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Potrei sbagliarmi, ma credo che nessuno si sia incatenato alla vecchia tribunetta di via Copparo per scongiurarne la demolizione, puntualmente avvenuta lo scorso fine settimana. Eppure quell’ammasso di ferro, legno e vetroresina (eh sì) aveva un notevole valore simbolico per tanti affezionati spallini e probabilmente finirà col mancare a chi ci ha trascorso centinaia di pomeriggi. Anche a fronte della prospettiva di una tribuna da 250 posti decisamente più moderna e confortevole.

tifosi ovest via Copparo

Sarà curioso vedere come la novità verrà vissuta da quel manipolo di signori che mi è sempre piaciuto chiamare “Il Senato di via Copparo”. Uomini, direi tutti (o quasi) pensionati, che puntualmente ogni pomeriggio – da agosto a maggio, caldo o freddo non importa – si radunavano sulla tribunetta all’inizio dell’allenamento e se ne stavano lì a discettare principalmente di SPAL, ma anche di politica, beghe familiari, malanni dell’età, gossip cittadini e incompetenza dei giornalisti. Tranne i presenti, ovviamente. Conosco colleghi, anzi, per la verità UN collega, che del Senato è diventato praticamente membro onorario grazie alla sua presenza fissa nel corso degli anni. Oggi può contare su informatori fidatissimi, pronti a cogliere a decine di metri di distanza anche i sintomi di un raffreddore di un qualunque giocatore. Gente che peraltro è talmente attaccata alla SPAL da avere anche un ascendente non secondario su Walter Mattioli. Quando il presidente incrocia quelli del Senato li chiama tutti per nome di battesimo. E probabilmente gli vuole anche bene, visto che dal 2013 ad oggi i servizi a due passi dalla tribunetta (bagni e macchinette automatiche) hanno fatto un notevole salto di qualità.

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Era anche questo il bello di un posto del genere: si facevano strani incontri e si creavano dei legami che in altre circostanze difficilmente avrebbero potuto nascere. Con un cancello praticamente sempre aperto e senza nessuno a controllare, quel filo di terra di via Copparo si è trasformato in un porto di mare col mare a sessanta chilometri più a est. Ci si potevano fare gli incontri più disparati. Dall’ex giocatore (con Bozzao presenza frequente) all’osservatore occasionale (magari appena uscito da un turno in fabbrica), fino a quello che ti guardava per un po’ e poi – complice un blocco di appunti o un pc sulle ginocchia – dal nulla ti chiedeva: “Scusi, ma lei è un tecnico?”. Scene quasi da controspionaggio.

Se guardo indietro, mi rendo conto che c’è una miriade di momenti che non riesco a mettere a fuoco nella mia memoria, da quanto li ho sempre scioccamente considerati ordinari. Ma in fondo non lo erano: dalle memorabili tirate polemiche di Lillo nei giorni difficili della serie D alle chiacchiere furtive con qualche giocatore che si avvicinava alla rete tra un esercizio e l’altro, passando per giudizi a dir poco prosaici del tipo “Mo chi el cal sturnel lì? Sgonda mì i là pena purtà da Lampedusa” riferito ad un ragazzo di colore in prova.
Allora sfoglio l’album dei ricordi e riaffiorano le immagini di quella volta in cui gli ultras contestarono la SPAL di Angelo Alessio il primo di maggio cantando “voi non siete lavoratori” (e Tonino Ferroni non la prese bene), o di quella in cui – nel periodo più nero della gestione Butelli – i tifosi portarono un manichino (era stato soprannominato “Cippo” in onore di Cipriani) e lo lasciarono lì da solo come unico spettatore inanimato di uno spettacolo ritenuto indegno. O di decine di altre volte in cui il mio ex direttore de LoSpallino mi chiedeva di prendere nota dei singoli marcatori nelle partitelle del giovedì, “perché non bisogna trascurare neanche un dettaglio”. Grazie a questo suo zelo ricordo ancora un primo gol stagionale (forse della stagione 2011-2012?) di un tale Salimonti, un centrocampista arrivato in prova da Cosenza e rispedito in Calabria nello spazio di pochi giorni.

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Rimetto in ordine tutti questi frammenti e mi dico che in fondo la tribunetta di via Copparo è stata la classe in cui nello spazio di nove anni ho imparato parecchio di quello che so sulla SPAL. Grazie alle parole di chi è stato lì ben prima di me e grazie allo spirito di osservazione che veniva spontaneo affinare mentre si stava seduti su quelle assi, senza un riparo dal vento o dall’afa. La tribuna di domani sarà senz’altro più attrezzata contro le intemperie, ma resta da vedere se saprà conservare quell’autenticità un po’ ruspante che l’ha sempre contraddistinta. Il rischio è che non ci riesca. Allora toccherà ancora una volta ai senatori intervenire, come guardiani di una strana quanto affascinante identità.



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