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Con l’esonero di Davide Nicola a Udine diventano undici i cambi di guida tecnica in serie A per la stagione 2018-2019, visti anche gli avvicendamenti multipli sulle panchine di Genoa, Empoli e Chievo. Al di là delle motivazioni di queste scelte e dei rendimenti offerti da ciascun allenatore, salta all’occhio un dato: tra le squadre in lotta per la permanenza in serie A solo Cagliari e SPAL hanno deciso di rimanere con i propri allenatori, anche in presenza di momenti complicati.

Per essere chiari, nessuna delle due squadre ha trascorso una singola giornata nelle ultime tre posizioni di classifica e questa può costituire già di per sé una ragione sufficiente per non aver mai messo realmente in discussione Rolando Maran e Leonardo Semplici. Due che – a meno di sconquassi – arriveranno al termine della stagione potendosi fregiare del titolo di sopravvissuti in condizioni di mare agitato.

A organici modesti corrispondono – quasi sempre – risultati modesti. Lo stanno dimostrando le vicende di Chievo, Frosinone, Empoli e appunto Udinese: i cambi in panchina, le proverbiali scosse (spesso invocate dal pubblico), non hanno portato ai risultati inizialmente sperati. Possono aver dato una piccola scarica ai rispettivi spogliatoi, ma non hanno invertito la tendenza generale. Il Bologna a conti fatti sembra rappresentare l’unica eccezione a questo principio, considerato che l’effetto-Mihajlovic c’è stato ed è apprezzabile sotto il profilo statistico. Quantomeno ha rianimato una squadra (e con lei una tifoseria) che un mese fa veniva quasi data per spacciata.

La SPAL, alla pari del Cagliari, ha scelto la strada della perseveranza. Ha mostrato coerenza e compattezza d’intenti, dimostrando di credere nel progetto tecnico impostato assieme a Semplici, pur coltivando dei dubbi lungo la strada. Quelli sono legittimi e necessari: senza di essi non si riuscirebbe a vedere al di là del proprio naso. La SPAL ha sempre saputo che la scossa poteva venire dall’interno e non ci sarebbe stato bisogno di cercarla da qualche altra parte. Le energie erano già lì. Per citare il compianto coach Alberto Bucci: non si è cercato un colpevole (ammesso ci fosse), ma le ragioni dei suoi problemi e la relativa soluzione. Insieme per davvero, per ripartire e fare cose migliori di prima. Si vince come un gruppo e si perde come un gruppo: comodo trovare uno che paghi per tutti. Così si spiega la ferocia mostrata contro la Roma, così come si spiegano tante altre reazioni della squadra in momenti critici.

Intendiamoci: la SPAL è ancora lontana dal poter essere considerata al sicuro. Serviranno diverse altre prestazioni arrembanti e al tempo stesso giudiziose come quella di sabato scorso. A partire da quella dello “Stirpe” di Frosinone per vendicare il terribile 0-3 incassato in casa. Le basi – si è visto – ci sono tutte e partono da idee chiare, capacità d’autocritica e nervi saldi. La frenesia da cambio lasciamola ad altri: qui siamo a Ferrara, qui siamo alla SPAL.



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