foto Rubin

Il pareggio per 2-2 maturato sul campo del Faenza, agguantato solo nel finale, non solo costa alla SPAL la vetta della classifica al termine del girone d’andata, ma evidenzia ancora una volta come la squadra sembri in questo momento incapace di approcciare certe gare con la giusta mentalità, finendo per concedere reti evitabili e vivendo le proprie partite in un pericoloso mix di ansia e nervosismo.

Per la sfida del “Bruno Neri” mister Di Benedetto (ancora in tribuna per squalifica) conferma l’undici che aveva ben figurato contro la Sampierana: Giacomel in porta, linea difensiva composta da Mambelli, Dall’Ara, Casella e Mazzali, Mazza, Ricci e Malivojevic in mediana, Senigagliesi, Carbonaro e Cozzari a formare il tridente offensivo.

In fase di non possesso, almeno nel corso del primo tempo, la SPAL ha tutto sommato giocato una buona gara: il movimento in pressione sui portatori di palla si è sviluppato bene, con Cozzari puntuale sul primo movimento, ben supportato dagli esterni Carbonaro e Senigagliesi e dalle rotazioni in uscita del centrocampo, risultando efficace nel recupero di palla alto. La linea difensiva non ha sofferto particolarmente gli attaccanti avversari, riuscendo con costanza a giocare in anticipo e ben disimpegnandosi in fase di temporeggiamento e raddoppio sulle giocate in profondità.  Il vantaggio del Faenza, arrivato dopo pochi minuti di gioco, è figlio di un grave errore di valutazione di Giacomel, che forse avrebbe potuto lasciare la gestione della situazione da rimessa laterale alla linea difensiva (correttamente schierata), piuttosto che cercare un’uscita in una situazione di grande traffico.

In fase di possesso si è apprezzata, sempre nella prima frazione di gioco, una discreta circolazione della palla al netto di un terreno di gioco davvero brutto, non livellato e pieno di zolle. Pur non sviluppando le proprie trame con troppa ampiezza (Carbonaro e Senigagliesi hanno di fatto giocato parecchio all’interno), i frequenti cambi di gioco hanno costretto il Faenza a un grosso lavoro sui riposizionamenti difensivi e lasciato alla SPAL la possibilità di creare superiorità numerica. Il sostegno della mediana all’azione offensiva è stato buono, per quanto negli ultimi venticinque metri alle volte si siano cercate delle giocate centrali forzate, lette bene dalla difesa avversaria. Nulla la ricerca della conclusione dalla distanza che, su un terreno del genere, sarebbe potuta essere un fattore.

A inizio secondo tempo la SPAL modifica subito il proprio assetto con l’inserimento di Piccioni per Malivojevic, con il chiaro intento di aumentare il peso specifico in avanti. La scelta non paga, perché la SPAL perdendo con un uomo in  meno mediana (o comunque in raccordo tra mediana e attacco) smette di cercare una costruzione ragionata che nel primo tempo aveva consentito di tenere il controllo del gioco, limitandosi a lanciare la palla lunga sulle punte. Per stessa ammissione di Di Benedetto la SPAL non è una squadra adatta a questo tipo di gioco, e, come visto lungo tutto il secondo tempo, la manovra si è completamente inceppata.

La difesa ha iniziato a lavorare sotto pressione a causa del ricorso al lancio lungo degli avversari, riuscendo comunque a recuperare palla senza correre pericoli: a quel punto, con Ricci e Mazza in debito di ossigeno (il centrocampo spallino non ha in rosa giocatori da corsa “box to box”) l’unica soluzione per Dall’Ara e compagni era una palla lunga su Piccioni che tuttavia è stato costantemente anticipato. L’ingresso di Moretti per Mazza ha ulteriormente accentuato la difficoltà del centrocampo e aumentato la pressione sulla difesa, senza che la SPAL abbia mai realmente creato pericoli alla porta difesa da Zauli.

Il raddoppio del Faenza arriva dopo un’azione nella quale gli avversari hanno potuto avanzare senza pressione della linea mediana e con la difesa completamente imbambolata, che è scappata troppo rapidamente senza che nessun giocatore riuscisse a contrastare l’attaccante avversario. Fortunatamente Carbonaro, ancora una volta, evita una sconfitta incastrando nel sette un pallone lavorato bene da Piccioni.

La trasferta di Faenza è l’ennesima nella quale la SPAL si dimostra non in grado di gestire gare su campi pesanti o in situazioni di svantaggio: Sanpaimola e Sant’Agostino hanno avuto storie molto simili a quanto visto a Faenza, e cronologicamente rappresentano anche le ultime tre trasferte degli uomini di Di Benedetto. Il girone di andata volge al termine e lascia un messaggio preoccupante circa la bipolarità della SPAL, capace di partite ottime, giocate con fluidità ed automatismi, ad altre nelle quali sembra una squadra che non si conosce e che troppo facilmente perde le proprie certezze, cercando giocate improvvisate, scivolando in inutili nervosismi, e ricorrendo a soluzioni tattiche che probabilmente aumentano questo senso di smarrimento ed improvvisazione.

Si è a lungo parlato delle pressioni legate all’indossare la maglia della SPAL e ora che la vetta della classifica è stata lasciata a un Mezzolara infallibile in questa fase della stagione,  va da sé che le pressioni cresceranno ulteriormente. È necessaria una riflessione profonda e critica su quanto visto in questa prima parte di stagione, e che si prenda coscienza della realtà di un girone sì complesso, ma che allo stesso tempo non ha mai visto la SPAL soffrire se non per propria stessa causa.

Occorre lavorare sulle proprie certezze e cercare di migliorare quanto acquisito, limitando il più possibile tutte quelle soluzioni estemporanee che si è capito che la squadra non è in grado di digerire. L’ultima partita dell’anno, sabato 20 dicembre in trasferta contro il Pietracuta valida per la coppa Italia, sarà utile per cercare di mettersi alle spalle il brutto pomeriggio di Faenza e cercare di dimostrare di poter sempre primeggiare, indipendentemente da avversari, campi e situazioni avverse.

 

— Andrea Coletta, 42 anni, è allenatore UEFA B dal 2013 e negli ultimi anni ha lavorato come direttore tecnico in ambito dilettantistico.

Lascia un commento