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“Max? Qualche volta lo sento ancora. Certo, magari mi risponde agli sms anche dopo un mese se si ricorda, però adesso è sicuramente più impegnato”. Parole di Andy Selva, mentre il Max cui fa riferimento è Allegri, l’attuale allenatore della Juventus. Inutile spiegare cos’abbiano in comune i personaggi in questione. Due campionati, solamente due, ma che campionati. Il primo: stagione 2004-2005, la SPAL di Pagliuso e Di Nardo ha altri problemi cui pensare, a fine stagione non si iscrive, ma con “Acciughina” in panchina e il bomber sammarinese in attacco raggiunge sul campo una salvezza tranquilla, poi le strade si separano. Ma presto si ricongiungeranno, precisamente a Sassuolo nel 2007-2008: “Arrivai in neroverde un anno prima di lui, – continua l’ex attaccante spallino, ora in forza al La Fiorita, storica società della Repubblica di San Marino – sotto la guida di Remondina, ma fu Allegri a consigliarmi all’allora direttore sportivo Giovanni Rossi, con cui aveva già giocato e lavorato all’Aglianese una volta iniziato da allenatore. Era un bel Sassuolo, stava iniziando la sua ascesa, e quando l’anno successivo arrivò proprio Max in panchina ebbi subito la sensazione che stesse per succedere qualcosa”.

E qualcosa in effetti capitò: “Ricordo ancora un episodio sul finire del campionato di Serie C. Col Sassuolo eravamo primi, perdemmo uno scontro diretto e ci ritrovammo terzi a poche giornate dal termine. Lui si presentò davanti ai giornalisti con me di fianco e dichiarò: ‘Tranquilli, questo campionato lo vinciamo noi. Una partita la possiamo anche perdere, ma abbiamo dominato’. Inutile descrivere l’incredulità di tutto l’ambiente, ma lui ripeté le stesse cose in spogliatoio e alla ripresa degli allenamenti era più sereno che mai. Morale della favola? Raggiungemmo la promozione con una giornata di anticipo”. Ma sono altri gli aneddoti che Selva ci racconta in una lunga chiacchierata: “A proposito di personalità e leadership, Allegri ha sempre saputo farsi rispettare, ma senza mai far mancare alla squadra quello spirito di gruppo necessario per raggiungere determinati risultati. In campo urlava, come urla anche adesso in partita, credo che per la SPAL sarà molto dura all’Allianz Stadium contro la Juventus”.

Allegri predestinato quindi?
“Sì, si vedeva sin da subito che sarebbe diventato un allenatore di successo, di ampie vedute. Leggeva le situazioni prima che avvenissero e questo ci permetteva di prevenire eventuali pericoli. Poi dava grande serenità a tutti, in questo era ed è un numero uno, cercava di far giocare la squadra come voleva lui, ma senza fissarsi su idee schematiche. Mi spiego meglio, il suo modulo di riferimento all’epoca era il 4-3-3, quindi è un offensivo di natura, ma se lo riteneva necessario cambiava senza problemi”.

Galeone, suo mentore, ha dichiarato in un’intervista rilasciata nel 2016 a Repubblica che “da giocatore ha fatto meno, molto meno di quanto meritasse”. Poi si è ripreso tutto con gli interessi da allenatore.
“Perché ha dimostrato di essere un leader fuori dal campo. E la squadra glielo ha sempre riconosciuto. Sapeva fare gruppo, ma richiedeva massima serietà e impegno. Nell’anno insieme alla SPAL siamo stati un po’ sfortunati per via di altre problematiche e inoltre la squadra non era stata certamente costruita per ambire a chissà quale obiettivo, al massimo i playoff. Però ricordo che ad inizio stagione i risultati non arrivavano, la piazza gli chiedeva un cambiamento, e lui, per far contenti tutti, in spogliatoio disse a Mattia Altobelli, esterno d’attacco, di far finta di abbassarsi un po’, per poi affermare in conferenza stampa che sarebbe passato dal 4-3-3 al 4-4-2 per placare le polemiche. Invece in pratica non cambiò nulla, continuò per la sua strada fingendo un cambiamento che in realtà non c’è mai stato e i fatti poi gli hanno dato ragione, serviva solamente un po’ più di tempo. Se ne rese conto anche la società di cosa stava perdendo quando lo esonerò: in un’ora ritornò sui suoi passi e Allegri rimase fino a fine stagione. Lì forse fu una ripicca, chi lo sa. Poi le tappe della sua carriera parlano per lui: dalla C1 col Sassuolo alla A col Cagliari. Poi Milan e adesso Juventus. La sua è stata una continua scalata al vertice”.

