Nei giorni successivi alla mancata iscrizione della SPAL in serie C tanta gente ha voluto dedicare un pensiero al club biancazzurro e al significato di questo evento storico per un’intera comunità di tifosi. Dai giocatori agli ex, dai ragazzi delle giovanili ai lavoratori. E poi tanti sostenitori, ma anche persone che hanno visto la SPAL entrare nella loro vita in modi inaspettati. Tra questi c’è Corrado Peli, papà di Riccardo, classe 2010 dell’Under 15, che ci invia questa lettera. La pubblichiamo molto volentieri.
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C’è un bar a Medicina, nella piana tra Bologna, Ferrara e Ravenna, dove le discussioni sul calcio prendono regolarmente il sopravvento su qualsiasi altro argomento. E quando queste conversazioni iniziano a viaggiare nel tempo, con i ricordi dei più anziani che si gonfiano come le catture dei pescatori — tra rovesciate impossibili ed epiche rimonte mai esistite — c’è un signore di ottant’anni che infila la mano nella tasca della giacca e tira fuori un foglio ingiallito, segnato dagli anni.
7 agosto 1963
Facciamo seguito alla prova da lei sostenuta sul nostro campo comunicandole che la nostra società sarebbe disposta a trattare il suo acquisto.
Quelle righe sono stampate su carta intestata della SPAL. Quel giovane, undici anni dopo, sarebbe diventato mio padre. Era la SPAL di Paolo Mazza, allenata da G.B. Fabbri, con in squadra Massei, Bozzao e un giovanissimo Fabio Capello. Mio padre non vestì mai la maglia biancazzurra perché suo padre – mio nonno – lo convinse che era meglio studiare. D’altronde, come avrebbe cantato Guccini qualche anno più tardi, “la pensione conta più di un cantante” (in questo caso, di un calciatore).
Ma si sa: il destino ama percorrere strade tortuose e il talento, spesso, salta una generazione. Così, se per me il calcio ha significato una modesta carriera tra Prima e Terza Categoria, ecco che mio figlio, esattamente un anno fa, 61 anni dopo suo nonno, ha ricevuto la stessa lettera. Da quel giorno, che oggi sembra lontanissimo, è cominciata un’avventura indimenticabile, per lui e per noi genitori. Partite vinte e perse, chilometri su chilometri, la fatica di tenere insieme scuola e campo, ma mai un dubbio: quella era la scelta giusta. E poi la prima volta allo stadio Mazza, alla prima giornata, e l’ultima – quella della salvezza – che abbiamo festeggiato abbracciandoci con le lacrime agli occhi. La doppietta di Molina voleva dire un altro anno insieme ai suoi amici. E invece no. È finita, nel modo più beffardo.
Ci resteranno i ricordi, e quella maglia numero 4 che Riccardo ha indossato così tante volte durante la stagione. Gliel’avevo fatta fare come ricordo, pensando: magari l’anno prossimo arriva uno più forte e giocherai meno. Mai avrei immaginato che a soffiargli il posto sarebbe stato un avvocato di New York. In fondo i ragazzi troveranno altre squadre e noi genitori percorreremo meno chilometri. Ma non va dimenticato che c’è anche chi, in questa storia, ha perso il lavoro. E quella sì, è una vera tragedia. Comunque vada, qualunque cosa riservi il futuro, da oggi la SPAL ha una famiglia di tifosi in più. E vada come vada sarò sempre uno spallino.