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La presentazione ufficiale di Daniele De Rossi come nuovo allenatore della SPAL non ha tradito le attese, riservando quasi cinquanta minuti di considerazioni significative soprattutto sul suo presente e sul suo futuro.

Non mi sono preparato un discorso – ha detto l’ex capitano romanista – e per prima cosa voglio ringraziare i dirigenti della SPAL per le belle parole e tutte le persone che da ieri mi hanno accolto. Ho trovato un’umanità incredibile. Appena arrivato devo ammettere d’essermi sentito un po’ spaventato e preoccupato, perché entrare in una veste nuova in un altro spogliatoio dopo trent’anni di calcio provoca inevitabilmente dei pensieri. È un po’ quella sensazione che si ha da bambini quando si passa dalla quinta elementare alla prima media: nuova scuola, nuova aula, nuovi compagni di classe e di banco. E ti chiedi: ‘mi staranno simpatici?’. In questo caso mi sono chiesto: ‘Sarò in grado?’. Penso siano domande impossibili da evitare. Per il resto sono concentrato totalmente sul nostro primo impegno in calendario. Mi sento pronto e mi sento forte anche perché non sono da solo: c’è con me uno staff che è una famiglia aggiunta e qui ho trovato altrettanti professionisti che mi hanno fatto subito sentire a casa“.

Un ringraziamento speciale lo devo fare a Joe, perché ha detto tutte cose vere, lusinghe a parte. Ero ancora calciatore quando lui mi diceva che sarei dovuto diventare allenatore. Gli rispondevo: ‘Sto ancora giocando, dammi tempo’. Però è sempre stato un suo grande desiderio, evidentemente ha sempre visto qualcosa in me. Spero di ripagarlo perché mi ha dato grandissima fiducia. Tra di noi c’è una grande amicizia e anche se non mi avesse dato questo lavoro non sarebbe cambiato niente. Joe è un sognatore ma anche un vincente, per come si pone nel suo lavoro e con la gente. I numeri parlano per lui, penso sia l’unico presidente con tre promozioni di seguito nel calcio italiano. Mi sento onorato di lavorare con lui. Tutto l’ambiente gli riconosce grandi qualità“.

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Tanta gente parla di me come futuro buon allenatore, ma quando c’è stato da darmi le chiavi di casa ho visto tanti dubbi. Legittimi, questo sia chiaro. Qui invece hanno avuto coraggio e forse un po’ di follia nel chiamarmi e sono felicissimo. Non mi sono mai fissato sull’idea di voler allenare per forza in serie A, non è una condizione che ho posto in alcuna trattativa. Mi interessava iniziare con un progetto serio, con gente seria e vincente. Penso di averlo trovato. Tra l’altro qui c’è un centro sportivo che tanti in serie A non hanno. Fa davvero venir voglia di stare al campo a lavorare quanto più tempo possibile“.

La mia era diventata un po’ la situazione della Sora Camilla, che tutti la vogliono e nessuno se la piglia: sono stato io il primo a dirlo. Di proposte vere prima di quella della SPAL he ho ricevute un paio. Con tre o quattro ho pensato io fosse meglio non accettare, seppure con dei ringraziamenti perché le avevo apprezzate. Per il resto tanti accostamenti non erano veri e gli altri mi hanno detto di no (ride, ndr). Però quando inizi è sempre così. C’era sempre questo ostacolo: andavo lì e parlavo ore. Quando fai un colloquio, in qualunque settore, percepisci le vibrazioni e in alcuni casi mi sono detto ‘Sto andando bene, è fatta’. Poi puntualmente qualcuno mi chiamava e diceva: ‘Eh sì, ma non hai mai allenato’. Ma quello lo sapevano pure il giorno in cui m’avevano chiamato. La SPAL ha avuto coraggio e spero anche lungimiranza“.

Lo staff di Daniele De Rossi è composto da: Carlo Cornacchia (vice); Marcos Alvarez (preparatore atletico); Antonio Chimenti (allenatore dei portieri); Guillermo Giacomazzi (collaboratore tecnico); Emanuele Mancini (collaboratore tecnico); Simone Contran (match analyst)

I primi due giorni sono stati inevitabilmente frenetici, c’è una partita da preparare e credo che in queste situazioni non ci sia da spendere una grande quantità di parole coi calciatori. Dir loro centomila cose sarebbe deleterio. Per cui il lavoro mio e dello staff in questo momento è un’ora di campo e poi altre sei o sette di sala riunioni a fare la lista delle cose che vogliamo dire la settimana prossima o quella successiva. So quanto è difficile fare l’allenatore perché ho un esempio in casa (il padre Alberto, ex tecnico della Roma Primavera). È ancora più complicato farlo in corsa, ma se ci sono le persone giuste non mi mette paura nulla. Non considero un problema lavorare con un gruppo costruito per un altro allenatore. Anzi, penso mi farà crescere. Non mi piace molto quest’idea che hanno alcuni di voler per forza lavorare con certi giocatori per realizzare le loro idee. Penso che uno bravo debba essere in grado di far andare tutti al massimo, a prescindere da come è stata costruita la squadra“.

