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Il 2022 è stato un altro anno avaro di risultati di rilievo per la SPAL, ma comunque contraddistinto da tantissimi temi di discussione che hanno animato il dibattito pubblico. Vogliamo provare a riassumerlo in dieci parole chiave.

1. Importante
L’aggettivo preferito di Roberto Venturato, usato a profusione nei dieci mesi del suo incarico. Una parola diventata una sorta di manifesto della scarsa propensione alla comunicazione dell’ex allenatore del Cittadella, tanto che nella fase finale della sua esperienza a Ferrara più di qualcuno aveva iniziato a fare la conta degli “importante” nelle conferenze stampa per vedere se il record precedente sarebbe stato battuto. Ogni area della pratica calcistica può avere una declinazione utile per l’importante: “prestazione importante”, “valori importanti”, “fisicità importante” o “occasioni (da gol) importanti”. Se si parla di capacità di comunicare (importante) Daniele De Rossi sta surclassando il suo predecessore, peccato che finora si tratti dell’unico aspetto in cui ha fatto vedere risultati migliori.

foto Filippo Rubin

2. Obiettivi
Joe Tacopina a volte è un po’ avventato quando si esprime (in pubblico e non), ma non è certo un fesso. Mai da agosto in poi ha pronunciato la parola “playoff” di fronte ai media, né ha fatto allusioni troppo esplicite all’eventuale promozione in serie A a breve termine. In questo è stato probabilmente consigliato saggiamente dal suo staff, perché nella sua prima stagione da presidente della SPAL s’era tirato addosso parecchie critiche per la tendenza a fissare troppo in alto gli obiettivi stagionali, anche quando i numeri andavano nella direzione opposta e c’era il rischio concreto di retrocedere. In tempi relativamente recenti Tacopina ha rimarcato di avere ben presente – assieme alla squadra – dove si può arrivare al termine del campionato e più di qualcuno ci ha visto un’allusione a un piazzamento playoff. La classifica per il momento dice altro e in via Copparo prevale la linea del realismo, ossia quella di considerare una priorità assoluta il salvare la pellaccia. L’obiettivo per ora è quello e c’è poco da discutere. Dovesse arrivare un’altra salvezza (più o meno risicata) poi che succederà?

foto Filippo Rubin

3. Mercato
A settembre era parso che il pubblico e la critica fossero mediamente soddisfatti dell’operato della società, malgrado qualche rilievo critico sul reparto dei centrali e degli esterni. Ironia della sorte: oggi vengono reclamati a gran voce interventi a centrocampo e in attacco, proprio dove la SPAL sembrava aver assestato i famosi “colpi” con Proia, Valzania, Maistro, La Mantia e Moncini. Quasi tutti questi giocatori hanno reso meno di quanto ci si aspettasse da loro e quindi da ormai un paio di mesi l’operato di Fabio Lupo è stato messo in seria discussione dai tifosi. C’è però un tema più ampio: da appassionati di calcio siamo diventati malati di mercato. Complice anche una certa deriva dei media che se ne occupano ossessivamente, siamo arrivati a pensare che la risposta ai mali di una squadra stia sempre lì. Nel comprare e nel vendere, come se si trattasse di vecchie poltrone o motorini usati da piazzare su qualche sito di compravendita online. La realtà però è un pochino più complessa di così. Altro risvolto più o meno collaterale: per mesi è stata portata avanti la narrazione “dei-giocatori-voluti-da-Venturato”. Posto che si tratta di una semplificazione un po’ troppo netta (ma che può far comodo), De Rossi di recente ha iniziato a usarla come un alibi, quando in principio aveva detto di non apprezzare particolarmente chi tendeva a farlo. Segno di apprendimento delle strategie standard di comunicazione degli allenatori italiani?

foto Filippo Rubin

4. Casa
Dal 2020 a oggi la SPAL ha giocato 61 partite al “Mazza”, perdendone addirittura 26. In percentuale è quasi il 43% del totale. Per fare un confronto rapido: nel triennio 2017-2019 il dato era stato di 19 sconfitte su 60 gare (32%). E in quell’arco di tempo la squadra era in serie A, eccezion fatta per i primi 6 mesi del 2017. Ormai a Ferrara sono più le feste di avversari (e relativi sostenitori) che belle giornate per il pubblico di casa e questo sta mettendo a dura prova la tempra di una tifoseria che molto spesso ha garantito la sua presenza al di là dei risultati, almeno nella sua componente più appassionata. Perché la SPAL faccia così pena quando gioca al Mazza nessuno lo sa spiegare. Nel 2020 e in parte del 2021 ci poteva essere la scusa degli spalti vuoti o a capienza ridotta, ma la musica non è cambiata nemmeno con la riapertura totale. La storia del fattore campo è andata a farsi friggere già da un po’ (ammesso sia mai esistita veramente), ma per mantenere vivi entusiasmo e partecipazione è necessario migliorare.

