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Salva con tre giornate d’anticipo, col terzultimo monte-ingaggi della serie A.
In undicesima alla 35^.
Con 10 punti in più rispetto alla stagione precedente.
A +2 su una Fiorentina che spende 15 milioni in più di stipendi.
Appaiata al Sassuolo che ne spende 10 di più e ha un allenatore da un milione a stagione (pur senza campionati vinti nel curriculum).

Tanto per cambiare, il valore di quanto fatto dalla SPAL in questa stagione verrà compreso in pieno solo più avanti. Sempre che ci sia il tempo di farlo. Terni e il suo 13 maggio sembrano l’altro ieri e invece sono passati due anni. 24 mesi nei quali non abbiamo avuto la concreta possibilità di mettere in prospettiva gli eventi, travolti da un progresso quotidiano che visto da vicino può apparire scontato, ma che messo in un quadro più ampio è a dir poco straordinario. La SPAL resta in serie A, mentre ad esempio il Frosinone fallisce per la seconda volta il tentativo di restarci. C’è una provincia felice e una che – pur investendo con le migliori intenzioni – si ritrova a ripartire di nuovo dal piano inferiore. Verrà il giorno in cui qualcuno si prenderà la briga di scoprire qual è il fattore X che rende la SPAL così  solida, così speciale, così resiliente, così ammirevole per chi vorrebbe fare come lei.

Tanti tifosi, soprattutto quelli che sono stati in posti improbabili dagli anni Ottanta in là, sono abbastanza convinti del fatto che sia in corso una sorta di restituzione karmica dovuta a decenni di orrori calcistici. Può essere, ma significherebbe fare un discreto torto a chi ha costruito un presente così entusiasmante. Quando parlano della SPAL, i suoi stessi protagonisti usano spesso la parola “equilibrio“. Un termine che può essere declinato in più contesti. Intanto la capacità di essere equilibrati nelle scelte gestionali e tecniche. Su questo la SPAL e Leonardo Semplici hanno trovato una sintonia probabilmente impossibile da replicare, oltre alla forza di ammettere i propri errori e di correggerli tempestivamente.
Ma anche l’equilibrio delle personalità: quelle dei proprietari sempre dal basso profilo (ma dal peso specifico enorme), quella di un presidente iperattivo, quella di un direttore sportivo scaltro e attento e quella di un mister troppo spesso sottovalutato, non solo sul campo. Mentre il mondo là fuori era ancora alle prese con la coda della recessione, la SPAL ha messo le basi del suo personale miracolo (non solo economico) incastrando alla perfezione le tessere a sua disposizione. L’ha fatto con le idee, l’ostinazione e quella dose di fortuna che meritava di avere. I numeri non mentono e inevitabilmente fanno volare la fantasia di chi vede ulteriori posizioni da scalare nei salotti del calcio italiano. Cosa può diventare la SPAL, pur rimanendo se stessa?

E’ un interrogativo affascinante, che anche in questo caso fa scattare quel senso di equilibrio che è alla base di tutto. Una stagione al di sopra delle aspettative può fuorviare, ma non annebbierà la vista di chi sta sul ponte di comando. Anzi, gli darà la convinzione di dover lavorare ancora più convintamente sui dettagli per fare in modo che la salvezza diventi quasi una questione noiosa. Forse allora capiremo davvero la grandezza di quanto abbiamo visto e lo sapremo raccontare trovando le parole giuste.



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