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Ieri mattina, mentre ero affaccendato nei lavori di casa, perché noi tifosi di curva siamo così, dolcemente complicati (e oltre le gambe c’è di più, lo sosteniamo da anni), mi rivedevo le azioni salienti della partita di lunedì sera. Ma non solo i gol stratosferici di Ante7, il contorno, il cuore della mia partita. Rivedevo infatti le facce stravolte e contorte degli amici intorno a me, lo sbraitare scomposto, l’esplosione di gioia e rabbia repressa che ci prende dopo che la palla squassa la rete. Occorrerebbero schiere di antropologi e sociologi, per analizzare la gioia dopo un gol. E’ un riscatto sociale, è la presa della Bastiglia di una comunità, di tante generazioni, vive e trapassate. Le cerniere, i bottoni, le maniche, dei giubbotti sempre ad un passo dall’esplosione, le carcasse di noi ex sportivi da “Fulgor”, sono messe a dura prova, ci si massacra, ma benevolmente. Ma, come dicevo prima sono le facce. Impossibile immortalarle con una foto “subito dopo”. Il cellulare rischierebbe di essere scagliato in corso Piave. Ci vorrebbe un regista per poterle carpire.

Sono bellissime (le facce) ed irripetibili, le bocche si nutrono di orecchie, le mandibole si slogano, le grida continue, come un emergenza di terzo grado alla Montedison, il mulinare di pugni e strattoni. Si crolla diversi gradoni più in basso abbracciati ad un fratello mai visto. Forse questa è la vera differenza. Il contatto fisico. L’arrivo allo stadio è sempre uguale. Due ore prima. Ci si ritrova, si cincischia al barettino all’angolo, un bar Trentino 2, in miniatura. Si commenta la formazione, aneddoti di mille partite passate, racconti sentiti e risentiti, pacche sulle spalle, una haka metaforica esorcizza la tensione. Doppia coda, fluida, ci accompagna ai tornelli. Anche lì baci e abbracci ad amici, come se fossero anni che non ci si vede. Dall’ultima in casa. Scalinata centrale, guardando la Ovest dal basso in alto fa una gran impressione, anche ad un ora dall’inizio della gara. La salita, è un saluto continuo, pacche sulle spalle, mani strette, sfottò e cabale.

Ma eccoli là. Al centro, tre quarti della curva. Ditoni e gestacci. “Non c’è posto, arriva prima!”.Ma è un’ora che sono qua, poi, non cambia niente lo stesso. Ci accentriamo, scomodiamo (il termine esatto sarebbe “scassiamo le palle”, ma non si può scrivere), a decine di tifosi seduti che attendono l’inizio del match. Ci incastriamo tra una gradone e l’altro, stipati e contorti. Slavine di insolenze ci rotolano addosso, ma non cambia nulla, anzi ce la ridiamo. Tanto sappiamo che pure il dottore, che arriverà a dieci minuti dall’inizio si andrà ad intrufolare in mezzo al nostro carnaio. La densità, nella nostra area è come quella di Spal-Milan del 1980. Ma va bene così. Siamo molesti da subito. Manca poco e la curva, come d’incanto si desta, al cielo una nuvole di due aste, bandiere, bandierine, bandierotte, sciarpe. Una bandiera nuova con il faccione di William Wallace ha già vinto, una meraviglia. Eccoci. The WALL. Le formazioni, 110 dB(A) ad ogni nome dei ragazzi. Il mio due aste emerge, dalla bolgia, ma ad ogni alzata devo chiedere a Miguel se è dritto o meno. Non lo riesco a capire, non c’è niente da fare. Martino e gli altri lancia-cori, ci stimolano e noi non deludiamo, dal basso all’alto, tenori, soprani e contralti, compresi. Ondeggiamo, abbracciati.
Dietro di me, gli amici che hanno bevuto “un paio di birrette”, mi chiedono un travelgum.

Sforbiciata del bomber in stile figurine panini (cit. ET), non va, ma lo contiamo come mezzo gol. Cinque minuti e finisce il tempo. Ed il bomber la mette. Esplodiamo, ci sentono a Cona, sembra che crolli la copertura. Fine primo tempo, ci sediamo come nel gioco della seggiola, abbiamo le giunture delle ginocchia come Robocop. Quindici minuti per riposarci l’ugola. Pressiamo, Lazzarino asfalta la fascia, Beghetto dall’altra parte non sbaglia un cross, Schiatta le tocca tutte e non è mai banale. Una meraviglia, i lupi sembrano pecore. Rigore! Silenzio, le mani dove lavorano gli andrologi. Rincorsa. Non va. Suonano le campane per la novena. Piccole ombre. Poi, il fenomeno rimette i puntini sulle I. Secondo e terzo gol, franiamo gli uni addosso agli altri, le maniche del mio giubbotto tremano, baci e testate si sprecano, qualcuno intorno a noi cade, nessuno lo pesta. Bene. I ragazzi, ci vengono a salutare, cori, canti e amore. “[…] e non vedo l’ora di tornare, la sotto in curva dove c’è più calor…”. Optiamo per una piadina allo storico pub del borgo. Ci beviamo il birrone, mentre Sky, ci fa vedere in tv, esultiamo di nuovo ad ogni goal di Ante7. Bella serata. A presto, folle amore nostro.



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