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Vorrei non scrivere. Anzi, mi ero ripromesso di non farlo. Non volevo sovraccaricare un clima già di per se teso. Perché poi, in fondo è una partita. Abbiamo fatto un buon primo tempo. Sugli spalti abbiamo fatto il nostro. Eravamo belli e colorati. Eravamo in cinquemila. Eravamo…. Giuro non ci riesco. Non era una partita come le altre. Non era un derby. Loro ci snobbavano (per finta). Ma loro chi? Dopo metà della mia vita li incontriamo nuovamente. Dopo tutta la mia vita più due anni, ci si incontra al piano di sopra. Nella massima serie del calcio italiano. No, ragazzi, a me non passa. Non dobbiamo deprimerci e non l’abbiamo fatto. Ma non lo devono fare nemmeno i ragazzi in campo però. Mai cadrò nel pantano di sentirmi un tecnico, nemmeno un giornalista, men che meno uno scrittore. Non sono in grado di fare intelligentissime analisi non scontate, non ho suggerimenti e né colpevoli. Noi siamo quello che non c’era. Noi siamo il sogno. Ma non mi passa.

Dopo Terni, la partita più importante della nostra vita recente. L’abbiamo persa. Faccio fatica a mettere sul foglio delle parole che abbiano un senso. Quindi mi incazzo e le troverò. Il parcheggio del Mercatone ribolle, c’è euforia. Sono tranquillo, maledettamente tranquillo. Pare impossibile ma la mia inseparabile compagna, la signorina Ansia, quest’anno per i colori biancazzurri mi ha abbandonato. Secondo me si nasconde, finge di non esserci, lavora sotto traccia. Mille abbracci, mille amici. L’orario per il ritrovo è mezz’ora dopo rispetto a quando andammo a Casale, lassù a venti chilometri da Copenaghen. Un’ora dopo il ritrovo accendiamo i motori diesel e partiamo verso il capoluogo. Siamo quasi a metà pullman, i bimbi ci occupano l’ultima fila. Segni dell’età? In pullman, dopo poco, esce un sacchettino equivoco, roba pesante, secca. Siamo tutti padri di famiglia, ma non abbiamo ritegno, fuoco alle micce. Due etti abbondanti di ciccioli secchi da trasferta, roba fuorilegge, l’aroma orientale, anzi, da aibi (mangiatoia per maiali ndr.), pervade le ultime file. Ce lo passiamo come un narghilé da cortile. I più fortunati si trovano pure il caccolo con le unghie. Viziosi.

Comincia la sete. Arriviamo e diamo fuoco alle torce. Panini e Moretti, abbinamento inossidabile anche se la Gilda (latteria della nostra borgata ndr.) è chiusa da un secolo. La Porrettana è un fiume in piena di elle ed esse. Foto, brindisi ed altri mille abbraccia. Siamo davvero belli. Cerco l’accendino per aprire una birra. Ma sono dodici anni che ho smesso di fumare, me ne ero dimenticato. Lo scrocco ad amico, la apro al primo colpo senza graffiare il bic. La classe non è acqua, è birra. L’ultima volta entrammo scendendo la strada da nord, ora la risaliamo da sud. Che cazzo c’entra? Non lo so. Ma è sempre stata così ripida la San Luca? Mi sembra di andare sul Falzarego. L’età dice la sua. Si canta, salutiamo i cuginetti. Fingono indifferenza. Saluto e foto ricordo con Gigi, è il suo primo derby, per me forse è il decimo. Poi, sì, c’è pure la partita. Un bel primo tempo. Ante7 mette il primo gol in trasferta di questo campionato. Il secondo gol della sua carriera nella massima serie. Ce ne saranno tantissimi altri. Ne sono sicuro.

Partita finita. Le facce non sono le solite, siamo accasciati sui gradoni. In tanti guardano le immagini dai telefoni, era rigore! Palacio era in fuorigioco! Tanti altri se e ma. Si ricomincia. Nessuno può uccidere chi è già stato morto (!), è come picchiare una montagna, non ci muoviamo, ci rialziamo, sempre. Abbiate timore, squadre di calcio della massima serie, noi (l’ho già detto ma lo ripeto) siamo quello che non c’era. Domenica abbiamo perso e lo so che non era solo una partita, ma oggi è già arrivato. Lo so, ma non mi passa. Ben tornata signorina ansia è da un po’ che ti aspettavo.



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