La prima stagione di Massimo Pedriali da allenatore della SPAL Primavera ha rappresentato abbastanza bene gli alti e i bassi che il calcio giovanile può riservare, anche al suo livello più alto. I biancazzurri hanno fatto un bellissimo girone d’andata, chiudendo provvisoriamente al quarto posto, prima di entrare in forte sofferenza a causa di partenze in ruoli chiave durante l’inverno e fare i conti con un inevitabile calo di forma. Un ruolo indiretto l’ha avuto anche la prima squadra, soprattutto durante la gestione-Dossena, quando era necessario integrare l’organico con diversi ragazzi, alcuni dei quali hanno anche debuttato in serie C.
Considerato che l’obiettivo stagionale era la salvezza è andato tutto bene, anche perché pure nel periodo grigio la formazione di mister Pedriali non è mai mancata per impegno e prestazione, non sfigurando contro alcun avversario, nemmeno con Parma e Como che hanno fatto investimenti importanti. La classifica finale del girone A vede la SPAL al 12° posto, con il quattordicesimo attacco e la quinta difesa del campionato, ma con tutta la determinazione di migliorare questi risultati nella prossima stagione.
Mister, avete concluso un campionato che vi ha visti protagonisti per gran parte del girone d’andata per poi avere delle difficoltà nel girone di ritorno e centrare la salvezza all’ultima giornata. Ci può fare un suo personale bilancio di quest’anno?
“Quest’anno è stato molto positivo in termini complessivi. A inizio stagione parlando con il responsabile del settore giovanile (Massimiliano De Gregorio) l’obiettivo era il mantenimento della categoria e la crescita dei ragazzi. Volevamo che non ci fosse troppo dislivello di condizione fisica tra la prima squadra e la Primavera per fare in modo che i ragazzi fossero in grado di tenere il passo con mister Dossena. Avevamo individuato un gruppo squadra che per il raggiungimento dell’obiettivo doveva avere un reparto offensivo con giocatori esperti, che avessero già fatto la categoria. Con Pisasale, Angeletti e Camelio eravamo ben coperti. Poi abbiamo avuto Camelio che è andato in pianta stabile in prima squadra; Angeletti spesso si allenava con la prima squadra e purtroppo Pisasale alla quinta settimana si è fatto male. Inizialmente abbiamo fatto dei risultati positivi, con la squadra che fino a dicembre è andata bene nonostante mancassero i terminali offensivi. Da dicembre in poi, analizzando la situazione anche con il responsabile, abbiamo deciso che i ragazzi del 2005 e 2006 che non rientravano nel contesto prima squadra era giusto farli crescere nel campionato di serie D”.
La scelta ha pagato?
“Direi di sì. Marrale ha avuto un rendimento alto al Sora. Antonciuc ha giocato a Desenzano, Angeletti purtroppo ha avuto subito un infortunio che lo ha tenuto lontano dai campi, sennò avrebbe potuto dare una mano al Castelfidardo. Nistor è andato all’Imolese e Zenti è passato in prima squadra. Abbiamo avuto anche Baud Banaga che a gennaio è passato all’Empoli e ha disputato dieci partite in Primavera 1. Di conseguenza c’è stato l’inserimento di altri giocatori che nel girone di andata avevano giocato meno. Probabilmente il fatto che ci sia mancato qualche risultato rispetto all’andata ha fatto sembrare che la squadra non sia andata bene. Invece fa parte del percorso che i ragazzi del 2007 dovevano fare, poiché arrivavano da campionati di livello minore. Abbiamo ragionato sul fatto che Roda, Sermenghi e Camara fossero giocatori che pronti a stare nel nostro gruppo e li abbiamo fatti giocare con continuità e con un minutaggio elevato. Sicuramente potevamo conquistare la salvezza prima dell’ultima giornata, però pur non arrivando i risultati, le prestazioni non sono mai mancate e questa era la cosa fondamentale. Si tende a guardare sempre il risultato, però i ragazzi sono cresciuti e di questo siamo tutti contenti”.
Si parlava dei ragazzi che hanno già assaggiato la serie D e il calcio dei grandi: ritiene che per loro sia stata un’esperienza formativa e una tappa fondamentale per la loro crescita?