Fuori dal campo che persona è?
“La sua forza era in campo, ma è una persona solare, simpatica, ironica, sa farsi voler bene, e come scherza con i suoi giocatori scherza anche in sala stampa, è il suo modo di fare, un modo vincente. A Ferrara tutti stravedevano per lui nonostante non avesse vinto nulla. A Sassuolo non ne parliamo. Anche a Cagliari, dopo un inizio fatto di cinque sconfitte, la squadra si schierò al suo fianco. Questo fa capire quanto sia eccezionale come persona, sia dal punto di vista lavorativo che umano e si sta meritando tutto quello che sta ottenendo”.

A Sassuolo avete vissuto la miglior stagione insieme. Com’è stata quell’annata?
“Dietro al mio arrivo a Sassuolo c’è lui, anche se al tempo non era l’allenatore della squadra. Disse al ds Rossi di prendermi nonostante fossi finito fuori rosa al Padova e così è stato. Poi, l’anno successivo, Allegri fu chiamato ad allenare la squadra e le cose andarono come meglio non avrebbero potuto: promozione in B e vittoria della Supercoppa di serie C. La sua gestione fu splendida, non sbagliò nulla. E’ un allenatore che si fa sentire per dare tranquillità ai tutti. Non è sbagliato definirlo un avanguardista perché vede le cose prima degli altri e sa come trasmettere la sua carica ai giocatori”.

Tra i tanti campioni allenati da Allegri si annoverano anche giocatori non proprio facili da gestire come Ibrahimovic, Cassano e Balotelli. Come si tengono a bada personalità simili in un club di alto livello?
“Bisogna farsi voler bene e farsi rispettare. Io stesso ero abbastanza particolare. Ma lui riesce a farti integrare nella maniera giusta. Un aneddoto: nell’anno a Sassuolo avevo portato tutti fuori a cena per il mio compleanno. Ma proprio tutti, squadra, staff, mister. Un quarto d’ora prima dei saluti lui si alza e, senza specificare il motivo, va via. Quando vado per pagare il conto scopro che aveva già pensato a tutto lui. Dovevo e volevo offrire io, ma mi ha anticipato. Sono gesti estremamente popolari che fanno capire a tutti quanto sia importante il gruppo. Altro episodio: dovevamo giocare con il Manfredonia ma io, che ero uno dei leader, ero infortunato. Per recuperarmi mi fa fare il giro del mondo tra visite e quant’altro, mi convoca, poi alla fine mi lascia in tribuna. Sì, chiaramente arrivato a quel punto avrei giocato molto volentieri, ma è anche così che ci ha fatto capire che, conti alla mano, decide sempre lui. Tutti sono utili, ma nessuno è indispensabile, e quando hai a che fare con una personalità simile fai fatica a dargli contro perché sa come entrare nella tua testa nella maniera giusta”.

Abbiamo capito che di pregi Allegri ne ha tanti. Ma un difetto?
“Beh, è abbastanza permaloso, ma diciamo che gli passa in fretta. Ma se devo essere sincero nei due anni in cui ho lavorato con lui non ho mai avuto alcun problema. Oddio, qualche infortunio mi è capitato, ma in campo siamo sempre andati sul velluto”.

E la fama di viveur di cui ha parlato anche Galeone?
“Eh, confermo. Ma era comunque una persona abbastanza riservata fuori dal campo. A Ferrara era ancora giovane, adesso invece ne parlano anche i giornali”.

Lo vedresti bene alla guida della Nazionale in futuro?
“E’ un caso particolare. Quelli bravi alla fine vogliono allenare, costruire un gruppo, lavorare sul campo giorno dopo giorno. In Nazionale la quotidianità viene meno, è una situazione totalmente diversa”.

Passando alla SPAL, in Semplici vedi qualche caratteristica in comune con Allegri?
“Personalmente non ho avuto la fortuna di conoscerlo, ma me ne parlano tutti quanti molto bene e i risultati degli ultimi due campionati dicono che è un ottimo allenatore. La Serie A è un campionato difficile, si affrontano equilibri diversi, ma Ferrara merita questa categoria. Proprio oggi leggevo le dichiarazioni del mister, ha la determinazione per raggiungere l’obiettivo salvezza. Sarà dura, ma la SPAL farà sicuramente di tutto per non retrocedere. Serve un periodo di ambientamento, ma intanto adesso parliamo di partite contro Inter, Juventus, Milan. Chi se lo sarebbe mai aspettato? E’ il bello del calcio”.



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