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A ventitré anni di distanza il derby del pallone nel sette e relativa partita di ritorno possono ancora rappresentare una ferita aperta per qualcuno. E’ il caso di Ivano Bonetti, intervistato dai colleghi di Zerocinquantuno.it in vista della partita di domenica prossima al Dall’Ara. L’ex centrocampista, fratello di quel Dario che non lasciò ricordi particolarmente entusiasmanti in maglia SPAL, sembra ricordare con un certo fastidio quei giorni del 1994. Ecco i passaggi più interessanti della sua chiacchierata con Claudio Beneforti.

Ti sento ancora avvelenato, a distanza di 24 anni… “Ti dico questo, nella partita di ritorno a Ferrara (Spal-Bologna del 12 giugno 1994, semifinale playoff di Serie C, ndr) ho picchiato tutti, ad un certo punto sono entrato su un avversario e ho fatto cadere anche il guardalinee. Vincemmo 1-0 dopo essere rimasti in nove uomini, e nonostante questo proprio io sfiorai il gol del 2-0. Non so poi con due uomini in meno cosa avremmo potuto combinare nei supplementari, di sicuro io avrei continuato a picchiarli tutti”.

Già li avevi picchiati all’andata… “Ti riferisci a quanto successo nel sottopassaggio?”.

Proprio a quello. Quando andasti contro l’arbitro e il cerino in mano poi rimase a De Marchi, che fu squalificato al tuo posto… “Non entro nei dettagli, ti dico solo che in carriera non ho mai visto un furto del genere. Quella partita ce la portarono via, quando invece avremmo meritato di vincerla noi”.

Ci avete messo anche un po’ del vostro. “Quando perdi ci metti sempre qualcosa di tuo, ma quella domenica ci mettemmo davvero poco. Io non penso mai ai complotti, ma quel match lì mi ha lasciato brutte sensazioni, come se qualcuno volesse farcela perdere. E ci sono riusciti”.

Non ha ancora sbollito la rabbia? “No, perché ci tenevamo troppo ad andare in Serie B. Per via di quella sconfitta anche la mia carriera prese un’altra strada”.

In che senso? “Se fossimo andati in B io sarei rimasto, perché sarebbe rimasto Reja e avremmo cominciato un nuovo ciclo. Ero molto legato all’allenatore, soltanto il pensiero che alla fine dovesse pagare lui per colpe di altri mi fece andare il sangue al cervello. In Serie C non potevo restare, anche perché il Torino mi cercava da tempo e lo stesso Bologna aveva qualche perplessità dopo quanto era accaduto”.



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