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Piatto caldo, bollente, temperatura di fusione degli atomi che insieme compongono la ceramica, sale grosso, un filo d’olio crudo e un rametto di timo. Un bistecca alla fiorentina da due chili e due, intorno ad un tavolo tondo quattro amici. No, non è una gita, anche se ne ha tutte le caratteristiche. La vista della città del giglio dall’alto toglie il fiato. Siamo ultimi in classifica, ma non c’importa. Io che notoriamente centellino le trasferte, barattando la tranquillità familiare alla mia passione, ci sono assieme a oltre ottocento ferraresi al seguito. Senza paura, senza timore del futuro, nessuna dietrologia, ora e subito.

Il week and era cominciato super bene, una cinquantina di teenagers anziani si ritrovano in località Buchi della Forca a celebrare il bar Trentino, la sua spensieratezza e la sua inestinguibile voglia di gioventù. Sabato barcollato, sono zoppo da una settimana, a causa di una caduta … da fermo, ho un passo che Ciolanka Sbilenka mi dà ottanta metri sui cento. La domenica mattina, solito posto, soliti amici, soliti abbracci e voglia di stare insieme. Questo è il motore che fa girare il mondo, in un universo di piccoli orti, di egoismi, di prima questi e dopo quelli, noi andiamo controcorrente, siamo in tanti che per scelta decidiamo di valicare gli Appennini. Scendiamo da Fiesole sotto un bel sole e una temperatura più che gradevole, parcheggiamo nel settore ospiti e pure lì mille sorrisi a sancire la nostra appartenenza.

Lo stadio è un monumento del ventennio, lo spicchio ospiti il solito. Ci si compatta, si fa mucchio, Marce dà le direttive senza nemmeno dire una piccola bestemmia. Si parte, si canta. Ho l’impressione che chi c’è abbia la voglia di esserci, ho l’impressione che la trasferta sia la certificazione della incrollabile volontà di crederci di una parte della tifoseria ferrarese, ho l’impressione che in pochi, alle volte si faccia di più che in tanti. Come la curva di S.P.A.L.-Lecce di coppa Italia, pareva fossimo in Lega Pro, pareva fossimo in trasferta, ma nonostante ciò eravamo bellissimi. Opinioni, in quanto tali opinabili. Sento la curva cantare e provo una grande emozione. Ora come allora, come sempre, quei colori mi fanno morire, non è colpa mia.

Occasione nel primo, ci impappiniamo. Pallonetto impossibile e colpo di tacco brasiliano. Bestemmie. Poi, sbuca un tizio a poco dalla fine e ci infila sotto la Fiesole.
Rabbia, risentimento, voglia di dare i pugni in cielo. Si tende all’abbattimento, siamo come un pugile pestato ma orgoglioso per tutto il match, incassa e picchia, quando l’avversario trova dal nulla un montante mancino che lo abbatte. Attaccato alle corde, il pugile si rialza, solo per vedere l’arbitro alzare il braccio all’avversario. Ma poi, un lampo nel buio, White al mio fianco su quei gradoni ieri e da mille anni or sono sentenzia:
“Il funerale si fa quando c’è il morto”.

Esatto ragazzo mio, sagge parole, l’unica sentenza definitiva ci sarà in primavera inoltrata, non sarà mai una tragedia, le tragedie sono altre. Ci potrebbe capitare di giocare di sabato, ma tutto rimarrebbe nell’ambito del sogno. A fine partita, la curva si rianima, ricomincia a cantare. Un gruppo di ragazzi di vent’anni, sotto le travature dello spicchio ospiti, canta, poga e ride come se avessimo vinto, la voglia nei loro occhi strappa più di un sorriso ai più attempati. Siamo vivi, siamo veri. Noi ci crediamo, e voi?

PS: Ringrazio vivamente chi ha deciso il percorso di rientro, facendoci imboccare l’autostrada a Firenze Sud, giro turistico che ci costa un’oretta di macchina in più. I meccanismi di dissuasione spesso sono subdoli. La passione va repressa, calpestata. L’obiettivo è quello creare dei clienti, dei fruitori di un servizio, l’importante è tenerci lontani gli uni dagli altri. Dissuasione, persuasione, divano e telecomando. Ma noi non lo saremo.

Forza vecchio cuore biancazzurro.



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