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In ogni angolo di tutta la città, ne sentirai parlar… La mia brigata femminile prende la strada per la curva Est, io proseguo per via Paolo V e con un po’ di ritardo mi piazzo tra i miei simili, la mia gente, la carne umana che mi fa stare bene, quel luogo, quei colori, quei sapori sono il miglior antidepressivo del mondo. I sorrisi e le pacche sulle spalle sono degli unguenti che ti guariscono dai pensieri che ognuno di noi ha nella vita quotidiana. Sono arrivato in curva Ovest. Il mio due aste è monco, ho lasciato un’asta sotto al ponteggio (dicasi curva ospiti) di Empoli. E vabbé, vorrà dire che sventolerò il mio vessillo invece di mostrarlo. Il clima su in geriatria è rilassato, sono quasi rilassato anche io, pare impossibile contando che siamo in dirittura d’arrivo del campionato. Ma tant’è… gli oscuri presagi dei mesi freddi invernali col suo carico di gufi, civette, sapientoni, laureati a Coverciano che ci davano con l’acqua alla gola e la sfera di cristallo dei suddetti maghi delle statistiche minchioniche immaginava la partita col Genoa una specie di dentro o fuori, come quella con l’Empoli, col Frosinone e bla, bla, bla. Invece no, noi siamo qui che guardiamo in tanti dall’alto in basso, la curva ospiti è praticamente vuota e ci toglie lo spettacolo di una delle più belle tifoserie della serie A, storia, passione, mentalità. Peccato.

Scendono in campo i ragazzi, controlliamo la partita, il grifo svolazza, ma non ci becca, mai. Abbiamo la consapevolezza delle grandi squadre, a tratti usciamo molto bene, siamo spesso piazzati ottimamente. Fino a quando Felipe “il bello”, su assist di testa, la mette dentro sotto la Est. Gioia e felicità, miliardi di endorfine positive, schizzano dallo stadio Paolo Mazza, la S.P.A.L. sta vincendo. Il portiere del Genoa effettua due belle parate su Murgino e su Momo: ci siamo ragazzi, occhio alla penna, ma stiamo in campo da lato sinistro della classifica. Secondo tempo: entriamo al piccolo trotto, il Grifone ci fa capire che ha voglia e necessità di punti, ma noi siamo compatti. Passano i minuti e noi controlliamo, senza affanni. Il peggiore in campo è di molto il signor arbitro, ha una disfunzione nella distribuzione dei cartellini gialli, ogni 26 dei nostri ne estrae uno per gli avversari. Fischia le punizioni alla AC/DC, insomma, secondo me non la vede mai. Una “scarabuzlona” (termine altamente tecnico, che verrà capito solo dai professionisti della carta stampata) e il Grifone pareggia. Per dirla in francese, Lapadula tira in aria una merda… e viene giù una torta che scavalca Viviano. Ma va bene così.

L’ottimo (!) direttore di gara non vede un rigore che a noi pare monumentale (verrò sicuramente smentito dai moviolisti compulsivi), ma Floccari viene toccato sul piede in movimento in maniera netta. La novena può avere inizio, ci incazziamo e inveiamo in attesa di aldaVAR, ma la signora Alda non interviene. Colpo di testa in area (ma com’era quella storia che sulle palle da fermo non la prendiamo mai?), portiere avversario scavalcato, e… un piedazzo di un difensore rossoblù a 2 millimetri dalla linea del gol la sbatte via. Vaff….. si sprecano e salgono al cielo come un geyser islandese. La partita scorre verso il novantesimo. Triplice fischio e si chiude.
Cantiamo una bella canzone, In ogni angolo di tutta la città, ne sentirai parlar… (l’ultima strofa la aggiungete voi, n.d.r.). Volti sorridenti, facce distese. E sulla nostra strada, ancora e per la millesima volta appare Marcantonio (Bentegodi). Ma noi siamo la S.P.A.L., tutto il resto non conta. Forza vecchio cuore biancazzurro.



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