foto Filippo Rubin
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Stavolta vorrei scrivere una cosa diversa, non i soliti post zigaloni, niente a che vedere con la solita retorica che vi propina il mio asfittico neurone. Oggi vorrei parlarvi di politica. Non di elezioni, perché l’ultima volta che ho vinto erano le europee del 1984. Vi volevo parlare del mio concetto di politica. Politica è una coreografia come quella di sabato, in cui decine e decine di persone giovani e meno hanno progettato, costruito e realizzato una coreografia in sostegno delle persone colpite dall’alluvione nelle Marche. Ragazz* che hanno speso il loro tempo ad attaccare, seggiolino per seggiolino, foglietti plastificati rossi, bianchi e azzurri, in un ordine metodico e maniacale che ha rispettato il progetto e l’idea, di dimostrare il loro sostegno alle persone che hanno perso tutto. Questa è LA POLITICA, ma non solo.

La Ovest, per sua natura apolitica e apartitica, in realtà è una curva che fa politica da molto tempo: raccoglie fondi, organizza feste, convegni, dibattiti, scrive libri, conosce e applica il concetto di solidarietà. Questo è, questo siamo. La settimana scorsa in zona fiera è stato realizzato un evento epocale, forse pure questo mai tentato, con un altissimo coefficiente di difficoltà. Una festa a cui sono state invitate tutte le curve d’Italia per parlare di diritti civili, degli abusi degli uomini in divisa, per parlare di Federico, Stefano e tanti altri che hanno perso la vita quando erano nelle mani dello Stato, per mano dello Stato. Avete presente in quanti hanno gufato o sperato che succedesse qualcosa di sbagliato, anche solo un ragazzo che pisciasse fuori dai WC chimici? Invece la maturità di un mondo per troppo tempo usato come capro espiatorio per le miserie umane ha dimostrato di essere diverso, di non volere essere dipinto da mani che non lo conoscono. Un mondo anarchico che si dà regole, prima che siano gli altri a dargliele. Una festa dell’aggregazione, piena di lacrime e abbracci, dove Patrizia, Lino, Ilaria, Fabio e tanti altri hanno parlato e cantato con gli ultras, con quel mondo che per primo ha sollevato da terra il corpo martoriato di Aldro e ne ha fatto un simbolo, un emblema. Questo è fare politica, altro che quel cazzo di voto utile o inutile che mummie in doppio petto o tailleur ci chiedono periodicamente. L’utopia, ragazzi miei, esiste e una vita spesa nella sua ricerca è una vita ben spesa.

Sabato prima di andare alla SPAL ho fatto una cosa importante. Anzi, credevo di vederne traccia sui giornali locali. Assieme all’assistenza ingegneristica di mia moglie ho montato un mobiletto in plastica sul balcone. Il mobiletto in oggetto si componeva di quattro milioni di pezzi a incastro, viti di ferro su supporti di plastica, chissà chi è quel genio che l’ha pensata? Ebbene dopo solo tre ore sono riuscito a montare le sezione A, B e C, mi sono riservato di completare la D e la E dopo la partita e di fissare il tutto a muro nella giornata di domenica. Non potete capire, quando l’armadietto traballante è stato messo in piedi, mi sentivo Gustave Eiffel prima dell’inaugurazione dell’esposizione universale del 1900. Va bene, mi accontento con poco.

Parto molto presto e assieme a Mary e Nico. Andiamo all’ingresso della grada a vendere libri e ad effettuare la raccolta per le Marche. Bella esperienza per la quale ringrazio i due esponenti dei LAPS che mi hanno dato la possibilità di farla. La politica dicevamo è partecipazione, voglia di esserci, voglia di fare, scrivere due righe, alzare un cartoncino, prendere una vanga e andare dove c’è bisogno (grazie ai ragazzi della curva che anche questa volta, nella tragedia, hanno indossato stivali in gomma e imbracciato un badile per aiutare le persone colpite). Quanto orgoglio che provo ad essere una piccola briciola di un mondo fantastico.

A cinque minuti dall’inizio siamo ognuno ai nostri posti e alzo (casualmente) un plastichino rosso. La gente come noi non molla mai, forza Marche non mollare. Di fronte a noi un bella tifoseria, ci omaggia di una pezza con l’immagine di Federico, lo stadio applaude, la partita può iniziare. Poi, per citare la frase di un romanzo, “l’amore vince sempre e al massimo pareggia”. Alle volte perde pure, ma non è questo il problema: basta sudare, esserci, rendersi conto di fare parte di una comunità, capire quanto è importante la maglia che si indossa, quante generazioni hanno gridato per lei. Ultimo ma non ultimo, ringrazio tutte le persone che hanno voluto dare il proprio contributo versando quanto potevano per le popolazioni colpite. Ringrazio chi ha acquistato il libro, ringrazio tutti quelli che dal proprio posto hanno dato il loro contributo per la buona riuscita della meravigliosa coreografia di sabato. Perché loro non lo sanno, ma così facendo hanno fatto politica. Forza Marche non mollare e forza vecchio cuore biancazzurro.



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