IL COMMENTO. SPAL-SORRENTO

FERRARA – Un cielo cupo e gonfio di pioggia fa da cornice alla nona giornata di ritorno che vede una Spal senza sei titolari e priva dell’ottanta percento del proprio arsenale offensivo, affrontare il lanciatissimo Sorrento del capocannoniere Paulinho. Un pronostico chiuso in partenza qualcuno aveva detto alla vigilia, come dargli torto, i numeri ma soprattutto le prestazioni degli ultimi tempi non è che regalassero grandi speranze agli uomini di casa nostra. Niente di più falso. C’è l’inno d’Italia che risuona in onore al centocinquantenario dell’Unità ma ci sono soprattutto loro, i tifosi, quelli doc per intenderci, a regalare un po’ di calore al “Paolo Mazza” che hanno deciso di stringersi attorno alla squadra biancazzurra in quello che dal dopoguerra a oggi è senza ombra di dubbio il momento sportivamente più difficile e complicato della storia spallina. Non sono tanti i tifosi presenti, ma chi c’è ha voluto dare l’ennesima prova del suo amore e del suo attaccamento a questi colori, sventolando insieme agli abitanti coraggiosi della “Campione” oltre cinquecento bandierine biancazzurre distribuite prima della partita.
Una coreografia degna del nome Spal, ruggiti e cori figli di quella Ovest di inizio anni Novanta che sembrava ormai essersi spenta nel dimenticatoio e persa tra i ricordi e per un’ora buona la squadra di Remondina è accompagnata dalla sua gente che applaude, incita e si infervora anche più di quello che realmente, a dire il vero, succede in campo. Per novanta minuti c’è una pace non scritta tra chi è in campo e chi è sugli spalti, un armistizio firmato nel nome dei colori biancazzurri noncurante dei numeri impietosi che hanno preceduto la sfida con i costieri. E’ vero, si continua a non vincere, salgono a nove con quella odierna le gare senza aver portato a casa l’intera posta, continuiamo a essere il fanalino di coda in classifica per quanto riguarda il solo girone di ritorno, ma almeno si arresta, con una prova dignitosa in piena emergenza fatta di cuore, grinta e abnegazione, l’emorragia delle sconfitte e, per la prima volta da inizio 2011, Ravaglia non è costretto a girarsi nella propria porta per raccogliere una palla in fondo al sacco. Non è poco. La pioggia che cade dal cielo sa di acqua benedetta pronta a lavar via i fardelli e le scorie che questi ragazzi si trascinano dietro da un paio di mesi a questa parte, quella caffettiera spompata di nome Spal che sino a dicembre sembrava inarrestabile ritrova vigore nella verve gladiatoria di un Maurizio Bedin formato monstre che in mezzo al campo suona la carica come ai bei tempi e non lascia neanche le briciole ai suoi avversari, nella grinta di un impeccabile Milan Bortel, vero dominatore dell’area di rigore, nella generosa e sfortunata prova di un Giovanni Rossi in grande ascesa dopo un brutto periodo che in quindici minuti fa il diavolo a quattro sulla corsia mancina mettendo a repentaglio l’emotività della retroguardia campana.
La Spal dei gregari che si ritrova davanti al proprio pubblico, consapevole che la strada da fare è ancora lunga e che la salvezza è diventato l’obiettivo principale ormai, insomma da stare allegri, viste le premesse di inizio campionato non c’è poi molto, ma vedere questa reazione d’orgoglio lascia certamente ben sperare, almeno per non soffrire più di quanto le sonanti e pesantissime sconfitte contro Pavia, Lumezzane, Paganese, Pergocrema e Salernitana ci avevano fatto prevedere. Continua a essere il gol il nemico numero uno di questa squadra, si continua a creare troppo poco in fase realizzativa pur con tutte le attenuanti del caso. Melara un quarto di partita in più sul pezzo rispetto al solito c’è stato, ma intanto salgono a cinquecentonovantatré i minuti senza aver perforato la porta avversaria: toccherà all’ingaggio di Mendy (probabile) togliere le castagne dal fuoco in attesa che Cipriani e Fofana soprattutto tornino su livelli accettabili? Certo per una domenica è da lodare una squadra che da gennaio aveva subìto camion di gol che impatta sul nulla di fatto contro il miglior attacco del torneo, va sostenuta e incitata a continuare a seguire le indicazioni di Remondina che sembra finalmente esser riuscito a toccare le corde giuste di questi giocatori evidentemente non fenomeni. Neanche Locatelli lo èanche se il suo apporto potrà comunque venir buono, soprattutto nel finale di gara: il suo ingresso al “Mazza” invero, ha il sapore di chi sembra esser pronto a portare a spasso il cane in piazza, con la zavorra nei calzettoni e il carretto fantasma legato al bacino, un inusuale bocconcino di caviale di intelligenza tattica indiscutibile finito però nel banchetto sbagliato fatto di pane e acqua (e corsa, tanta corsa), la vera unica e sola benzina della terza serie. Il Sorrento di Simonelli è tutto nella partita di Paulinho: sornione, svogliato, apatico, infreddolito quasi, come un pulcino bagnato che lontano dal suo sintetico si trova nettamente a disagio. Nonostante questo Togni prova a fare qualcosa su calcio piazzato ma per fortuna Ravaglia c’è, così come risponde presente quando sono Bonvissuto e Manco a metterlo alle strette, Lo Monaco si trova per caso la palla sulla fronte e per un nulla ci grazia insomma, alla fine, le occasioni migliori le hanno avute loro e questo va detto. Come va detto, con un po’ di amarezza, che Spal e Sorrento adesso non giocano più per lo stesso obiettivo come un girone fa. Un passettino in avanti è stato fatto, adesso serve fare un salto coraggioso in avanti. Perché dietro corrono tutte e la soglia di sicurezza è ancora tutta da conquistare.

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