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Cristiano Mazzoni è uno che tende a farsi aspettare, almeno quando si tratta di letteratura. Lo dico per esperienza, perché i suoi articoli per LoSpallino arrivano quasi sempre senza alcun preavviso e di certo senza alcuna temporalità concordata. Tende a farsi aspettare anche perché il suo “Il Bar dei Giostrai” (edizioni Autodafé, 2017, 13 euro) per sua stessa ammissione è frutto di una gestazione lunghissima, lunga anni, che condensa in 128 pagine una vicenda che ha un sapore parecchio autobiografico. L’attesa è il denominatore comune dell’opera di Mazzo, perché nella chiacchierata tra i cugini Folco e Albi sembra esserci sempre qualcosa che impedisce di andare al cuore della storia, che rimanda ad un altro momento la rivelazione dell’intero punto focale della storia attraverso lunghi flashback. Lo stesso Mazzo, con un artificio narrativo, utilizza uno spazientito Albi per esortare Folco a fare presto, a raccontare cosa gli passa per la mente. Ma la mente del protagonista, neanche diciottenne, è un labirinto che richiede di essere percorso tutto e nel quale i punti fermi sono pochi: la borgata ferrarese incastonata tra via Argine Ducale e via Foro Boario, gli amici, la SPAL e il partito, il tutto in un momento storico – la seconda metà degli anni Ottanta – in cui le ideologie sono in sospetta posizione di fuorigioco.

Mazzoni racconta di una “generazione nata retrocessa” e lo fa riferendosi alla maledizione di non aver mai visto la SPAL sopra la serie C se non per poco, ma di fatto estende il ragionamento a una moltitudine di ragazzi nati sotto una stella opaca, con pochi soldi in tasca e che si portano dietro un carico di sfiga impossibile da trasportare tutta sui motorini scassati che permettono loro di spostarsi in città. Una Ferrara ancora paesone, in cui i quartieri hanno tutti un nome in codice e i relativi abitanti possono essere catalogati in base a una forma di tassonomia che oggi sarebbe del tutto impossibile. Una Ferrara in cui farsi crescere il pelo sullo stomaco imparando direttamente sulla propria pelle e nella quale si metteva in conto di perdere qualcuno per strada, trafitto da una “spada“, una siringa piena di eroina. Mazzo – che scrittore di professione non è, ma sa maneggiare bene le parole – rende bene il clima di quegli anni anche a beneficio di chi non c’era e colloca sulla scena una serie di personaggi sempre in bilico tra realtà e finzione. Da Carambola (che il Bar dei Giostrai lo gestisce) passando per La Vedova e Pj, fino all’angelica – ma non troppo – Erminia. Sigarette scroccate, zuffe, partite a boccette, le prime inzuppate: i ricordi di Fosco finiscono dentro una nebbia, quella della nostalgia, che ha la stessa consistenza del fumo che si incollava al soffitto dei bar prima che le leggi dello Stato lo spazzassero via. Oggi quel fumo non c’è più, il partito neanche, e pure il Bar dei Giostrai ha chiuso ed è stato quasi dimenticato. In compenso c’è ancora la SPAL, per di più sotto una buona stella. Ha fatto aspettare tutti per farsi ritrovare lì, Mazzo e Folco compresi. Ma ne è valsa la pena, in entrambi i casi, fidatevi.

Una presentazione de “Il Bar dei Giostrai” di Cristiano Mazzoni è in programma domenica 10 dicembre alle 19, dopo SPAL-Hellas Verona, presso il pub “Il Molo” di via Contrari a Ferrara.



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