foto Manderioli

Caro Babbo Natale,
sono un bambino degli anni Settanta, quindi cosa vuol dire quando mi rispondi “Non sei più un bambino”. Non mi sembra gentile da parte tua sottolineare queste quisquilie, per cui fammi proseguire. Il mondo è una vera merda e quindi non vorrei metterti apprensione con desideri troppo elevati, d’accordo che sei Babbo Natale, ma non sei mica Mandrake, quindi procedo.

Ti prometto che ti preparerò la “brazadela” col vino dolce davanti al camino e dato che sono abbastanza cresciuto ti aspetterò alzato e ci racconteremo storielle sconce fino alla mattina scolandoci il suddetto vinello. Che dici? Sto tergiversando? In effetti la prendo lunga. Quindi non ho intenzione di farti spendere troppi soldi: le Benazzi a tredici tacchetti non te le chiedo, neppure il Mitre che magari puoi portarlo ad altri bambini. In che senso non sanno cos’è il Mitre e neppure le Benazzi? Ma non usa più giocare a pallone? Cosa mi dici che i bambini del nuovo millennio a cinque anni hanno già un ruolo assegnato dall’allenatore? Ma non dire cazzate Babbo, nel cortile non ci sono ruoli, c’è solo un pallone, la porta di un garage, la ghiaia, un tombino e dei pivelli che lo rincorrono.

Cosa dici? Il braccetto di difesa, il quinto, la saturazione in fase di non possesso, un diversivo tra le linee, l’agglutinamento tra i reparti? Te Babbo stai male, io sto parlando di pallone non di meccanica quantistica e se non la smetti con ‘ste cazzate, ti do fuoco alla barba. E comunque la letterina è la mia non mi interrompere. Dicevo: lasciamo stare i desideri materiali, ti vorrei parlare della mia squadra del cuore, credo una delle più sfigate dai tempi del disastro aereo sulle Ande, noi bimbi che abbiamo preso luce al capolino degli anni Sessanta, siamo nati retrocessi (cit. anzi auto cit.). Pensa te Babbo che io nasco nel 1969 e quella squadra a righe strette biancazzurre cosa decide di fare? Retrocede per la prima volta in terza serie, per dirti sotto quali auspici nasco. Poi dai, la storia la conosci anche tu, su e giù, su e giù per la Val Dindona, diversi fallimenti, la follia di una categoria sopra alla serie B, che poi alla fine non so nemmeno se è successo davvero, forse noi bambini degli anni di piombo stiamo pure diventando sclerotici.

E poi che succede? Ci salviamo dalla fetente serie C all’ultima giornata con undicimila persone allo stadio e quel Belzebù palestrato ci sbatte in una categoria di poco superiore al C.S.I. Come è strana questa vita e che destino infame per i tifosi della Società Polisportiva Ars et Labor. Cosa stai dicendo Babbo? Adesso si chiama solo Ars e Labor? Ma non mi dire cazzate: S.P.A.L., si chiama S.P.A.L., non mi interessano le carte bollate, i notai, o tutta quella rututuia, quella è la mia squadra, non sei tu a dovermi dire come si chiama. Me lo hanno già detto i miei vecchi quale è il suo nome e la sua storia, non mi far perdere la concentrazione.

E quindi veniamo al desiderio, provo a sintetizzarlo, non è poi così semplice. Voglio che la mia squadra frantumi il campionato, anzi no, lo nebulizzi, voglio che faccia talmente tanti gol che gli arbitri debbano entrare in campo col tablet. Una pioggia, una catastrofe di gol. La nostra porta dovrà essere un muro fatto con dei forati 25×25, con scritto sopra “The Wall” in stile Pink Floyd. Poi Babbo già che ci sono ti chiedo pure un mutuo per le prossime letterine, quindi oltre a vincere il campionato, vorrei che la S.P.A.L. ne vincesse altri dieci di fila, con tutte le coppe possibili e immaginabili, compresa la coppa del nonno e la coppa di testa; vorrei che gli avversari prima di entrare in campo versassero litri di lacrime e che a tutti i loro giocatori venisse la sciolta dalla paura.

Vorrei pure che un giorno il Real Madrid venisse a visitare la sala dei trofei della S.P.A.L., e che si strabuzzasse gli occhi per il tanto oro presente in quella sala, roba che i musei vaticani ci fanno un baffo. Ecco Babbo, non credo di avere esagerato, prenditi il tuo tempo, pensaci e mi raccomando esaudisci questi piccoli desideri di questo bimbo un po’ vintage, d’altronde ai tifosi della S.P.A.L. tu ha sempre fatto pochi regali, per cui credo che potresti cominciare quest’anno e proseguire per l’eternità. Forza vecchio cuore biancazzurro.

— Cristiano Mazzoni è nato nell’autunno caldo del 1969 a Ferrara, in borgata. Ha scritto qualche libro, ma non è scrittore, compone parole in colonna, ma non è poeta, collabora con alcune testate giornalistiche ma non è giornalista. Lavora come impiegato metalmeccanico e scrive di SPAL quando se la sente. Nel 2024 ha pubblicato un libro con alcuni dei suoi scritti pubblicati su LoSpallino.com: a Sergio Floccari, Luca Mora e Leonardo Semplici è piaciuto molto. 

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