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In Paradiso si sta bene, perché non ci si annoia, non si è tormentati dai desideri e non si è mai in competizione col prossimo. I possessivi “mio” e “tuo” non si usano, così non si litiga mai e non si fanno guerre. Non essendovi denaro, nessuno delinque e tutti sono sempre in pace con tutti. Non si lavora e non si è mai stanchi o depressi. Si è tutti beati e non si prova invidia per chi è anche Santo. Anzi, Dio stesso chiude un occhio se, giù in terra, molti santi sono più famosi di lui.
Il primo novembre di ogni anno in terra si celebrano i santi e, dal cielo, essi partecipano con piace­re alla festa degli uomini. Da lassù li osservano, ne ascoltano discorsi e ragionamenti e li benedico­no, soprattutto quando vedono che si comportano bene e coltivano passioni positive. Tra queste pas­sioni, apprezzano molto lo sport, perché è risaputo che fa bene sia al corpo che all’anima.

Tra i molti Santi che popolano il Paradiso c’è anche Luigi Scrosoppi, patrono dei calciatori dal 2010. Questa grande anima, che in vita fu prete e si guadagnò la santità con molte opere di bene, quando riceve un incarico da Dio, sia pur tramite un suo vicario terreno, lo onora fino in fondo col massimo impegno; e spesso si rivolge ai suoi colleghi, affinché anch’essi proteggano chi si diletta o guadagna da vivere dando calci a un pallone. In questo modo, in Paradiso, il calcio diventa sem­pre più popolare, tanto che Dio ha concesso una piccola diminuzione di onniscienza, perché non si conoscano sempre in anticipo i risultati delle partite. Anche i santi, pertanto, a loro modo fanno il tifo, e sarebbero come gli uomini se non fosse che, quando le loro squadre perdono, non soffrono e gioiscono delle vittorie avversarie. Lo so che per noi mortali questa cosa è un mistero come quello della SS. Trinità, ma in quel luogo di sola beatitudine funziona così. Facciamocene una ragione e non pensiamoci più.

In questo periodo, ad esempio, i santi condividono la gioia di San Gennaro e ammirano lo splendido gioco del suo Napoli in testa alla classifica, anche se San Bartolomeo, apostolo di Cristo e patrono di Benevento, sarebbe tentato di chiedere al maestro che qualche punticino vada anche ai suoi protetti. E’ vero che lui è l’ultimo arrivato tra le aureole di serie A e si sente ancora spaesato, ma quel pensierino degli ultimi che saranno i primi lo tormenta da un po’. Non è che sia già stabilito – si chiede – che i giallo-rossi del Sannio siano primi per il Paradiso e ultimi quanto alla classifica?
Un altro molto felice per le fortune di San Gennaro è San Giorgio, che tuttavia si sente come il no­stro Vicari quando regala a Politano il pallone che dà il vantaggio al Sassuolo. La settimana scorsa, infatti, il santo l’ha combinata grossa, e non se ne dà pace. Avesse dovuto vedersela con un collega, pazienza! Ma – di grazia! – lui, patrono sia di Ferrara che di Sassuolo, non è riuscito a far contenti tutti con un bel pareggio. Dove avesse la testa proprio non sa! Sarebbe bastato un cenno benedicen­te per correggere di un paio di centimetri quel tiro di Antenucci finito sul palo, e il gioco sarebbe stato fatto. Un gol per parte e tanti applausi per tutti. Invece…
Per fortuna che la domenica successiva San Giorgio si è rifatto su San Giovanni Battista, patrono di Genova e di Torino, prendendosi la rivincita della batosta rimediata allo Stadium a metà settimana. Però sul gol rifilato ai grifoni, giura che lui non c’entra: Antenucci ha fatto tutto da solo, senza nemme­no un aiutino dal Cielo. Ora il Battista è felice della felicità di San Giorgio, ma è già lì che attende le prossime due sfide del girone d’andata, quando la Fiorentina – per la cronaca, è patrono anche di Firenze – e il Toro se la vedranno con la SPAL: ci tiene a condividere col valoroso draghicida la fe­licità per le vittorie delle proprie squadre.

Il draghicida, a sua volta, desidera la felicità di Alessandro, Patrono di Bergamo, e domenica pros­sima si propone di vincere a casa sua. Poi penserà ai debiti di felicità contratti verso molti amici santi. E’ vero che battendo l’Udinese ne ha fatti felici due in una volta sola, Ermacora e Fortunato, ma prima o poi farà i conti con quell’Ambrogio da Milano che per due volte è stato così buono con lui; e con Petronio, da Bologna, a cui bisognerà restituire la graziosa ospitalità ricevuta. Senza di­menticare Saturnino e Dionigi, protettori di Cagliari e Crotone, tornati a casa felici della felicità re­galata a Ferrara; e i SS. Apostoli Pietro e Paolo, patroni di Roma, si dovranno onorare come merita­no. Col Vescovo Moro, infine, quel Zeno Patrono di Verona e immigrato africano che diede lustro alla città, non ci sono problemi: c’è una tale amicizia tra i due che sono felici solo di incontrarsi, e le partite vadano come Dio vuole.
Questo è dunque il clima che si respira in Paradiso. Si sia beati o santi, si è sempre felici e contenti: niente rivalità, risentimenti o mugugni di alcun genere, anche se il calcio vi è diventato lo sport più popolare. Del resto, perché meravigliarsi: non è risaputo che il regno dei cieli è il luogo della feli­cità assoluta?

Certo, è vero. Solo che – resti tra noi – corre voce che il Padreterno, da qualche tempo, sia assillato da frequenti richieste di interessamento sulle partite, specialmente nelle fasi in cui l’arbitro chiede lumi al VAR o un giocatore sta per calciare un rigore o un altro rischia l’espulsione. E pare che tutti preghino affinché le loro squadre del cuore siano sempre soddisfatte. Lui però risponde sempre che le preghiere non servono per ottenere benefici calcistici e fa come Ponzio Pilato. Incredibile! Vuoi vedere che anche in Paradiso ora si prova soddisfazione a vincere, e il calcio vi sta portando un bel po’ di scompiglio? Poveri noi.



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