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C’era una volta…
che dite l’ho presa un po’ troppo alla lontana?
Comunque, c’era una volta, un bimbo nato nell’autunno caldo del 1969, in borgata, dove le uniche certezze erano un piatto di cappelletti, la festa de L’Unità e la Società Polisportiva Ars et Labor. Poco altro. Il bimbo crebbe, (tranquilli, poi sintetizzo), tra il cortile, una bici da cross ed il volo di un “Elite”. Quando, una bella domenica di fine estate, seguì il papà, a vedere la SPAL. In tribuna laterale, lato curvino. Forse Coppa Italia, sconfitta di misura col Napoli. Da lì, la fiamma, non divampò subito, ma forse l’anno dopo, l’ultimo anno di Manfrin a Ferrara. Da quel caldo pomeriggio in poi, quasi tutte le domeniche col papà ed il nonno, nel vecchio curvone, tra carta patinata e fumogeni allo zolfo a gridare, sognare e soffrire, per i colori della sua città. Da “[…] quando segnerà Pezzato […]” a “[…] non tifo gli squadroni ma tifo teee […]”.

No, nessuna patente da “io c’ero sempre”, nessunissima patente da super tifoso, ma da allora, il mio regalo di compleanno fu l’abbonamento in curva Ovest. Quello in cartoncino colorato, con il numero delle partite sul perimetro, dove la maschera, con la bucatrice, ti obliterava l’ingresso ogni domenica. Coppa Italia esclusa. Quel bimbo è cresciuto, anche troppo, le certezze sono svanite, quasi tutte, ma l’abbonamento rimane il suo regalo di compleanno (anticipato). Qualche partita di serie D vista, poi una decina con bomber Varricchio, fino a quando, la moglie mossa da compassione, ricominciò (tre anni or sono), con la buona prassi dell’abbonamento. Come soffiare sotto la cenere, i grandi amori non finiscono mai, il fuoco della passione divampa, come un’onda che tutto travolge, mi riporta sui miei gradoni, con la mia gente, con la mia storia, nessuna domanda, nessun “dove sei stato?”. Ma solo un ora, un adesso, altri novanta minuti.

Siamo in serie B, l’abbiamo sognata, l’abbiamo voluta, meritata, sofferta. Non ci abbiamo creduto fino alla partita del diluvio universale, noi impietriti in curva, gradinata e tribuna ad impazzire, noi abbracciati al compagno più vicino, perché le gambe ci facevano giacomo-giacomo. Ora è giunto il momento, occorre fare “[…] ciò che potrò […] bisogna abbonarsi! Non solo come sentimento di gratitudine, non solo per prassi, non solo perché lo abbiamo fatto oltre la categoria, oltre alle sofferenze (calcistiche). Occorre farlo per noi, per dimostrare ancora una volta il senso di comunità, la voglia di stare insieme, tutte i sabati, trasferte comprese, od ogni due settimane, per quelli come me. Non conta l’età, il sesso, la religione, il colore, il ceto, il conto in banca, la macchina, il telefono, la provincia, la nazionalità. Nessuna classifica, né statistica, né dogma, né regole, né categoria, solo la S.P.A.L.. Abboniamoci (chi può), curva o tribuna, ci hanno voluto classificare, inquadrare, tesserare, con leggi utili solo per i polli di batteria, ma nelle difficoltà, sulle soglie dell’estinzione, giocando contro squadre improbabili, grazie a pochi, siamo rimasti vivi.

I sogni, non hanno limiti, non si classificano, sfuggono a qualunque regola e da qualunque gabbia, i sogni non hanno confini. Questa sera, finito il lavoro, farò valere il mio diritto di prelazione. In effetti, per uno che compie gli anni ai primi di settembre, il regalo di compleanno è un po’ anticipato, ma fa niente. Sono sicuro, che dopo aver diligentemente atteso il mio turno, dopo le firme ed i dati di rito, dopo aver pagato, mi ricorderò di mio padre e di mio nonno, del loro sguardo sorridente, di mia madre, della sua dolcezza, di quando, consegnavano quel tagliandino di cartone colorato a quel bimbo, alto e secco che sognava di essere un’ala destra atipica, come Giani (Pierluigi, quello della SPAL anni Ottanta) che sognava i goal di Gibo e Cina ed i rigori di Ferrari. Gli occhi lucidi di quel bambino, saranno il miglior ringraziamento a chi, con l’esempio, le parole e gli abbracci, ha reso immortale un sogno che iniziò alla fine degli anni Settanta e che continua domenica, dopo domenica, in quei colori ed in quella maglia. Quello che è il nostro sogno.



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