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In casa mia ho una stanza… tuttologa, un ex garage che spesso mi vede ospite, rinchiuso nella mia bolla alla ricerca del Karma. Dice: “Ma che c’entra con la SPAL”. C’entra, c’entra, portate pazienza. La cameretta è un coacervo di freezer, scarpiere, ripiani stipati di libri e album di foto (pre millennio digitale), un armadio contenente il tutto, una scrivania tipo cassetta della FRAM, con sopra un computer a carburo, dalla velocità prossima ad un bit all’ora (forse meno), una cyclette arrugginita e… una tele con dvd, residuo dei bei tempi in cui le mie bimbe si guardavano i cartoni ed io ero cintura nera, ad honorem, della Disney. Ok, mi direte, tutta sta pippa per raccontarci una partita vista alla TV. Ezà.

No, non avete capito. Come spesso dico nei miei articoli non ho Sky(fo) e né DABON, la SPAL per me è solo partecipazione e quindi o la vedo allo stadio oppure, la immagino alla radio o tramite ammennicoli vari in una immane sofferenza digitale. Quindi mi piazzo su una simil poltrona a sdraio da casa, davanti allo schermo nero del televisore ed ascolto la radio cronaca su RAI Radio uno, una roba molto prossima al disagio. I radiocronisti non sono quelli di un tempo e fatico ad immaginarmi le azioni, differenza abissale rispetto ai tempi in cui, con una radio gialla, in cortile mi ascoltavo nel dettaglio la radiocronaca alla R.E.I. Urlo e sbraito in solitudine sulla ribattuta in gol di Paloschino, le mie femmine in sala si stanno sparando un filmone, facendo zapping acrobatico tra le reti del digitale. La Samp pareggia, mugugno bestemmie in tutte le lingue conosciute e forse pure in aramaico, troppo pochi quattro minuti dalla nostra segnatura. Passa mia figlia grande per andare al bagno e mi dice: “Sai papà che fai un po’ compassione”, ed in effetti …

Soffro, ma è una sofferenza strana, solitaria, mi manca il contatto fisico spalla a spalla con i miei compagni di stadio, la SPAL va vissuta fisicamente, radio, TV e computer non renderanno mai un millesimo della passione che trasuda dai gradoni di una curva. La mia curva. Leggo che i miei eroi a Marassi, hanno attaccato gli striscioni al rovescio, perché i solerti rappresentanti della legge hanno vietato loro di entrare con la bandiera di Federico ed hanno sequestrato le bandierine con la sua immagine. Difficile commentare provvedimenti simili, quali paure, quale recondito significato anti-Stato viene dato ad una bandiera così bella? Significato politico? Astio nei confronti delle forze dell’ordine? No, in quell’immagine c’è il ricordo, la memoria, la vita, sventolata con orgoglio, durante una partita di calcio. Soffro e mi contorco, sulla poltrona, mi pare di percepire che ce la giochiamo.

Due a uno. Sgrano il rosario, inizia la novena, le campane delle chiese limitrofe si mettono a suonare per coprire le mie blasfemie, arriva un tizio vestito di nero e mi sguazza con l’acqua santa, mi si gira la testa di 360°, vomito verde. I gol avversari li prende sempre sobriamente e con molta sportività. Petagnone combatte, il portiere della Samp, sembra Yashin. Siamo vivi. La partita finisce. Pive nel sacco. Perché poi, diciamola tutta a me perdere col Porto Iolebirre, Castello Dellefate o con il Santos di Edson Arantes Do Nascimiento, fa incazzare uguale, non è che la prendo bene, esseno io Spallopatico dalla nascita. Ringrazio i ragazzi che sono andati a Genova di lunedì, ringrazio la mia squadra grande, arrivederci alla prossima puntata, continuando a vivere il nostro sogno, nella speranza che la vittoria, ritorni a farci visita.

Ps: per i radiocronisti, non siamo né biancoblu e né bianco celesti, siamo biancazzurri. Segnatevelo.



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