Domenica in curva mi sono fatto una foto con due giocatori che qualche anno fa l’Eccellenza l’avrebbero giocata col pacchetto di Camel gialle nascoste nel risvolto nelle maniche della maglietta. Siamo sotto il primo livello del calcio dilettantistico, se scaviamo più in basso troviamo solo il ristorante Lo Scoglio e Fruttilandia. Questo non dimentichiamocelo mai, al netto del “noi sempre ci saremo“, questo sia chiaro. Altrettanto lapalissiano è il fatto che la curva sta tre quattro categorie sopra, fuori standard, fuori contesto.
E niente dopo quasi dieci anni di articoli, sofferenze ed entusiasmi, paradisi e inferni, non è facile riprendere in mano la tastiera, mi sembra di essere un disco a diciotto giri, mi sento una Fiat 127 che va a tre cilindri, mi manca lo spunto, sono scarburato come la mia vecchia Giulietta 1.600 cc a gas. Non mi sono abituato e mai lo farò a questa merda d’Eccellenza. Sì, lo so che siamo un po’ indietro, che il pallone è rotondo e che non ci sono più le mezze stagioni. Anzi, so pure che domenica abbiamo meritatamente vinto e che magari abbiamo imbroccato la via giusta. Ma è lo stesso, non ce la faccio a scrivere solo di farfalline nello stomaco e di quattromila anime che hanno cantato e festeggiato.
Io vedo similitudini col passato e questo mi fa sputare la bile nera: gli investimenti sulla prima squadra, sacrificando in parte le giovanili e la squadra femminile, al momento non si vedono. Una batteria di attaccanti da 40 gol ci è stata soffiata dal Nonantola o dal Gambettola. La proprietà latita e tituba, non c’è, non si vede, è pure sanzionata, l’organigramma, la caduta dal pero, il fulmine a ciel sereno. Attenzione! Abbiamo già visto tutto, la pazienza è finita alcuni anni fa, occorre un cambio di registro, immediato.
Li sento i commentatori che dicono “se non ti sta bene stai a casa“, “dagli tempo“, “senza di loro chissà dove saremmo“, e tutta la sequela di frasi trite e ritrite già abbondantemente sentite.
No, io non do tempo a nessuno. Noi dobbiamo essere un rullo compressore, dobbiamo finire le partite con la paglia in bocca, dopo avere dimostrato che non siamo l’Ars et Labor, ma la S.P.A.L., una squadra di professionisti tra i dilettanti, un’anomalia talmente evidente che gli avversari prima delle partite sacrificano un salame all’aglio di un metro sull’altare della nostra potenza, presente, passata e futura. Forse si capirà perché non ho scritto prima, perché se dopo una bella vittoria mi escono parole poco consone, figuriamoci dopo avere perso contro la Fratta, dove io e mio cugino ci abbiamo fatto le terme da bambini e dove ci sono più sputi sulfurei che persone.
Ma lasciamo perdere velocemente il passato: troviamolo questo attaccante, rendiamo più visibile e meno torbida la struttura societaria, facciamo sentire che questa Ars e Labor esiste, perché, ripeto, noi conosciamo solo ed esclusivamente la S.P.A.L., narrazione e sogno di una comunità intera. Domenica mi sembrava pure migliore la birra al barino, ma il Funky dall’alto del suo pragmatismo bolscevico ha detto che forse sono state le endorfine causate dai due gol. E vabbè, prendiamo queste piccole soddisfazioni come gocce di Valium, che assopiscano la rabbia non ancora asciugata per questo schifo di categoria. No amici miei, io non mi abituerò mai all’Eccellenza e mi raccomando, non fatelo neppure voi. Forza vecchio cuore biancazzurro.
— Cristiano Mazzoni è nato nell’autunno caldo del 1969 a Ferrara, in borgata. Ha scritto qualche libro, ma non è scrittore, compone parole in colonna, ma non è poeta, collabora con alcune testate giornalistiche ma non è giornalista. Lavora come impiegato metalmeccanico e scrive di SPAL quando se la sente. Nel 2024 ha pubblicato un libro con alcuni dei suoi scritti pubblicati su LoSpallino.com: a Sergio Floccari, Luca Mora e Leonardo Semplici è piaciuto molto.