foto Filippo Rubin

5. Identità
Se c’è una cosa – una delle poche – che accomuna Venturato e De Rossi è il ricorso frequente al tema dell’identità della squadra, ossia quell’insieme di caratteristiche riconoscibili e funzionanti che portano un collettivo a giocare in un certo modo. Per un breve momento la SPAL di Venturato sembrava averla trovata, anche se questa comportava un’esposizione quasi scriteriata al contropiede degli avversari. Con De Rossi la nuova identità si è tradotta soprattutto su un gioco più ragionato, meno verticale, ma anche più accorto difensivamente. Almeno all’inizio, perché DDR è passato gradualmente da un 352 piuttosto rigido a un 3421 che ha contribuito a declassare La Mantia a riserva di Rabbi per il posto da centravanti. Non è dato a sapere quanta effettiva sintonia ci sia tra allenatore e ds sulla direzione che dovrà prendere la squadra, ma da questo elemento dipenderanno molte delle mosse – potenzialmente decisive – del mercato di riparazione.

foto Filippo Rubin

6. Punta
Per 7 mesi buoni il ritornello dell’ag vol la punta è proseguito a pieno volume, sospinto anche da una candida ammissione di Joe Tacopina durante un’intervista di fine stagione concessa ad Alessandro Sovrani. Quando è arrivato La Mantia dopo una lunga e laboriosa trattativa più o meno tutti ci siamo detti che il problema era da considerare ampiamente risolto, a maggior ragione visto che nel frattempo era stato preso anche Moncini che può senz’altro aver dei limiti, ma sa come si fanno i gol. L’inizio di Re Mida di ALM19 aveva persino consolidato questa sicurezza e invece nel giro di poco più di un mese tutto sembra essere tornato come prima. Segno tangibile di un principio vecchio come il calcio: la qualità degli interpreti conta, ma vanno considerate molte altre variabili. Il sistema di gioco, il funzionamento del reparto, i compiti attribuiti ai singoli, le fasi della stagione, la compatibilità di idee con l’allenatore in panchina in quel momento.

foto Filippo Rubin

7. Atteggiamento (Effort&Attitude)
Gli allenatori sono spesso abituati a dire che non contano granché i moduli con cui la squadra scende in campo, ma l’atteggiamento che viene messo nella loro applicazione e in tutto ciò che è stato preparato attraverso gli allenamenti. Hanno mediamente ragione e infatti i due tecnici che si sono avvicendati sulla panchina della SPAL nel 2022 hanno messo una certa enfasi su questo concetto. Così come l’ha fatto in senso più largo Joe Tacopina con la sua ricetta a base di Effort&Attitude. Il presidente da tempo ripete questo concetto secondo il quale concentrandosi esclusivamente sulle cose di cui si può avere controllo nulla è precluso, compresi risultati eccezionali. Perché nel suo caso è andata proprio così ed è questo ad averlo reso un businessman di grande successo. Delle due l’una: o in via Copparo nessuno ha ben capito come funziona questa filosofia oppure va amaramente riconosciuto come le variabili di una stagione sportiva siano talmente tante e imprevedibili che neanche il più competente dei maestri zen potrebbe capirne per davvero qualcosa e orientare gli eventi in suo favore.

