Lo stato di salute del settore giovanile della SPAL è decisamente migliore di quello della prima squadra, almeno per quanto concerne i risultati sul campo. Due delle Under nazionali (U17 e U16) hanno conquistato i playoff di categoria facendo ottimi percorsi e ora affrontano la fase degli spareggi con grande entusiasmo.
L’Under 16 allenata da Eros Schiavon è forse quella che più impressionato, almeno sul fronte dei numeri: 1° posto nella stagione regolare (+6 sul Padova), 1 sola sconfitta, miglior attacco, seconda miglior difesa. Ora arriva l’appuntamento col Perugia per provare a tenere vivo il sogno del titolo italiano di serie C: primo round domenica 18 maggio alle ore 16 al centro sportivo “Paolo Rossi” del capoluogo umbro. Il ritorno si disputerà a Ferrara una settimana dopo, il 25 maggio.
In vista di questa serie di partite abbiamo voluto incontrare mister Schiavon per fare un bilancio sulla sua annata e capire quali sono le aspettative in vista del playoff.
Mister, avete appena concluso una regular season incredibile, con un primo posto mai veramente messo in discussione. Ci puoi fare un bilancio di quest’anno?
“Penso sia stata un’annata straordinaria in cui il tempo è volato. Partiamo dal principio: dal primo giorno ho visto una rosa con un grande spirito di squadra, con un’innata voglia di vincere. Tutti e 27 i giocatori hanno trainato sempre in avanti cercando di fare sempre il meglio, anche al di là degli ostacoli come infortuni o altri problemi. Io ho cercato di dare loro una sola base: imparare a non prendere gol, un fondamentale sul quale mi sono concentrato per tre quarti di campionato e in vista dei playoff. Se hai una difesa forte poi un gol lo trovi. o per errore degli avversari, o perché fortunatamente abbiamo davanti dei giocatori importanti che ti possono tirar fuori la giocata. La nostra base è stata questa: una difesa e un centrocampo compatto, davanti tanti giocatori che possono fare la differenza, come si è visto durante il campionato“.
Effettivamente questa squadra ha sempre dimostrato di essere un gruppo molto unito e coeso, con un’impostazione più corale che individuale: basti pensare che in rosa ben 6 giocatori diversi hanno superato i 5 gol in campionato. Confermo questa sensazione?
“Sì, quello del gruppo è un imprinting giornaliero, ho voluto fargli capire che con un solo giocatore forte non si vince, ma che ce ne vogliono 27. E questa è stata la fortuna e la bravura dei giocatori stessi, perché hanno sempre cercato di collaborare fra di loro e hanno creato un bel clima al di là del minutaggio di ciascuno“.
Con un gruppo così, immagino sia stato difficile fare la formazione ogni domenica.
“Questa è la parte bella del fare l’allenatore ma al tempo stesso la più complicata. Io ho sempre cercato di cambiare il più possibile e di dare una possibilità a chiunque ha lavorato bene e con continuità. Dietro c’è anche una scelta societaria che è rivolta a far crescere ogni giocatore in rosa, ed è bello lavorare così. Quando poi ci sono state delle difficoltà ho sempre cercato di essere diretto e dare spiegazioni semplici, che è la cosa più facile e per me la migliore nell’interesse dei ragazzi“.
Come stanno i ragazzi in vista dei playoff?
“In questo momento credo che il più carico di tutti sia io (ride, ndr). Però questo traguardo l’hanno raggiunto i ragazzi e se lo devono godere. Sarà bellissimo fare questi playoff perché puoi avere un riscontro del tuo lavoro giocando contro realtà degli altri gironi. Questi playoff sono una partenza verso un altro obiettivo che dobbiamo cercare di raggiungere, anche se non sarà per niente facile. Noi adesso dobbiamo ricaricare le batterie, recuperare qualche infortunato, e poi partiamo a bomba“.
Andando più sul personale, com’è stato per te tornare a vestire questi colori e a lavorare in questo ambiente dopo tanti anni?
“Fare l’allenatore è più difficile che giocare, perché davvero non ci dormi la notte. Devi pensare alla miglior formazione, a come stanno mentalmente e fisicamente, è un pensiero continuo. A volte parto da casa per venire al centro sportivo e neanche mi accorgo di aver fatto il tragitto perché nel frattempo mi sono messo a pensare a tutte le scelte che si potrebbero fare per migliorare ogni giorno la squadra. Ci sono dei giorni in cui Max (De Gregorio, il responsabile del settore giovanile – ndr) mi deve mandare a casa perché io stare qui a guardare allenamenti e partite di tutti (ride, ndr). Per me fare questo lavoro è entusiasmante e farlo qui alla SPAL è amore puro. Qui ho vinto, amo questa città e mi sento un ferrarese: se il direttore mi dovesse chiedere di stare qui al centro sportivo 24 ore su 24 lo farei molto volentieri. Forse le uniche in disaccordo sarebbero mia moglie e mia figlia (ride, ndr)“.
Sei un allenatore giovane e hai chiuso da poco (2023) col calcio giocato: ti viene mai la tentazione di fare le partitelle di allenamento coi ragazzi?
“Ne faccio anche troppe a dire la verità (ride, ndr). Però non lo faccio per divertimento, ma perché penso che stare in campo coi ragazzi significhi avere una prospettiva diversa dal solito di come si muovono, di come si parlano, delle decisioni che prendono. Poi è chiaro che c’è il rapporto e magari qualcuno prova la giocata per impressionarmi o per andarmi via. All’inizio avevano un po’ di soggezione, ora non più e sono io a dovermi trattenere di dare qualche stecca (ride, ndr). Però qualche volta ho risposto a delle sfide con un tunnel, è stato divertente“.