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Storie americane. Anzi: storie all’americana, quelle tradizionali degli sceneggiatori della Hollywood anni Settanta, con l’eroe appesantito dalla gloria che ne passa di tutti i colori e alla fine trova la redenzione con un’impresa di qualche genere. Giuseppe Rossi la sua personale redenzione l’ha trovata con un gol, il primo con la SPAL dopo appena 35 minuti di gioco complessivi se calcolati dall’ingresso in campo nella partita di una settimana fa.

Lo sceneggiatore, nei canoni cinematografici quel tipo che non gioca a dadi, per i profani semplicemente un Salvatore (anche se…), il pallone buono per la redenzione gliel’ha messo sulla testa. Numero di volte in cui era accaduto a Rossi in 17 anni e spiccioli di carriera: tre (su 137). E non è stato uno di quei colpi di testa solo da appoggiare, senza opposizione, da uomo giusto al posto giusto. Rossi quel pallone se l’è proprio andato a prendere in testa agli avversari, trovando lo slancio sulle sue ginocchia malandate e piene di cicatrici. Come solo gli attaccanti della sua classe sanno fare. Se poi si tratta di un gol decisivo, in grado di risollevare una squadra intera in difficoltà, allora il film è bello che fatto e non resta che pensare al sequel, almeno per chi è ottimista.

Decida poi il produttore Joe Tacopina se chiamarlo miracolo del ringraziamento (anzi, thanksgiving) per uno che dalla vita ha ricevuto tantissimo – a partire da uno straordinario talento – ma s’è sentito portar via ingiustamente tanti di quelli che dovevano essere i suoi giorni più luminosi. Rossi ha risposto subito, senza farsi aspettare lungamente come i campioni ormai a fine corsa che strappano l’ultimo contratto per testardaggine, se non addirittura per far cassa grazie al proprio nome.

Ha superato i limiti di un fisico ancora in affanno facendo valere la testa. Quella di chi ha aspettato, aspettato e aspettato e in quel tempo ha trovato una cognizione del tempo completamente personale e asimmetrica, nella quale 1.301 giorni in fondo non sono poi così tanti, in cui gli istinti portano sempre lì: dove c’è un pallone vagante, una porta da infilare, un altro momento di felicità. In cui c’è sempre un punto dal quale ripartire e fanculo alla carta d’identità o agli scricchiolii delle articolazioni.

Grazie a Rossi il mondo intero osserva con curiosità la SPAL e questo non può che essere un bene, soprattutto di questi tempi. Il suo gol sta diventando uno spot per i colori biancazzurri e un nuovo inizio per lui, che non aspettava altro che questo. Ed è un (tentativo di) inizio diverso dagli altri. Quando segnò col Genoa, più di tre anni fa, i giochi di quel campionato erano già fatti. E anche quindici mesi fa, quand’era di scena a Portland, segnò in una partita poi chiusa con una rimonta, ma in una competizione di cui nessuno sentiva realmente il bisogno. Ora c’è qualcosa di più serio in palio ed è per sfide del genere che i campioni si esaltano.

La nostalgia è una trappola dice qualcuno, probabilmente ha anche ragione. Ma in fondo tutti avevamo bisogno di credere che Rossi potesse farcela, anche solo una volta, a tornare decisivo. Per vederlo cavalcare trionfante verso il tramonto come certi eroi del West c’è ancora tempo e servirà dell’altro, ma intanto godiamoci questo film. È bello già così, anche se dovesse durare poco.



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