archivio Filippo Rubin
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Uno dei pezzi forti del programma del sabato alla festa della Curva Ovest è stato senz’altro l’intervento dell’ex presidente biancazzurro Walter Mattioli, invitato a fare un saluto a quella che per otto anni è stata la sua tifoseria. Accolto tra l’euforia generale il presidente della doppia promozione è intervenuto per raccontare il rapporto tra la dirigenza e gli ultras durante il suo lungo periodo alla SPAL, senza risparmiare una piccola ma comunque attesa frecciatina a Joe Tacopina

“Nel luglio del 2013 venni chiamato da Francesco Colombarini che mi disse: ‘Noi siamo la nuova SPAL e tu sarai il nuovo presidente’. Questa cosa non solo mi riempì di gioia, ma ero quasi incredulo di quello che effettivamente stava succedendo. Avevo fatto sì il presidente per il piccolo paese di Masi Torello per 25 anni, ma da tifoso spallino essere il nuovo presidente della SPAL era qualcosa che mi toccava tantissimo. La prima cosa che pensai insieme ai miei collaboratori fu quella di incontrare i tifosi. Abbiamo quindi  organizzato un incontro, grazie al coordinamento della signora Ferozzi, con i ragazzi della curva al Paolo Mazza che erano all’incirca una trentina. C’è stata questa presentazione collettiva ed è nato un vero e proprio rapporto perché da una parte la Ovest chiedeva un comportamento serio, costituito da costanti aggiornamenti circa l’operato della società e incontri per affrontare le eventuali problematiche, d’altra parte noi dirigenza chiedevamo il massimo appoggio da parte di un movimento che non conoscevamo”.

“Abbiamo collaborato per otto anni in maniera speciale anche se ci sono state delle contestazioni: alla seconda sconfitta all’arrivo di Semplici in C1 siamo stati chiamati a uscire in mezzo alla folla con la curva che ci ha detto alcune cose. Negli spogliatoi ho detto ai ragazzi che era necessario uscire e beccarci qualche insulto per quello che stavamo facendo e soprattutto per la posizione in classifica in cui ci trovavamo visto che eravamo penultimi. Sono cose che nel calcio succedono perché se uno vuole fare il presidente e non vuole sentire degli insulti, non deve fare il presidente di calcio e fare un altro mestiere. Da quel momento c’è stata la svolta, perché la SPAL non ha più perso una partita e nei due anni successivi abbiamo fatto il doppio salto di categoria. Qualcuno era rimasto sicuramente male dalle parole pronunciate dagli esponenti della curva, ma dopo solamente dieci/dodici giorni ci fu la cena di Natale e un gruppetto di ultras venne a farci gli auguri e a darci sostegno. Fu l’occasione per far notare alla squadra che al di là della contestazione loro ci sono e ci saranno sempre”.

“Era nato un rapporto molto particolare e soprattutto in B e in A c’erano numerose riunioni tra lega e dirigenti in cui si parlava dei rapporti tra società e tifoseria. Mi ricordo che a una riunione il presidente di lega mi chiese un responso su questo tipo di rapporto. Risposi che con i miei ragazzi era tutto a posto e ho usato in maniera voluta questo termine perché penso che uno da solo non vincerà mai nulla. Ho creato questa grande famiglia sportiva in cui  tutti devono partecipare e dare qualcosa di speciale a partire dal presidente fino ad arrivare a dirigenti, giocatori e tifosi. Oggi uso il termine ‘i miei ragazzi’ perché sono persone con cui ho un rapporto di stima e amicizia e mi sento di dire questo”.



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