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A causare la sconfitta della SPAL nella partita giocata a Terni hanno contribuito diversi errori. Individuali e di squadra; di posizionamento e di tecnica; di strategia e di comunicazione. Di sicuro non tutti possono essere ascritti a Demba Thiam. Eppure il portiere, 23 anni, rischia di passare come il principale colpevole di un risultato sfavorevole che vede tutti coinvolti in diversa misura.

Thiam sa perfettamente che su quella botta dalla distanza di Martella avrebbe potuto fare meglio. Perché sì, l’esterno ex Crotone non è del tutto nuovo a saggi di balistica calcistica, ma la traiettoria è sembrata gestibile per un portiere della sua taglia, per di più dotato di visibilità adeguata davanti a sé. Thiam sa perfettamente che quel piccolo balzello quasi impercettibile sulla sua sinistra, istanti prima del tiro dell’avversario, gli ha tolto la possibilità di deviare il pallone, rialzarsi e rimproverare i compagni per aver lasciato una prateria nella quale Martella si è potuto lanciare all’attacco.

[Ok, Thiam sbaglia: ma in quella zona chi ci sarebbe dovuto essere?]

C’è di più. Thiam, pur con questo fardello addosso – perché il ragazzo è tutt’altro che scemo – ha continuato a fare il suo mestiere e nella ripresa, anziché mostrare segni di cedimento, ha contribuito a tenere in piedi la baracca con due parate ad alto coefficiente di difficoltà. È il suo dovere, si dirà. Certo, ma non è da considerare scontato dopo quanto accaduto nel primo tempo. La sfiducia e la paura possono fare molto. È una delle fregature del mestiere del portiere, di cui Demba è inevitabilmente al corrente.

A rendere scomoda molto più del necessario la posizione del portiere senegalese ha senz’altro contribuito Pep Clotet con dichiarazioni post-partita abbastanza inusuali. Raramente si sente un allenatore parlare in questo modo di un proprio giocatore. Nelle ultime settimane, al piano superiore, si è discusso molto delle prestazioni sotto la media (per essere generosi) di portieri prestigiosi come Samir Handanovic e Wojciech Szczęsny, ma non si sono sentite dichiarazioni analoghe da parte di Simone Inzaghi e Massimiliano Allegri come note a margine delle rispettive (e decisive) incertezze. Probabilmente perché additare la colpa di una sconfitta verso uno o più giocatori in particolare è indicato tra le cose da non fare nell’ipotetico manuale dell’allenatore modello e nel nostro paese si tende a praticare la politica dei panni sporchi da lavare in casa.

La scelta di sfiduciare Thiam, almeno a parole, può essere letta in due modi: sfogo d’ira dettato dalle emozioni o volontà calcolata di mandare un messaggio (dall’ampia risonanza) al diretto interessato. La scelta del titolare tra i pali per SPAL-Parma contribuirà a fugare il dubbio. E nel caso sarà interessante registrare l’impatto sul morale di Thiam, in un caso o nell’altro. Ma resta comunque un problema di fondo, almeno per chi osserva da fuori: l’errore del portiere vale più o meno di quello di Seck davanti a Iannarilli a metà del secondo tempo?

[Si poteva fare meglio? Presumibilmente sì]

C’è un denominatore comune in queste giocate decisive (in negativo) ed è quella dell’inesperienza. Thiam è un portiere che ha giocato 41 partite da professionista (compresa quella di domenica). Seck si ferma appena a 13. Entrambi, guarda caso, sono tra le pietre angolari di un progetto tecnico che non solo vuole mantenere un profilo basso, ma che ha come obiettivo primario la creazione di valore in chiave futura. Se la SPAL vuole fare di Thiam e di Seck i titolari (o gli affari di mercato) di domani, deve aver pazienza oggi e con lei anche tutti quelli che le vogliono bene. Anche a fronte dei roversci in campo e delle folate social di una piazza che ogni tanto mugugna (come peraltro tutte le altre).

Thiam, Seck, ma anche Esposito, Tripaldelli, Colombo e tutti gli altri ragazzi sbaglieranno ancora e la SPAL, verosimilmente, perderà altre partite in questo modo. Perché questo è il percorso di una squadra giovane, che sfiora appena i 24 anni di età media. Clotet ne è consapevole ed è stato tra i primi a chiedere di tenere le aspettative sotto controllo, nonostante un’idea di calcio estremamente ambiziosa e che necessariamente richiederà di accettare alcuni inconvenienti. “Trust the process“, dicono al di là dell’Atlantico, da dove viene Joe Tacopina. Abbiate fiducia nel processo (di costruzione), senza fare troppi processi a chi sbaglia.



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