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Da rinforzo per la linea mediana a punto fermo della difesa. Il percorso di Giorgio Capece nei suoi primi due mesi di SPAL è di quelli interessanti. Soprattutto se si considera che il suo arrivo è stato l’ultimo del mercato estivo biancazzurro. Un’operazione last-minute condotta da Davide Vagnati nel momento in cui molti tifosi si aspettavano un innesto nel reparto arretrato. Così di fatto è stato: il biondo nativo di Porto San Giorgio ha lasciato una squadra dove era considerato di troppo per diventare cardine della SPAL di Oscar Brevi. In un ruolo nuovo, quello di centrale difensivo in un sistema a cinque: “Non l’avevo mai fatto, se non a livello giovanile, ma in un momento di emergenza (prima di SPAL-Ascoli, ndr) ho dato la mia disponibilità al mister ed è andata bene, sia in termini di prestazioni, sia di risultati. Ormai ho fatto diverse partite in questo ruolo e mi sento sempre più a mio agio, anche se posso ovviamente migliorare”.

Se per avere la certezza di potersela cavare anche come difensore è servito l’approdo alla SPAL, per avere quella di poter fare il calciatore professionista Capece non ha dovuto aspettare poi tanto: “Ho capito di poter stare a questi livelli a diciannove anni, quando ero in prestito a Lanciano. Lì ho vissuto una stagione fantastica che si è conclusa con la promozione in serie B e con la convocazione di Di Biagio in Nazionale. Peraltro col Lanciano ho anche segnato il gol più bello della mia carriera, con un tiro da fuori contro il Pergocrema che si è insaccato all’incrocio. C’era una gran nebbia e probabilmente non tutti l’hanno visto (ride). Comunque non mi aspettavo così tante soddisfazioni nel giro di nemmeno un anno e penso sia stata la svolta per la mia carriera”.

Gli inizi invece sono stati di quelli più tradizionali: “Ho iniziato a sei anni nella scuola calcio del Borgo Rosselli, una squadra di Porto San Giorgio, la mia città. Sono cresciuto lì, poi a dodici anni sono entrato nel settore giovanile dell’Ascoli e ci sono rimasto fino ad arrivare in prima squadra”. Mediano per natura e formazione, ma cuore pieno di ammirazione per un centrocampista offensivo – anche lui biondo – come Pavel Nedved: “Fin da bambino è sempre stato il mio giocatore preferito. Mi piaceva il suo stile e poi giocava per la Juve, che è sempre stata la mia squadra del mio cuore”. Un’altra squadra bianconera, come l’Ascoli: “Essendo di Porto San Giorgio però non ne sono mai stato tifoso”. E se col calcio fosse andata male probabilmente Capece sarebbe rimasto dalle parti di casa, a lavorare col papà nel comparto della meccanica: “Avrei dato una mano a lui, o forse avrei provato a studiare, magari iscrivendomi all’università”.

Invece nei pensieri di Capece c’è il calcio. E se gli si chiede da chi gli piacerebbe allenato risponde senza esitazione “Zdenek Zeman”. Nonostante la fede juventina: “Beh dai non importa, lui è comunque un gran maestro di calcio. Però ci tengo a dire che ho avuto ottimi allenatori in carriera tra cui Gautieri e ovviamente Brevi. Fin dal mio arrivo ho capito quanto fosse bravo”. Una sviolinata al tecnico che conduce dritti a una domanda legittima: quanto c’è di Brevi nella trasformazione da mediano a centrale difensivo? Il biondo di Porto San Giorgio alza leggermente le spalle, sorridendo: “Questo bisognerebbe chiederlo a lui. Io mi sono messo a sua disposizione seguendo le sue indicazioni e i suoi consigli. So di dover stare leggermente più staccato dietro e provare a giocare la palla, soprattutto quando Romulo (Togni, ndr) è marcato e non può ricevere. Soffro un po’ sui cross, ma sto cercando di imparare anche questo”.



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