“Quando arrivano in Primavera molte volte i ragazzi storcono il naso se gli viene proposto di essere mandati in serie D, perché preferiscono rimanere tra i professionisti. Io invece dico che piuttosto che giocare cinque spezzoni in serie C, è meglio che ne facciano 30 in serie D. Stiamo vedendo che alcuni ragazzi che sono passati da noi negli ultimi anni come Verza, Martelli, Ribello, Vesprini e Carbone sono giocatori che si sono fatti un’esperienza in questi due anni e sono pronti anche per ritornare a Ferrara e dare un contributo coi grandi. L’intento del settore giovanile è anche questo. Magari ci sono giocatori come Rao e Camelio che sono già pronti per il salto in prima squadra arrivando dalla Primavera, mentre altri hanno bisogno di un altro tipo di percorso, magari facendo un giro più lungo. Giocatori come Cecchinato e Contè quest’anno hanno debuttato, mentre ci sono giocatori del reparto difensivo che non hanno avuto l’opportunità perché a livello di rosa la prima squadra era coperta e sono stati un po’ penalizzati. Va detto che mai come quest’anno c’è stata armonia tra tutte le categorie. C’è stato un momento in cui per due mesi abbiamo avuto almeno otto giocatori che erano fissi con la prima squadra e grazie all’aiuto dei mister del settore giovanile siamo riusciti a sopperire a queste assenze con prestiti di giocatori dalle annate inferiori. Alla fine, ci siamo ritrovati con i giocatori della Primavera, della Juniores, dell’U17 e U16 che sono cresciuti. Possiamo dire che l’anno è filato liscio, al netto delle difficoltà della prima squadra. Se in prima squadra non si fanno male otto giocatori ogni squadra giovanile mantiene la sua rosa e il percorso diventa più lineare. Ci siamo dati una mano come settore giovanile quando ce n’è stato bisogno valutando giusto questo tipo di percorso e i risultati ci hanno premiato”.
Parlare dei singoli nel calcio giovanile non è mai ideale, però tanti ragazzi della Primavera sono già noti grazie ai debutti in prima squadra e alcuni hanno anche il contratto da apprendistato: come vede il loro percorso?
“Da allenatore della Primavera vedere Contè che debutta con gol, Cecchinato che fa due spezzoni di qualità in prima squadra e Tarolli che quest’anno è cresciuto tantissimo rispetto alla stagione passata mi fa molto piacere. Bisogna ringraziare anche tutto lo staff che ha lavorato sulla preparazione di calciatori completi, perché solo così possono arrivare ad alti livelli. Solo la tecnica e la fisicità non contano più. Si è alzato molto il livello e un giocatore per rimanere stabilmente in prima squadra deve avere quattro elementi fondamentali: tecnica, fisicità, aspetto mentale e quello tattico. Se manca qualche cosa si scende rapidamente”.
Dopo aver visto il percorso di molti dei ragazzi fin dall’Under 17 che valutazione fa del livello preparatorio del campionato Primavera? Il salto verso la serie C va considerato quasi proibitivo o in fondo non è poi così ampio?
“Dopo la Primavera 2 andrebbe fatta anche la Primavera 1, perché quest’anno abbiamo incontrato la Juventus in Coppa Italia e pur facendo una partita impeccabile il divario è stato netto sotto ogni punto di vista. Como e Parma che in questa stagione hanno investito tanto sono arrivate davanti alle altre con molti punti di distacco. C’è differenza già tra questi due campionati. Vediamo che anche giocatori di Primavera 1 in squadre di serie C fanno fatica e quindi vanno rispettati dei percorsi. Non vale per tutti perché ci sono le eccezioni, ma di norma dovrebbe essere così. Il divario è troppo alto tra la Primavera e le prime squadre. Andare in Serie D dove c’è la pressione del risultato e di fare bene sicuramente forma il giocatore a livello caratteriale di gioco. I dieci mesi trascorsi da Vesprini a Reggio Calabria sono stati una palestra importantissima che neanche il campionato di Primavera 1 ti porta. Quando sei in Primavera 1 l’obiettivo è debuttare in serie A e quindi l’interesse per il risultato e per la crescita personale è relativo. Quando vai in serie D si inizia a giocare in piazze importanti, a stare accanto a gente che lo fa da tanti anni e se si riesce a superare e a convivere con questa pressione, quando si va in un’altra squadra tutto viene più facile. Il calcio è fatto di momenti. Bisogna capitare nel posto giusto al momento giusto. Penso anche alla storia di Fiori, che qui non aveva particolarmente impressionato rispetto ad altri, ma è esploso col Mantova dopo aver fatto un anno di serie D in Abruzzo. Probabilmente quell’esperienza gli ha permesso di sviluppare meglio il suo potenziale, anche a livello umano. E a Mantova ha trovato un contesto giusto per lui, cosa che magari qui non era scontata”.
