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Siamo tanta roba ragàzz! Sento Sandro e mi aspetto da un minuto all’altro il jingle “103 e 400 da Ferrara in stereofonia”. Mi vedo in piedi di fronte al bar con la Irving estraibile della mia Giulietta scarburata che pompa i decibel della radiocronaca. Invece sono accasciato sulla mia poltrona da campeggio con le gambe sopra una seggiola della cucina, con una “berta” in pile sulle gambe, un vero e proprio guerriero della notte. Il primo quarto d’ora, lo ammetto, mi scappa un po’ l’occhio, ma il torpore del Merlot svanisce quando Sandro certifica il goal di Paloschino. Uno a zero per noi. Poco dopo secondo diretto al muso degli avversari. Due a zero. Quando sento nominare tra le fila dei pisani il nome di De Vitis il mio orologio biologico torna ancora una volta indietro al passato, quando Totò furoreggiava tra le fila della Triestina e noi arrancavamo in serie C. Ere geologiche fa, la deriva dei continenti, Pangea e Pantalassa.

Durante l’ascolto della partita, in sottofondo sento Wind of change, un soffio biancoazzurro su tutta la cadetteria. Secondo tempo e secondo uno-due, che poi è un tre-quattro che fa sicuramente felice Butto, esimio maestro di boxe. I nerazzurri sono all’angolo, pieni di lividi. E niente, Paloschi prima guida la scarificatrice, poi sale sulla vibrofinitrice: Tomovic appoggia la vanga e passa sul Pisa con il Rullo Bitelli, mentre DiFra esegue le finiture, posiziona la segnaletica sia orizzontale che verticale. La strada è fatta, ora bisogna solo seguirla fino in fondo.

E mi viene in mente, qualche cosa che non c’entra niente (cit.), una antica partita col Pisa dei primi anni Novanta, nella quale feci arrabbiare il povero Luciano. In quegli anni credo avessimo una sorta di patto di non belligeranza col Pisa (o ricordo male? Boh) una specie rispetto speciale, se non proprio una vera simpatia. Durante una azione di gioco un giocatore nerazzurro entrò alla zio viglion su un nostro giocatore (forse Zamuner) e in quel preciso momento mi si ostruì la vena della moderazione (mediamente già molto sottile). Imprecai in maniera vistosa e quasi in solitaria in tutta la curva. Qualche gradone dietro di me, Luciano si incazzò come una vipera del Boscone della Mesola per la mia sfrontatezza e mi inveì contro a brutto muso: “Ma chi el cù lì con c’la parùca…” frase che divenne epica e ancor oggi nelle serate tra amici (quando si poteva sigh!) viene ricordata. Vero Stena? Ultima nota, Sandro ci ha raccontato il quarto gol in differita, perché Federico ha segnato durante lo spot pubblicitario. Grandissimo gesto atletico del nostro radiocronista ufficiale in diretta dagli anni Novanta. Come un onda che tutto travolge, questo canto d’amore per te. Forza vecchio cuore biancoazzurro



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