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A meno di catastrofi la SPAL – intesa come collettivo di giocatori – domenica saluterà il suo pubblico perlopiù tra i sorrisi e gli abbracci e inizierà a programmare con un certo anticipo le vacanze. Se tutto andrà come è lecito attendersi, il viaggio a Olbia potrà essere nella migliore delle ipotesi l’ultima tappa verso una disperata rincorsa al decimo posto oppure una più probabile gita nella sempre incantevole Sardegna, per di più sul campo di una formazione già rassegnata alla retrocessione.

Domenica, inevitabilmente, si respirerà l’aria del dì di festa, ma non per via della probabile certezza aritmetica della salvezza in serie C. La vendita dei biglietti a basso costo sta andando piuttosto bene (almeno 3.500 già venduti), la curva Ovest ha in programma una coreografia per celebrare i cinquant’anni del movimento ultras a Ferrara e la presenza del migliaio di bambini coinvolti nel progetto “La Scuola Biancazzurra contribuirà ad alimentare un entusiasmo che in circostanze normali sarebbe quasi ingiustificato, a maggior ragione dopo quattro anni abbondanti di delusioni in sequenza. Casomai tutto ciò rappresenterà un promemoria per proprietà, dirigenza e calciatori: qui c’è un patrimonio di passione di una portata quasi inspiegabile che rischia seriamente di essere dissipato senza un cambio deciso di rotta.

Due anni fa il sospiro di sollievo collettivo dopo la larga vittoria sul Frosinone innescò una festa degna di un risultato memorabile, ma c’era una logica sensata in tutto ciò: era la serie B, c’era una SPAL ancora un po’ fragile reduce da un passaggio di proprietà, c’era un nuovo presidente che si pensava essere solo un po’ troppo esuberante e nulla più. Tanto da accoglierlo con notevole credito e vederlo in posa con la sciarpa della Ovest per una foto normalmente più in linea con quella di un album della promozione. Si pensava che lo scampato pericolo potesse rappresentare la base per ricominciare verso un futuro migliore. Niente di più sbagliato – col senno di poi.

foto Filippo Rubin

Un jolly di questo tipo è già stato giocato e per di più non ha alcuna validità al piano di sotto. Non certo con le premesse dell’estate 2023. Se la SPAL dovesse avere ragione del Pineto ci saranno altri tre punti da festeggiare (giustamente) assieme a dei tifosi che avranno logorato le loro corde vocali per altri 100 minuti, ma sarebbe un po’ strano sentire nelle parole dei protagonisti la celebrazione di un obiettivo – la salvezza – che è diventato tale appena s’è capito (presto) che la “stagione da protagonisti” era fuori dalla portata della squadra. La SPAL 2023/2024 ha perso un numero inaccettabile di occasioni per dare un svolta diversa a questa annata sportiva presentata come all’insegna del riscatto: se giornata di festa sarà, per molti tifosi sarà in un tono simile a quelle di fine anno scolastico alle scuole superiori, in cui ringraziare il cielo che sia finalmente finito. Di quelli da ringraziare il cielo di non vedere certe facce per i tre mesi successivi.

Tra le altre cose non è ancora del tutto chiaro se sarà presente Tacopina per l’occasione. L’avvocato ha assistito alla vittoria di Chiavari ed è rimasto in Italia in questi giorni, ma stando a ciò che si dice in via Copparo potrebbe anche scegliere di non prendere posto in tribuna. Che sia tra il pubblico o meno la sostanza cambierà di poco: già da ora l’attenzione inizia a essere rivolta nella sua direzione per capire quali potrebbero essere le prossime mosse. Un disimpegno non pare proprio essere nei programmi, ma non si può nemmeno dare scontato nemmeno un rilancio in grande stile dopo anni di dissanguamento economico. Va da sé che tirare fuori la SPAL dal pantano della serie C dovrebbe essere la sua priorità, il nodo è: come ha intenzione di provarci? Se ne parlerà a lungo appena gli impegni agonistici saranno terminati.

Nel frattempo domenica qualcuno entrerà in campo con la certezza di giocare la sua ultima gara al “Mazza”, qualcun altro non si porrà il problema, altri ancora si guarderanno attorno con la speranza di continuare a vedere coi propri occhi quanto amore ci può ancora essere per questi colori, nonostante anni a dir poco sfigati. Se festa sarà in un certo senso sarà una sorta di festa del ringraziamento, della squadra nei confronti dei tifosi, per aver attraversato faticosamente questi otto mesi di promesse non mantenute. Perché sì, la salvezza alla fine è un traguardo di qualche genere che non si poteva dare per scontato, ma non è all’altezza del nome della SPAL, del suo posto nella storia e soprattutto della sua gente che dimostra coi fatti di non abbandonarla mai.

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