Ritiene che la rosa a sua disposizione, al netto di infortuni e cessioni, sia stata ben assemblata?
“Inizialmente avevo richiesto una punta fisica, perché non l’ho mai avuta e mi sarebbe piaciuto avere a disposizione un giocatore che in alcuni momenti della partita, specialmente nel girone di ritorno, facesse salire la squadra e tenesse il possesso del pallone. Avevamo inquadrato in Marotta questa tipologia di attaccante, però purtroppo è stato molto sfortunato poiché ha svolto solo due allenamenti e poi è dovuto rimanere fuori per infortuni abbastanza gravi. Quando è andato via anche Angeletti a gennaio non c’è stata la possibilità di rimpiazzarli. L’allenatore della Primavera è giusto che faccia delle richieste, ma d’altra parte è giusto che valorizzi il materiale che ha. Io e il mio staff ci abbiamo messo tutti noi stessi. Io, Capisani, Brunello e Timperanza abbiamo dato il massimo. La squadra ha sempre lavorato di carattere, consapevole di avere qualche limite, però ogni giocatore ha tirato fuori tutto quello che aveva. Alla fine dell’anno li abbiamo ringraziati perché noi siamo stati sempre molto esigenti e comunque tra scuola, allenamenti e trasferte piano piano le energie si esauriscono. Noi dobbiamo lavorare sempre con la massima velocità, poi è chiaro che ci sono quelli che riescono a tenere dieci mesi e quelli che ne tengono sette e lì bisogna essere bravi a concedergli un po’ di riposo. Alcuni ragazzi nel girone di ritorno erano cotti. È da mettere in preventivo che, quando giochi con giocatori non abituati a questi campionati alla lunga il passaggio di tre categorie lo soffrono”.
Dopo tanti anni nelle giovanili e tanti bei risultati, si sentirebbe pronto a passare tra i grandi?
“Credo che sia il percorso che deve fare un allenatore. Quando si arriva ad un campionato Primavera è chiaro che la serie D e i ‘grandi‘ devono essere il passaggio successivo. Non nascondo che allenare ancora la Primavera della SPAL mi darebbe una soddisfazione enorme, perché quest’anno abbiamo lavorato bene e mi piacerebbe dare continuità. Poi sono di Ferrara e ci tengo molto. Vedere la crescita di questi ragazzi è la cosa più importante. I due scudetti vinti con l’Under 18 fanno più che piacere, però a darmi veramente soddisfazione è sentire i ragazzi che ho allenato che mi chiamano, o vederli in televisione. Perché vuol dire che l’apporto mio e di tutti gli altri allenatori hanno dato qualcosa alla crescita di questi giocatori. Aver visto quest’anno debuttare sei ragazzi del settore giovanile in prima squadra (Kane, Camelio, Cecchinato, Contè, Tarolli, Boccia), significa avere una gratificazione per quanto viene fatto sul campo. Secondo me questo deve essere il percorso della SPAL. Ogni anno bisogna individuare uno o due giocatori su cui puntare. Far giocare dei ragazzi giovani comporta molti rischi e non è facile. Nelle partite dove c’è l’opportunità bisogna iniziare a mettere dentro questi giocatori giovani che sono pronti, perché il compito del settore giovanile professionistico è quasi sempre prendere un giocatore, lavorarlo e poi venderlo. In serie C bisogna costruire una rosa di venti giocatori in cui tre o quattro di questi provengono dal settore giovanile, ovviamente tenendo sempre conto degli obiettivi della società”.