa più importante. Con questa nuova formula però il campionato Primavera diventa molto più competitivo, in quanto con il raggiungimento delle prime posizioni si ottiene una promozione nella categoria più alta . Per un ragazzo che si mette in gioco tutto questo diventa uno stimolo in più?
“Ho sempre detto, in svariate dichiarazioni passate, che la crescita e la maturazione sono imprescindibili per chi lavora in questo settore. Allo stesso modo però anche la componente agonistica, che riguarda il competere con l’avversario, il raggiungimento di un obiettivo o il vincere una partita difendendo con le unghie un risultato è importantissima. Bene la crescita, ma questa è legata al raggiungimento di un traguardo. Le due situazioni sono strettamente legate ed alla fine, in soldoni, si migliora perché si vuole e si deve superare un avversario. L’obiettivo di vincere un campionato ed andare in Primavera 1 fa solo bene a questi ragazzi, visto che tra uno o due anni per regolamento dovranno entrare nel mondo dei professionisti. Non puoi non pensare di prepararli a vincere le partite ed i campionati”.

Un campionato che la SPAL affronterà senza Alessandro Di Pardo, uno degli elementi di maggior qualità nella rosa che è passato alla Juventus negli ultimissimi giorni di trattative. Operazione che ha meravigliato molti osservatori esterni.
“In verità c’è nulla di cui meravigliarsi, era la cosa più scontata (ride, ndr). E’ un giocatore che aveva qualità straordinarie e meritava palcoscenici diversi rispetto a quelli dove si trovava. Io in questa operazione non c’entro nulla ovviamente, ma posso dire di averla condivisa ed avallata: quando ad un ragazzo di 18 capita l’opportunità di andare a giocare nella Juventus come puoi impedirglielo? E’ senza dubbio una perdita importante ma penso che si sia meritato questa opportunità, passando in due anni dal fallimento del Rimini a giocare la Youth League con i top club europei”.

Parliamo un po’ di tattica ora. L’anno scorso con l’Under 17 ha proposto un inedito 3-4-1-2 che l’ha portata ad ottenere ottimi riscontri sia in termini di risultati che di gioco nella seconda parte di stagione. Quest’anno, con nuovi giocatori, è intenzionato a riproporre lo stesso modulo o c’è qualcos’altro in cantiere?
“Quel modulo mi piace moltissimo e sicuramente lo terremo in considerazione. Nelle fasi iniziali però, per un discorso di avvicinamento alla prima squadra, è normale che la volontà sia quella di giocare con lo stesso modulo di Semplici. Le ultime amichevoli sono state affrontate con il 3-5-2 e porteremo avanti questo disegno. Se per cercare di sviluppare al meglio le loro potenzialità e per metterli a loro agio si dovrà cambiare modulo, concorderemo con tutte le componenti della società un cambio di rotta. Per ora iniziamo così. Mi sembra anche logico perché se qualcuno dovrà sostituire in prima squadra un infortunato si troverà a suo agio in movimenti e automatismi già appresi”.

Concludiamo con una domanda che unisce il passato ed il presente di Marcello Cottafava: dopo anni di lavoro nel calcio dei grandi com’è stato l’anno scorso iniziare a lavorare con i giovani del futuro?
“Questo lavoro mi sta dando delle grandi soddisfazioni. Sono a contatto con persone giovani sì, ma non ragazzini. Inizialmente non mi vedevo, e forse anche ora ne ho la conferma, ad allenare fasce più piccole dove bisogna avere un’attitudine, una predisposizione ed una pazienza che non credo di possedere. Questa fascia d’età è già importante e quello che cerco di spiegare ai ragazzi ogni giorno è che a 17-18 anni devono essere pronti ad affrontare responsabilità che magari invece non riguardano i loro coetanei esterni al mondo del calcio. E’ sempre uno sport, ma cerco di spiegargli cosa vuol dire fare dei sacrifici. Molto spesso questi sacrifici sono essenziali per determinare se un giocatore professionista arriverà ad alti livelli o meno. Noi ci alleniamo nel campo di fianco alla prima squadra divisi solo da una rete metallica. Ripeto sempre ai ragazzi che in quella rete divisoria c’è un lavoro infinito, fatto di sudore e fatica, ma che non è impossibile da superare”.



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