foto Filippo Rubin

8. Sostenibilità
Parlando con chi ha una conoscenza abbastanza approfondita dei conti della SPAL e dei concetti teorici utili a comprenderli, si giunge frequentemente alla conclusione che là fuori non tutti abbiano capito completamente quanto il club sia arrivato vicino dal guardare in pieno volto spettri davvero orrendi tra il 2020 e il 2021. L’arrivo di Joe Tacopina e il senso di responsabilità della famiglia Colombarini hanno evitato il peggio, ma il percorso di riequilibrio dei conti è ancora in corso. Non perché sia mancato l’impegno, ma perché la portata di certi numeri richiedeva tempo. Che nel calcio non si riesce mai ad avere, ma che è indispensabile per sistemare un’azienda senza prendere scorciatoie o fare operazioni torbide. Qualcuno accusa Tacopina di non aver speso abbastanza per fare ciò che ha annunciato di voler fare (riportare la SPAL in serie A), ma i bilanci per il momento dicono l’esatto contrario. Poi ovviamente si può dibattere: tutte le risorse messe su strutture tecniche e aziendali, settore giovanile e sviluppo aziendale sarebbero dovute essere dirottate sulla prima squadra per prendere tre o quattro giocatori in più? Chi lo pensa è assolutamente legittimato a farlo, ma la storie di certe società italiane dicono che gli all-in non pagano quasi mai, a meno di avere proprietari con fondi praticamente illimitati (es.: Silvio Berlusconi). Per quanto sia difficile da accettare – soprattutto di fronte a certi proclami – la SPAL è impegnata in un percorso che la sta riportando a una dimensione più consona alle sue possibilità. Non per una mancanza di ambizioni, ma per una consapevolezza dei propri mezzi. Si è speso, ma si è soprattutto investito e sono due cose diverse. E dal risultato di questi investimenti dipende una buona fetta del futuro.

foto Filippo Rubin

9. Investitori
Un altro anno è trascorso e sulla provenienza dei capitali che contribuiscono a mandare avanti la SPAL c’è ancora un’aura di incertezza. Il nodo di per sé è molto semplice: Joe Tacopina ha dalla sua parte uno o più investitori e non intende rivelarne l’identità per ragioni di riservatezza. L’unica eccezione è stata quella di Pat Carroll, poi defilatosi, presentato ufficialmente con tanto di conferenza stampa ad agosto 2021. Anche in questo caso ci sono due modi di vedere la questione. Il primo è quello pratico: fino a che tutti vengono pagati regolarmente e non ci sono problemi di liquidità che importanza dovrebbe avere se le risorse vengono dai conti bancari di Tacopina o da quelli di un fantomatico mister X? E questa è la linea che prevale dalle parti di via Copparo. Il secondo ha a che fare con una dimensione di carattere etico: il presidente dovrebbe essere più trasparente nei confronti della comunità che sta rappresentando, soprattutto quand’è così ristretta? C’è chi pensa di sì, ma in molti casi lo fa con uno scopo recondito: misurare l’effettiva forza economica a disposizione del club, almeno in potenza. In altre parole: fare i conti in tasca al ricco di turno per capire quanti soldi può riversare dentro la SPAL. Informazione importante, ma la si può considerare fondamentale? La materia è molto complessa: Tacopina si muove in ambienti economico-finanziari che funzionano con regole molto diverse a quelle riservate ai comuni cittadini e non c’è modo di sapere con quali presupposti siano stati imbarcati gli investitori e se questi si aspettino qualcosa di specifico entro un determinato arco di tempo. Risposte che solo l’avvocato potrebbe dare, ammesso decida di volerlo fare.

foto Filippo Rubin

10. Giovani
Il 2022 è stato l’anno nel quale la SPAL ha continuato a investire sul proprio settore giovanile. I risultati sul campo sono stati buoni, con l’unica vera macchia rappresentata dalla retrocessione della Primavera nel campionato 2. Ma c’è anche stato il meraviglioso successo dell’Under 18 di mister Pedriali che ha portato a Ferrara un tricolore che mancava da decenni. In tanti casi il club sta ancora raccogliendo i frutti dell’eccellente lavoro di Ruggero Ludergnani (ora al Torino) e del suo gruppo di lavoro, ma nel frattempo il nuovo responsabile Andrea Catellani ha iniziato ad accentuare la sua impronta manageriale con un approccio di totale dedizione alla causa. Al di là dei risultati nei singoli campionati la vera sfida sta nella valorizzazione dei ragazzi. Perché la SPAL è davvero nelle condizioni di esprimere dei talenti, ma il loro coinvolgimento in prima squadra è ancora un po’ troppo legato a circostanze eccezionali più che a una vera filosofia. Si pensi al minutaggio di Peda (2002) che è derivato perlopiù dall’assenza prolungata del più esperto Varnier e dai problemi fisici avuti da Arena quando sembrava il titolare designato. Eppure il polacco ha dimostrato di poterci stare eccome a quel livello. Prima che certi ragazzi finiscano col creare valore altrove (es.: D’Andrea, 2004 che ora gioca in serie A al Sassuolo) potrebbe essere una buona idea dar loro un pizzico di fiducia in più, evitando alla società di dover ricorrere costantemente a ingaggi con effetti a breve termine.



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