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Qualche appunto sparso, a mente fredda, sulla dodicesima sconfitta stagionale della SPAL, arrivata contro la capolista Frosinone.

Perché vale la pena avere qualche speranza

Perché la SPAL vista col Frosinone non è una squadra allo sbando. Non ancora, almeno. È una squadra limitata, impaurita, fragile, quello sì. Ma che prova diligentemente a fare ciò che l’allenatore di turno le sta chiedendo. Questo è sufficiente per vincere le partite e rimontare in classifica? No, non proprio. Ma avere creato quattro occasioni nitide col Frosinone (Prati, La Mantia, Fetfatzidis, Rossi) significa avere la possibilità di combinare qualcosa, anche a fronte di una situazione sempre più tesa e preoccupante. In particolare il pareggio – annullato – di Prati aveva rimesso in piedi la squadra a livello emotivo. Il calendario ha reso difficile il lavoro di Oddo, perché gli ha messo di fronte le due principali potenze del campionato. La terza (il Bari) s’è già presa la sua soddisfazione al Mazza, e delle pretendenti alla promozione diretta rimane solo il Sudtirol alla quale fare visita. Il finale di campionato prevede quindi scontri diretti (Cittadella, Cosenza, Brescia, Benevento, Perugia) e incroci con squadre della pancia della classifica, che rimane tutto sommato ancora corta. Inquietante, ma corta. Anche solo in chiave playout.

Perché le speranze sono troppo flebili

Perché bisognerebbe fare come minimo una quindicina di punti su 33 complessivamente a disposizione. Tanti, probabilmente troppi per questo gruppo di onesti soldatini che ha cambiato tre volte generale e che ogni volta in cui prende gol abbassa la testa, allarga le braccia e si piega sulle ginocchia. Anche se mancano 70 minuti al fischio finale. Il Frosinone visto al Mazza non ha impressionato non perché manchi di qualità (tutt’altro), ma perché ha applicato con criterio il piano che tutte le avversarie della SPAL disegnano alla vigilia: stare compatti, lasciare il possesso, colpire su infilate dalle fasce laterali o imbucate alle spalle dei centrali. Se ci si aggiunge la drammatica incapacità di fare più di un gol (quando lo si fa) e di mantenere un qualunque vantaggio non è che ci voglia poi molto per avere ragione dei biancazzurri. Oddo sta coraggiosamente provando a trovare dei correttivi, ma c’è il solito problema della coperta corta. In più gli infortuni e gli affaticamenti (ultimo quello di Nainggolan) stanno erodendo drammaticamente la gamma delle sue opzioni a livello tecnico.

Possiamo anche parlare della maledizione di Forbes

Da quando l’edizione online della rivista americana Forbes ha riportato il “voglio vincere i playoff” pronunciato da Joe Tacopina la SPAL ha iniziato a colare a picco sul campo. Bilancio dopo la pubblicazione di quell’articolo: 5 partite, 4 sconfitte, allenatore e direttore dell’area tecnica mandati a casa. Stabilire un nesso di causalità tra le due cose è ovviamente improprio, però non è la prima volta che accade. Il presidente fece un’allusione all’obiettivo dei playoff anche a novembre 2021 e anche lì ci fu una flessione notevole di rendimento. La squadra allora di Clotet perse 4 partite su 6 da lì alla fine dell’anno solare, con le sole vittorie di Cosenza e Crotone a mantenere decorosa la classifica. Oggi Tacopina non può guardare troppo in là e continua a professare ottimismo sulla permanenza in serie B: dalla sua ha l’aritmetica, quello sì.

E ci dispiace per Prati

Che belli il sorriso, l’entusiasmo e la carica di questo ragazzo. E che peccato che un gol spettacolare come il suo (sarebbe stato il primo in B) sia stato cancellato da un fuorigioco di pochi centimetri. Il centrocampista romagnolo non solo si sta affermando come una delle (poche) belle scoperte di questa stagione disgraziata, ma ci sta mettendo la carica e la tenacia di uno che sembra aver capito in pieno cosa significhi stare alla SPAL e che implicazioni può avere una retrocessione.

Se ci tocca temere Crociata

Il teorema popolare del “Via-da-Ferrara-tutti-fenomeni” avrà ancora una volta la possibilità d’essere messo alla prova col primo incrocio tra un Giovanni Crociata in formato Kevin De Bruyne (6 gol in 8 partite) e la sua ex squadra. Alla SPAL il trequartista palermitano era sembrato uno scartino da mazzo della briscola e invece nelle mani di Stefano Marchetti (ma come diavolo fa a riuscirci sempre?) s’è rivelato asso di bastoni. Un giorno bisognerà indagare a fondo sulla natura e sul funzionamento di questa specie di buco nero che sembra inghiottire senza pietà il talento di chi è passato sul prato del Mazza dal 2020 in poi. Perché poi chi cambia aria spesso rifiorisce e fa le fortune di qualcun altro. Qualche genitore di giocatori (passati e presenti) attribuisce un ruolo al pessimismo e all’eccessiva aspettativa dell’ambiente, ma sembra una spiegazione troppo semplicistica. Nel frattempo occhio a Crociata. Ma anche ad Asencio, possibilmente.



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