Abbiamo fatto diverse riunioni per parlare di tattica e stiamo riflettendo sul migliore assetto possibile. Ovviamente non dirò niente perché ho un piccolo vantaggio che voglio mantenere: non esiste niente da studiare sulle mie squadre o sulle mie idee (ride, ndr). Sappiamo da quale base stiamo partendo perché il lavoro di Venturato è riconoscibile e negli anni ha prodotto risultati grandiosi a Cittadella. Poi chiaramente proveremo a metterci del nostro“.

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Non è facile fare una sintesi dei concetti che considero fondamentali per una squadra. Ci sono tantissime cose che un giocatore dovrebbe fare tra campo e spogliatoio. La prima cosa è senz’altro la serietà e l’intensità dell’allenamento. È un aspetto sul quale non chiuderò mai un occhio. E devo dire che in questi primi giorni ho dovuto dire ai ragazzi di rallentare un po’ perché andavano tutti ai duemila all’ora. Un’altra cosa che chiedo è rispetto di questo lavoro che è stato a lungo anche il mio. Ci dà gioia, fama, ricchezza e spensieratezza. Infine coraggio: quando si ha la palla e quando non la si ha. Voglio vedere che si aiuta il compagno in difficoltà in qualunque situazione“.

Se la SPAL prende tanti gol significa che c’è un problema, ma non può riguardare un solo reparto. Se si subisce è colpa di tutti. Per cui in questi primi giorni non mi sono concentrato più di tanto su una fase in particolare, ma su quello che c’è da fare per prendere meno gol e farne di più“.

Esposito l’ho conosciuto qualche mese fa quando mister Mancini ha iniziato a convocare dei giovani un po’ meno conosciuto. Fino a quel momento suo fratello Sebastiano era il più quotato tra i due perché aveva già fatto qualcosa in serie A, ma devo dire che ha subito attirato la mia attenzione. Ho inevitabilmente una predilezione per i mediani davanti alla difesa, di quelli che trovano il tempo sia di rincorrere il pallone sia di ragionare su cosa farci dopo. Ho sempre pensato che nella prima squadra in cui sarei arrivato avrei chiesto di ingaggiare Salvatore perché lo considero un futuro giocatore da Nazionale. Se è stato convocato da uno tra i più grandi fiutatori di talento che ci sia, vuole dire che ha qualcosa di speciale nei piedi, nella testa e nel cuore. Detto questo la mia simpatia per lui deve per forza essere azzerata quando si entra nello spogliatoio: Salvatore è il capitano e il giocatore più importante, ma voglio che tutti siano allo stesso livello, a prescindere dal minutaggio che ha avuto finora. Non a caso ho visto impegno massimo da parte di tutti quanti e sono stato colpito favorevolmente da ragazzi che non conoscevo così tanto“.

In questo stadio sono stato solo una volta, ma non ho giocato. Era il 2018 e qualche giorno dopo ci sarebbe dovuta essere la partita di Champions League col Liverpool. Essendo vecchietto mi tenevano a riposo. In quell’occasione ho vissuto un’atmosfera che non conoscevo. Non sapevo che alla SPAL ci fosse questo calore. Negli ultimi tempi mi sono occupato di guardare un po’ di più la serie B, perché è un campionato di cui sapevo poco. Quindi ho visto davvero tantissime partite. Ci sono stadi semivuoti e poco caldi, mentre due o tre mi sono sembrati indemoniati e il Mazza è uno di questi. Un motivo in più per pensare che la mia sia stata una scelta azzeccata. Giocare per qualcuno che ci tiene così tanto e che non ci dorme alla notte per me è importante. Da calciatore l’ho sempre trovato uno stimolo enorme e non penso che da allenatore sarà diverso“.

foto Filippo Rubin

Quello che prometto ai tifosi è di non fare promesse che non ho certezza di poter mantenere. Posso solo dire che io le staff metteremo tutti noi stessi in questo impegno. Che i tifosi siano così innamorati della SPAL rappresenta solo una motivazione in più e spero che il 22, quando giocheremo la prossima in casa, lo stadio possa essere bello incandescente“.

Non credo di essere un allenatore da cravatta, quello è sicuro. E non metterò scarpe eleganti perché mi fanno male i piedi dopo trent’anni di battaglie. Penso starò abbastanza comodo con le scarpe da ginnastica. Per fortuna la società mi lascia grande libertà di scelta da questo punto di vista“.

Sul telefono ho tipo 400-500 messaggi che non ho ancora letto. Ringrazio tutte le persone che hanno speso trenta secondi per mandarmi un pensiero. Ho visto tanti messaggi inimmaginabili in cui mi hanno fatto i complimenti, non ne posso citare uno solo perché sarebbe scorretto verso gli altri. Ho ricevuto tanto affetto. Poi una piccola parentesi per i tifosi romanisti che mi hanno seguito tutta la vita e non smettono mai di mostrarmi amore. Sanno che è reciproco“.

Non mi considero un luminare o un genio, ma nemmeno uno stupido. Penso di saper parlare per dire quello che voglio dire. Diciamo che sono un combattente, sono stato un calciatore grintoso, ma pensante. Se riuscissi a trasmettere ai giocatori questa indole combattiva, battagliera e pensante sarei contento“.



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