foto Roberto Settonce
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Qualche appunto sparso, a mente fredda, a margine della prima sconfitta della SPAL nel girone di ritorno, arrivata sul campo del Perugia.

Sconfitte del genere fanno incazzare il doppio

Fino all’intervallo di Perugia-SPAL il riassunto super sintetico poteva essere: “Bene, dai. Forse è davvero la svolta“. La SPAL l’aveva sbloccata subito, era riuscita a concedere il minimo indispensabile ed era persino andata a pochi centimetri dall’assestare un raro gol del raddoppio – per di più su azione. Più in generale sembrava di vedere conferma dei progressi nell’acquisizione di un’identità di squadra, di quel genere di automatismi che in genere aiutano a giocare con più leggerezza. Poi sono successe tre cose. Formisano ha fatto dei cambi per rivitalizzare la sua squadra, Colucci no (ma perché?) e sono usciti ancora una volta tutti i limiti tecnici e caratteriali di un organico sopravvalutato e che si sopravvaluta a sua volta, guardando ai playoff come a un obiettivo realistico. A Perugia si può perdere, ci mancherebbe. Ma con queste modalità c’è veramente da farsi il sangue amaro, soprattutto perché sembra di rimanere sempre fermi nello stesso punto.

Fare gol su azione, una qualunque, resta un miraggio

Qualche anno fa Sinisa Mihajlovic venne preso un po’ in giro da Gene Gnocchi sulla Gazzetta dello Sport per aver detto che “Se non fai gol è difficile, quasi impossibile, vincere“. L’allenatore serbo pronunciò quelle parole in una delle classiche interviste a caldo post-partita ed evidentemente non si rese conto del vicolo cieco della logica in cui si era cacciato. Il principio comunque può essere applicato alla SPAL, ma con meno ironia. Nelle ultime 10 partite la squadra ha segnato la miseria di 7 gol. Di questi solo 2 sono arrivati su un’azione di gioco con palla in movimento. Quello di Rosafio per il temporaneo 2-1 sull’Ancona (25 novembre) e quello di Rabbi nella trasferta di Pineto (16 dicembre). Gli altri si devono all’abilità sui calci da fermo che sta letteralmente tenendo a galla la stagione: Peda con l’Ancona, Bassoli e Valentini col derelitto Olbia, Maistro – con l’aiuto della sorte – a Pesaro, di nuovo Peda a Perugia. Il centrale polacco è il miglior marcatore della SPAL con 3 gol. Persino la Fermana – che di gol totali ne ha fatti 11 (…) – ha un attaccante a fare da marcatore principale (Montini con 3).

Il KPI di Colucci fa paura (ma non solo quello)

Lasciamo da parte per un momento gli eventi di Perugia e limitiamoci a guardare i numeri, visto che raramente sono bugiardi. Colucci ha allenato la SPAL per 17 gare di campionato. Praticamente un girone intero. In queste 17 gare la squadra ha raccolto due vittorie contro Sestri Levante e Olbia, due formazioni che per assortimento e qualità dell’organico dovrebbero essere ben sotto in classifica e invece sono rispettivamente un punto davanti (!) e appena quattro dietro. L’Olbia non fa gol dal 26 novembre ed è arrivato a otto gare consecutive a secco. Eppure resta un avversario da tenere d’occhio in zona playout. Questo perché Colucci viaggia a una media di 0,88 punti a partita in campionato. Un dato che lo mette all’ultimo posto dei tecnici della gestione-Tacopina. In confronto gli andamenti con Clotet (1,11) e Venturato (1,11) – entrambi allontanati con un certo fastidio – sembrano roba da leccarsi i baffi. De Rossi stesso aveva fatto leggermente meglio nella sua parentesi tra 2022 e 2023 assestandosi a 0,94. Se si ragionasse con la logica aziendale del KPI (l’indicatore chiave di prestazione) si dovrebbe quantomeno parlare di panchina in bilico. Così non è, principalmente perché in via Copparo si riconosce a Colucci di aver creato un clima sereno e di aver dato un’identità alla squadra nel corso delle settimane. Ma questo non sembra essere sufficiente per evitare di rimanere invischiati fino all’ultimo nella melma della zona playout.

Senza altri interventi si rischia

Tutti o quasi tutti i commentatori più accaniti delle vicende della SPAL probabilmente pensano di poter fare meglio di Filippo Fusco, ma nella realtà dei fatti nessuno vorrebbe trovarsi nei panni dell’attuale direttore dell’area tecnica. Perché tra delicati equilibri di spogliatoio e vincoli di bilancio si ritrova con la necessità di fare ulteriori correttivi a una squadra che avrà sempre meno occasioni di sbagliare da qui ad aprile. Mancano 16 partite, che sembrano tantissime ma in realtà potrebbero non bastare per per fare i 20 punti necessari per tentare di evitare i playout. Non con questo andamento, non con questa tendenza all’autolesionismo, non con questa fragilità caratteriale. Nella scorsa stagione a 13 gare dal traguardo tutti professavano ottimismo e poi s’è visto com’è andata. Se la prova di Perugia ha dimostrato qualcosa è che avere Bruscagin come prima alternativa da terzino (destro, ma anche sinistro) espone a rischi enormi. Ma ha anche confermato che Del Favero non è nelle condizioni di dare un contributo. Con Alfonso in dubbio per via dei suoi problemi fisici restano Galeotti e Meneghetti. Non dei debuttanti assoluti, ma comunque degli interpreti giovanissimi. Edera, Büchel e Zilli possono senz’altro dare una mano (ma fino a quale punto, vista la loro autonomia?), ma per blindare la permanenza in serie C si rendono necessarie energie diverse.

Forse rivedremo Tacopina al Mazza

Quella in corso dovrebbe essere la settimana del rientro in città di Joe Tacopina. Il presidente della SPAL aveva fatto una breve visita a inizio dicembre, ma senza fermarsi il tempo sufficiente per assistere a una partita. Pare invece che possa essere in tribuna per la delicata sfida contro la Juventus Next Gen di domenica 28 gennaio e nel caso sarà una sorta di evento. Nel terzo anno della sua gestione Tacopina è arrivato al minimo storico di gare da spettatore del club di cui è proprietario. Finora sono state solo 3 su 22, di cui l’ultima a settembre 2023. Nelle due stagioni precedenti si era visto con maggior frequenza in tribuna (e più in generale in sede). Alla 22^ giornata del campionato 2021/2022 aveva assistito a 14 incontri; in quello successivo fu presente per 11 su 22.

 



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